di LIVIA SERLUPI CRESCENZI –
I provider che offrono la tecnologia Cloud sono come banche che sanno difendere le loro cassette di sicurezza, con queste parole il Presidente dell’Osservatorio TuttiMedia Francesco Passerini Glazel ha aperto i lavori del convegno “Cloud e Media” organizzato da Osservatorio TuttiMedia e Telecom Italia nella bellissima cornice di Campo San Salvador a Venezia, l’antico convento del 1200 restaurato da Telecom nel 1988.
“Una funzione di trasformazione da Hardware a Software”. Questa è la definizione per la tecnologia Cloud secondo Giuseppe Biassoni , direttore ICT Rai, tra i relatori che hanno dibattuto sui cambiamenti industriali e culturali che le nuove tecnologie della nuvola porteranno nella nostra attualità. “I grandi software che riescono a governare l’hardware offrendo servizi secondo le esigenze, le specificità e le caratteristiche di cui ognuno ha bisogno – ha sottolineato Biassoni – sono la trasformazione essenziale che permette di ottimizzare il processo, accelerare l’ingresso sul mercato, migliorare i tempi del lavoro e offrire un incremento complessivo di efficienza e cost saving.
La Rai, il broadcaster tradizionalmente pubblico italiano, il cui business aziendale va misurato in tipologia e qualità del servizio, sta cambiando. Questo è evidente anche nel contratto di servizio dove le parole multipiattaforma e multidevice influenzano il comportamento dell’azienda, il prodotto viene ripensato diventando digitale, questo significa dematerializzazione, ha continuato Biassoni. La sfida è proprio quella di cambiare in maniera progressiva. La Rai vuole utilizzare un cloud ibrido, privato, ma senza rinunciare alla collaborazione con terzi. Per fugare ogni dubbio se utilizzare questa innovativa tecnologia allora basta affidarsi ai big player “Chi offre i servizi di tipo cloud ha anche le competenze e la serietà professionale per assicurare efficienza e qualità”. Ne è convinto il direttore ICT Rai e le raccomandazioni per orientarsi sono poche. “Capire bene le condizioni contrattuali e stare al passo con il mercato, presupponendo però alcune regole. Bisogna digitalizzare, poi virtualizzare e convincersi che tutto diventa software e passando al cloud è auspicabile cominciare con progetti pilota, sperimentazioni e confronti”.
Per Gianluca D’Errico, R & D Project Manager di Mediaset “Se non si risparmierà non si andrà sul cloud” questa è la premessa per decidere di accedere alla nuvola. Mediaset reputa questa tecnologia la soluzione giusta per la distribuzione dei servizi video. E tra i fattori rilevanti per la scelta non manca l’utilizzo di una economia di scala, si possono ottenere oltretutto efficienza e risparmi prevedendo anche cambi di ruoli e competenze, ma è necessario un cambiamento culturale che va sostenuto. E’ la distanza e la grande dimensione dei player che potrebbero generare una certa quantità di incertezza in termini di sicurezza e privacy. In realtà dovremmo trovare una via di mezzo, l’opportunità vera per questi servizi è che vengano da operatori locali che possano offrire una particolare attenzione al cliente, al contrario magari dei grandi operatori globali. Se si garantisce trasparenza, si conosce il service manager e si hanno dei sistemi di monitoraggio indipendenti , valutando attentamente i costi anche grandi aziende come Mediaset possono accedere a questo tipo di sistemi. Il rapporto privilegiato che una azienda si aspetta di ricevere da un provider e un nuovo approccio culturale all’innovazione sono quindi le carte vincenti perché questo servizio abbia successo.
E’ un cambio di paradigma, ha sottolineato Fabio Valant, di Telecom Italia e la transizione verso questo tipo di tecnologie va fatta. ”Non ci si deve domandare se farla, ma semmai quando farla”, ha affermato Valant. Tuttavia trovare il giusto trade off tra servizi tenuti in azienda e quelli delegati all’esterno vuol dire affidarsi a cloud ibridi e quindi affidarsi a strategie vincenti specialmente per le grandi aziende”. Telecom Italia ha deciso di offrire il servizio cloud perché ha cominciato nel 2008 a sperimentare la nuvola all’interno della propria azienda. “E l’esperienza fatta su noi stessi – ha sottolineato Valant – ci ha dato la possibilità di offrire il servizio sul mercato. Vorrei ribadire – ha poi concluso – che la sicurezza, di fatto, non è il vero problema, lo è, invece, dare garanzia sulla qualità dei servizi erogati, garanzia che Telecom, ad esempio, può assicurare attraverso il certificato ISO/IEC 27001”.
Per la tavola rotonda che ha arricchito la giornata di studio si sono trovati insieme per un confronto critico esperti e manager, docenti e osservatori che hanno analizzato l’innovazione del cloud tentando comprendere come il cambiamento culturale sia la premessa essenziale perché l’innovazione diventi sviluppo. Il Cloud è una dimensione obbligata per Fabio Di Pasquale di Reason That. Ma per definire il tema Andrea Rosi, di Sony Music Italy, ha voluto sottolineare come la nuvola nell’industria della musica sia uno strumento di diffusione di contenuti, coperto da diritti. La musica si è trasformata da prodotto a servizio, si è passati dal possesso all’accesso in mobilità, un nuovo modello quindi, diverso dal passato, ma non per questo meno valido. Il problema diventa allora il voler continuare a cercare di conservare il vecchio piuttosto che guardare al nuovo seguendo un modello che non funziona più. Prendendo in considerazione i costi per accedere al servizio non bisogna dimenticare l’assistenza, il customer care che incide sui margini economici, secondo Francesco Mantegazzini. Per Claudio Adriani, del Gruppo Editoriale L’Espresso, la virtualizzazione di servizi attraverso la rete è un concetto antico che oggi è diventato quindi un problema culturale piuttosto che un problema tecnico. Non si possono dominare i fenomeni complessi della nostra realtà con l’operatività del passato. Cosa questo comporterà nelle abitudini degli utenti, è quindi il centro della questione per Marco Pratellesi di Condenast. Prendendo in considerazione il target giovanile ci si accorge di avere a che fare con utenti che non danno nessun peso alla privacy, non è per loro un problema prioritario ha affermato Mantegazzini de Il Sole24Ore. Quindi, più che mai, Il cloud computing assume una dimensione culturale, secondo Derrick De Kerckhove, docente e direttore scientifico della rivista Media Duemila. L’utente è perno attorno al quale deve svilupparsi questa innovazione. E come utenti siamo immersi nei sistemi di informazione, ma dobbiamo capire se l’elettricità e con essa tutto ciò che si muove nella rete protegge la democrazia come faceva e fa la carta separando il soggetto dalla conoscenza. Tuttavia Il cloud deve comunque essere pensato come il futuro dell’informazione, secondo Massimiliano Cortivo di RCS, fermo restando però, l’insostituibilità della carta, non manca di sottolineare Fabrizio Carotti, Direttore Generale Fieg. L’innovazione tecnologica del cloud, comunque, può essere pensata come strumento che consentirà di mantenere l’informazione, anche quella cartacea e di qualità, ai livelli voluti da una moderna democrazia, ha concluso Carotti. Comprendere, insomma, se il servizio della nuvola possa venire incontro alle esigenze dell’utente diventa essenziale per capire come il cambiamento diventi rinnovamento effettivo.
Livia Serlupi Crescenzi
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