Con una telefonata, Donald Trump rovescia tre anni di politica degli Stati Uniti, oltre che della Nato e dell’Occidente, verso l’Ucraina: lui e il presidente russo Vladimir Putin hanno concordato d’avviare “subito” negoziati per concludere la guerra, in una conversazione – “lunga e produttiva” – e dopo uno scambio di prigionieri.
Trump lo annuncia. Fonti del Cremlino lo confermano e aggiungono che Putin ha invitato Trump a Mosca – e viceversa -. Ma il primo incontro fra i due presidenti potrebbe avvenire in campo neutro, in Arabia saudita.
Trump e Putin intendono “lavorare insieme molto strettamente”, ma non forniscono per ora dettagli sul percorso verso la pace. Dopo avere parlato con Putin, Trump ha chiamato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che aveva già ricevuto ieri a Kiev il segretario al Tesoro Usa Scott Bessent e che fra una settimana riceverà l’inviato degli Usa per l’Ucraina Keith Kellogg.
Se la fine del conflitto, che dura da quasi tre anni, pare avvicinarsi, su Kiev e su altre città ucraine continuano a piovere ordigni la notte; e i russi avanzano sul terreno. Zelensky scrive sui social: “Putin non si sta preparando alla pace”. Il Cremlino boccia la proposta di Zelensky di uno scambio di territori – gli ucraini occupano da mesi una porzione dell’area di Kursk -.
Dopo la liberazione, martedì, di un cittadino americano detenuto in Russia, Marc Fogel, sé è saputo ieri della liberazione di un cyber-criminale russo, Alexander Vinnik, detenuto negli Usa. Poche ore fa, s’è poi avuto notizia di liberazioni dalla Bielorussia, fra cui quella di un cittadino americano, che non è chiaro se siano collegate.
Politico titola: “Trump e Putin colgono di sorpresa l’Europa con un piano di pace per l’Ucraina”. E commenta: “Il momento che europei e ucraini temevano da mesi, se non da anni, è arrivato” – c’è, forse, un gioco di parole, perché, in inglese, tra ‘temevano’ e ‘sognavano’ cambia solo una lettera -.
La sorpresa, in realtà, è relativa, viste le premesse di Trump fin dalla campagna elettorale, perché tutti sapevamo che fare la pace in Ucraina sarebbe stato abbastanza semplice, una volta seppellita l’idea di ‘pace giusta’, con buona pace – appunto – del principio che l’aggressore non debba trarre vantaggio dalle sue azioni.
Gli sviluppi di ieri erano già impliciti, secondo i media Usa, nei discorsi che il segretario alla Difesa Usa Pete Hegseth aveva fatto ai colleghi Nato nella riunione sull’Ucraina ieri a Bruxelles. Hegseth aveva detto che il ritorno dell’Ucraina alle frontiere pre-invasione è “irrealistico” e che una pace, per essere duratura, non può prescindere “da una realistica valutazione della situazione sul campo”.
Il capo del Pentagono, all’esordio nel ruolo in Europa, aveva aggiunto che il presidente Trump non è favorevole all’adesione dell’Ucraina alla Nato nell’ambito di un piano di pace, anche se ogni intesa dovrà prevedere “robuste garanzie di sicurezza” per l’Ucraina, con una ‘supervisione internazionale’ della separazione fra le forze ucraine e russe.
Secondo Politico, gli alleati europei stanno insistendo perché i colloqui di pace non escludano Kiev – il che appare un’ovvietà -. Il segretario generale della Nato Mark Rutte ha indicato che l’obiettivo di spesa per la difesa dei Paesi della Nato “deve essere sopra il 3%” del Pil – l’impegno concordato è al 2% -.

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Giampiero Gramaglia
Giornalista, collabora con vari media (periodici, quotidiani, siti, radio, tv), dopo avere lavorato per trent'anni all'ANSA, di cui è stato direttore dal 2006 al 2009. Dirige i corsi e le testate della scuola di giornalismo di Urbino e tiene corsi di giornalismo alla Sapienza.