di MARIATERESA CALIENDO –

Donne alla guida della più grande macchina mai costruita dall’Uomo è il titolo di una mostra sul più complesso progetto scientifico di tutti i tempi (LHC-CERN) e sulle sue protagoniste.
Esposta in occasione del Primo Gender Summit Europeo (Bruxelles, 8 – 9 novembre 2011), è stato dedicato interamente alla ricerca europea e ad un mondo scientifico femminile in rapida crescita.
Ideatrice e curatrice dell’iniziativa è Elisabetta Durante, giornalista scientifica e portavoce di  ITWIIN (Associazione Italiana Donne Inventrici e Innovatrici).

Noi di Media Duemila abbiamo chiesto alla dottoressa Durante come è nata l’idea di un Gender Summit Europeo?

“Questo primo Summit europeo, promosso da “Consiglio e  Commissione europei” ed organizzato da istituzioni come Stoa, European Science Foundation, Cost ecc., ha inteso analizzare il fenomeno della sottorappresentanza delle Donne negli alti gradi degli ambienti scientifici. Come ha sottolineato la Commissaria EU per la Ricerca Máire Geoghegan-Quinn, nel rivolgersi alle molte  esperte (ed esperti) e rappresentanti provenienti da tutta l’Europa, oggi è più che mai necessario sostenere le carriere femminili nell’eurozona perché l’economia della conoscenza nasce per valorizzare al massimo tutte le competenze, anche quelle che sono patrimonio delle donne. Mi preme sottolineare però che il titolo del Summit “Qualità della ricerca e dell’Innovazione attraverso l’uguaglianza di genere” pone inequivocabilmente l’enfasi sulla qualità, ad indicare che la promozione delle carriere femminili deve avvenire nel rispetto di quei criteri meritocratici che premiano il talento, la creatività, l’esperienza, la competenza.”

Donne alla guida della più grande macchina mai costruita dall’Uomo” è la mostra dedicata alle giovani ricercatrici italiane.
Secondo lei, in Italia risulta ancora insuperabile il tetto di cristallo?

“La questione della sottorappresentanza femminile riguarda i gradi più alti della carriera scientifica (da cui l’espressione “tetto di cristallo”), ed è anzitutto l’effetto del minor numero di donne che storicamente hanno intrapreso studi tecnico-scintifici: ma è una situazione che sta  gradualmente evolvendo, come dimostrano i non pochi casi di successo presenti nella mostra.
In materia di ricerca pubblica (diversa è la situazione nel privato) i dati italiani sono in linea con quelli europei, forse migliori. Che il ‘buon esempio’ venga oggi da un ambiente culturalmente all’avanguardia come quello scientifico è un segnale importante; se le donne possono affrontare  le sfide  intellettuali e gli stress di un progetto non solo complesso ma anche faticoso come LHC, significa che non esistono scuse valide.
La mia è considerata una mostra innovativa perché interseca il piano della comunicazione scientifica con altri piani di interesse più generale (sociale, economico, politico). Tale commistione di linguaggi  mi aiuta a dimostrare che la ricerca non è un universo  a parte, ma un pezzo vitale e partecipe del nostro mondo, in grado di offrire importanti contributi alla nostra quotidianità: non solo  risultati scientifici o avanzamenti tecnologici, ma progressi culturali  come il valore fondamentale della conoscenza e della qualità professionale,  e il rispetto di quella pari dignità dei sessi che deriva dalla parità del merito.
In particolare, con la mostra a Bruxelles, abbiamo voluto dire che la strada è ancora lunga, ma segnata. Occorre però che la società, la politica, l’impresa, la scuola lo sappiano. Questo è il mio compito di giornalista scientifico.”

Mariateresa Caliendo

media2000@tin.it

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