di GIOVANNI PRATTICHIZZO

 

Uno sguardo a Google, un altro a Gutenberg. Ma il mezzo o, come lo definiva McLuhan, il “medium”, è alla base della crisi della carta stampata? Davvero Internet, la rete e la multimedialità stanno uccidendo i giornali?

Quando Hegel affermava che il giornale era la sua “preghiera del mattino”, non si riferiva tanto alle notizie, buone o cattive che fossero, ma parlava del medium, si riferiva al rapporto mattutino con quelle pagine, con quella testata, con quei caratteri. Del resto, McLuhan ha avuto il pregio di ritenere decisiva la tecnologia, che definiamo stampa in quanto tale, più che i contenuti. Come dire: fu l’invenzione dei caratteri mobili fatta da Gutenberg a consentire la diffusione della Bibbia; e questa diffusione fu il presupposto della riforma assai più della predicazione di Lutero.

Credo sia arrivato il tempo di andare oltre la sterile contrapposizione tra carta e Internet. In fin dei conti la carta è solo un sistema di delivery, come direbbe Jenkins, mentre a noi interessa la notizia e una buona mediazione giornalistica. Ogni piccola parte di informazione può rifrangersi e deformarsi, espandersi e contrarsi, lungo diramazioni innumerevoli, infinite, molteplici: dai telegiornali satellitari al più privato e individuale dei blog. E Internet, come sappiamo, ha segnato il ritorno ad un testo scritto, anche se non pubblicato; leggere implica oramai l’esistenza di un supporto, di un oggetto fisico.

I giornali, probabilmente, non moriranno; l’editoria saprà comunque reinventarsi solo se sarà in grado di sfruttare la convergenza. La tenuta e il successo dipenderanno sempre più dalla capacità dei quotidiani di creare e mantenere una comunità di lettori fedeli.

E conterà la qualità. Della scrittura. Delle notizie. Dei contenuti. Degli strumenti.

Fino a quando l’informazione sarà poco attraente, autoreferenziale o si limiterà a un baratto tra poteri, sarà destinata alla crisi. Come è stato affermato nel corso dell’Atelier sull’editoria (McLuhan: tracce del futuro) la carta stampata non è stata uccisa da Internet ma è stata vittima di un suicidio provocato dall’idea che la tecnologia potesse rendere superflua la professionalità.

Gli editori, al tempo stesso, sembrano i soggetti più qualificati ad agire nell’era digitale. Lo devono fare scegliendo flessibilità e capacità di adattamento all’innovazione. Senza dimenticare che ci troviamo di fronte ad una delle più grandi migrazioni di lettori nell’epoca dei mezzi di comunicazione. Lettori che desiderano non solo informazioni aggiornate, veloci, gratuite ma anche affidabili e approfondite.

La sfida è già in atto. Chiede editori e giornalisti coraggiosi di produrre un’informazione professionale, con un contenuto etico, identitario e coerente. In particolare, che d’ora in poi dovremo tener conto, nel confronto con i lettori/utenti/navigatori, di una sorta di “legge delle 3 C”: Condivisione, Comunità e Conversazione.

A cui aggiungerei Credibilità e Contenuti. Per guidare il cambiamento e non rischiare di subirlo.

Per dirla con McLuhan, non è la certezza di una soluzione ma il riconoscere un problema l’elemento positivo che conduce alle risposte.

 

Giovanni Prattichizzo
Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale

“Sapienza” Università di Roma

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