L’Ue si dota di “cyber-pompieri” per spegnere gli incendi sul Web: non quelli delle polemiche, che, anzi, ben vegano, che fanno discutere e creano interesse, ma quelli accesi dai pirati informatici. Attenzione!, però: non pensiate di poterli chiamare in soccorso, almeno per ora, se il vostro computer “becca” un virus.
La brigata di vigili del fuoco del Web sarà inizialmente composta da 10 esperti informatici, la cui missione è in primo luogo di proteggere le Istituzioni europee dai “cyber-pirati”. Il team si chiama Cert, con acronimo inglese da Computer Emergency Response Team, cioè Squadra di risposta alle emergenze informatiche. Gli esperti sorvegliano i sistemi informatici della Commissione europea, del Parlamento europeo, del Consiglio dei Ministri dell’Ue, del Comitato delle Regioni, del Comitato economico-sociale europeo e pure – diremmo ovviamente -, dell’Agenzia europea per la sicurezza delle reti (Enisa).
La piccola squadra ora messa in campo condurrà per un anno lavori preparatori ed esperienze sul campo, dopo di che, anche in base ai risultati conseguiti e ai dati raccolti, si deciderà come allestire e “schierare” una squadra d’intervento completa per le istituzioni comunitarie.
La Commissione europea invita gli Stati dell’Ue a seguire il suo esempio su scala nazionale: infatti, la strategia digitale dell’Ue prevede di creare, entro il 2012, una rete europea di “vigili del fuoco online” per le amministrazioni pubbliche. “I cyber-attacchi – osserva la commissaria europea Neelie Kroes, responsabile dell’agenda digitale – costituiscono una minaccia concreta e crescente: possono paralizzare infrastrutture chiave e creare danni enormi a lungo termine”.
Le Istituzioni comunitarie, come molti altri organismi internazionali, hanno subito, negli ultimi anni, diversi attacchi. In marzo, una “intrusione” nei sistemi informatici della Commissione europea era stata giudicata “seria”, dopo essere stata individuata e contrastata; e, in gennaio, un attacco di pirati aveva costretto a chiudere il mercato europeo on line su cui le aziende possono scambiarsi certificati di quote d’emissione di CO2, tornato pienamente operativo solo tre mesi più tardi.