Nel lungo periodo le rivolte, nella regione del MENA, potrebbero avere un impatto negativo sugli investimenti, aumentare la spesa sociale e ritardare la riforma dei metodi di tariffazione delle fonti energetiche. Con riflessi su prezzi del greggio e sulle riserve
L’importanza del petrolio proveniente dalla regione MENA (Medio Oriente e Nordafrica) non può essere sovraenfatizzata. Questa regione è di gran lunga la meglio fornita al mondo. Nel 2010 deteneva 816 miliardi di barili di riserve petrolifere comprovate, con la sola Arabia Saudita che rappresentava quasi il 20 percento delle riserve petrolifere del mondo. Nello stesso anno produceva 29 milioni di barili al giorno (b/g), vale a dire oltre un terzo della produzione totale del mondo. A differenza di molti altri produttori di petrolio, la regione MENA esporta il grosso della sua produzione petrolifera e pertanto vanta una posizione dominante nel commercio internazionale del greggio. Nel 2010 le esportazioni della regione costituivano più del 40 percento delle esportazioni di greggio del mondo. La capacità di riserva è concentrata in tre stati membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), ossia Arabia Saudita, Kuwait e Emirati Arabi Uniti, con l’Arabia Saudita che detiene il grosso della capacità di riserva disponibile al mondo. Ciò consente al Regno di agire come “produttore altalenante”, colmando il gap nei momenti di interruzione delle forniture petrolifere. Da ultimo, le riserve del CCG sono tra le meno costose al mondo da individuare, sviluppare e produrre (con l’eccezione dell’Oman).

I timori di interruzione delle forniture. In virtù della posizione chiave che la regione MENA detiene nel mercato petrolifero globale, la sicurezza delle sue forniture riveste un ruolo centrale nelle politiche energetiche degli importatori di petrolio. Oltre all’elevata dipendenza da una simile risorsa strategica, gli importatori di petrolio temono che il flusso regolare possa essere soggetto a interruzioni fisiche, il che limiterebbe la disponibilità delle forniture di petrolio e provocherebbe bruschi rialzi dei prezzi. Gli eventi verificatisi nel mondo arabo nei primi mesi del 2011 hanno condotto a maggiori timori circa la possibilità di interruzione delle forniture petrolifere. Con i prezzi internazionali del petrolio e del gas che hanno iniziato a salire dal 2010, gli attori di mercato e politici temevano seriamente che un qualsiasi ulteriore aumento dei prezzi avrebbe potuto mettere a rischio la fragile ripresa dell’economia globale dalla più profonda recessione dopo decenni. I numerosi precedenti storici di interruzione delle forniture petrolifere nella regione non hanno contribuito ad alleviare queste tensioni, soprattutto nei paesi consumatori. Sebbene questi timori siano giustificati, nel senso che potrebbero effettivamente registrarsi interruzioni delle forniture petrolifere, gli effetti a breve termine sui mercati del petrolio e del gas dei recenti eventi verificatisi nella regione MENA sono stati meno drammatici di quanto non si fosse temuto. I mercati si sono dimostrati in grado di cavarsela con elasticità, principalmente grazie alla disponibilità di sufficiente capacità di produzione di petrolio di riserva nel sistema, a una domanda inferiore di gas post-recessione in Europa e a un’ampia fornitura di gas naturale liquefatto. Ciononostante, a seguito dei drammatici eventi verificatisi nella regione MENA, la dimensione geopolitica, che in linea generale veniva sottovalutata prima della rivolta araba, è divenuta centrale per l’analisi delle dinamiche del mercato petrolifero. Persino prima delle interruzioni dalla Libia, i timori di contagio avevano condotto gli attori di mercato a considerare con maggiore serietà la probabilità di interruzioni dalla regione. Questa nuova prospettiva si è riflessa in ultima analisi nel livello e nella volatilità dei prezzi del petrolio. Tali minacce di interruzioni non sono state tuttavia responsabili del brusco rialzo dei prezzi del petrolio verificatosi verso la fine del 2010. Tra ottobre 2009 e ottobre 2010, il prezzo del petrolio è oscillato entro un range ristretto compreso tra 70 e 80 USD al barile. Nell’ottobre 2010 il prezzo del petrolio si è sganciato e allontanato da questo range. Ciò ha avuto luogo molto prima dell’inizio della rivolta araba e si è verificato principalmente in risposta al flusso di dati solidi secondo cui la domanda di petrolio si attestava a livelli superiori a quelli precedentemente stimati, trainata dalle robuste performance economiche di paesi non membri dell’OCSE e dalle attese di una costante ripresa globale.

La reazione immediata del mercato. I bruschi rialzi dei prezzi del petrolio nell’aprile del 2011, e la conseguente maggiore volatilità intergiornaliera e infragiornaliera, hanno dominato il vecchio dibattito circa l’efficacia dei meccanismi di mercato di adeguarsi alle interruzioni e il ruolo degli speculatori nel processo di formazione del prezzo del petrolio. Ciononostante, a posteriori, il mercato petrolifero e i suoi diversi attori hanno dimostrato una straordinaria resilienza nel gestire la perdita di produzione della Libia. Ciò si è verificato principalmente attraverso adeguamenti nei differenziali di prezzo tra i mercati del greggio, time spread, mercati dei prodotti e del greggio, oltre che tra i vari prodotti a base di petrolio. Alcuni osservatori hanno ritenuto che questi adeguamenti di prezzo siano stati troppo improvvisi, il che si sarebbe tradotto in un’imposizione sui consumatori di costi non necessari. Per altri, il brusco adeguamento di prezzo “è tecnicamente ingiustificato. Persino pericoloso.” Quest’ultima argomentazione è abbastanza sorprendente, dal momento che sul mercato petrolifero, gli adeguamenti di prezzo rappresentano il principale meccanismo disponibile per liberare la domanda in eccesso ex ante e per trasferire diverse tipologie di greggio tra i mercati regionali. Sul fronte contrario, si potrebbe argomentare che nel bel mezzo di tutti questi eventi di trasformazione politica in una regione così ricca di risorse, un prezzo del petrolio stabile avrebbe indicato un mercato petrolifero non suscettibile agli eventi e al flusso di nuove informazioni, tenuto conto delle aspettative riviste sulla stabilità dei produttori chiave, e una seria interruzione della fornitura di light sweet crude oil. A prescindere dal fatto che i mercati petroliferi hanno mostrato una forte resilienza nel gestire le interruzioni con la Libia, non si dovrebbero tralasciare le implicazioni a lungo termine della primavera araba sul comportamento dei principali attori di mercato e le dinamiche del mercato petrolifero. Queste implicazioni si manifesteranno esse stesse principalmente attraverso modifiche della politica energetica.
Le implicazioni a lungo termine. Una delle caratteristiche più sorprendenti della regione è rappresentata dal rapido aumento dei consumi nazionali di prodotti a base di petrolio. La quota della regione MENA nel consumo globale di petrolio è aumentata da un valore inferiore al 4 percento nel 1980 a un valore superiore al 10 percento nel 2010. Questa rapida crescita dei consumi può essere spiegata da molti fattori, tra cui una popolazione in espansione, miglioramenti generali negli standard di vita, politiche di industrializzazione rivolte a settori ad elevato utilizzo energetico, e una politica di fornitura di energia a prezzi contenuti per i consumatori locali.
La logica alla base della politica di applicare prezzi contenuti per le fonti energetiche varia da paese a paese nella regione MENA. Nei paesi ricchi di risorse (ma anche, in qualche misura, nei paesi con riserve modeste, come lo Yemen, la Siria e l’Egitto), i prezzi contenuti per le fonti energetiche possono essere interpretati come uno dei tanti metodi di distribuire rendite petrolifere al fine di proteggere i redditi delle famiglie, aspetto questo ritenuto un prerequisito per la stabilità sociale e politica. Nei paesi ricchi di petrolio, i prezzi contenuti per le fonti energetiche sono anche interpretati come un elemento essenziale per attrarre investimenti diretti esteri, e per promuovere l’industrializzazione e la diversificazione in settori ad elevato utilizzo energetico, necessari per creare opportunità di occupazione per le centinaia di migliaia di lavoratori che ogni anno entrano nel mercato del lavoro. Se da un lato una politica simile ha aiutato i governi della regione MENA a raggiungere i loro obiettivi, dall’altro ha posto serie tensioni sulle finanze governative, soprattutto nei paesi poveri di risorse. Un simile politica ha altresì creato gravi distorsioni di prezzo, il che si è tradotto in una cattiva allocazione delle risorse e in un “sovrautilizzo” delle merci agevolate. Di conseguenza, la forza energetica della regione MENA è aumentata rapidamente durante gli ultimi tre decenni, con una tendenza contraria a quella del resto del mondo.
Se le inefficienze e la cattiva allocazione delle risorse associate a prezzi contenuti per le fonti energetiche sono ampiamente riconosciute, gli sforzi per rivedere i metodi di tariffazione delle fonti energetiche nel mondo arabo sono stati inferiori rispetto a quelli del resto del mondo. Con ogni probabilità la rivolta araba ritarderà qualsiasi piano di riforma. Con la maggior parte dei regimi che si sente minacciata dagli eventi che spazzano la regione MENA, i governi della regione saranno riluttanti ad aumentare a livello nazionale i prezzi per le fonti energetiche in questi momenti di turbolenze. Senza una seria riforma dei metodi di tariffazione delle fonti energetiche, sarà difficile incidere in modo significativo sulla crescita dei consumi petroliferi nella regione.

I governi aumentano la spesa sociale. In risposta al fermento popolare, molti governi della regione, sia di paesi poveri di risorse che di paesi ricchi di risorse, hanno aumentato la loro spesa sociale. Simili bruschi aumenti della spesa pubblica implicano che gli esportatori di petrolio siano divenuti ancor più dipendenti dai prezzi elevati della materia prima. Di conseguenza, molti analisti si attendono un aumento del prezzo di riserva del petrolio per i produttori chiave e una reazione più assertiva qualora il prezzo del petrolio dovesse scendere a livelli ritenuti inaccettabili. Ad esempio, Barclays Capital argomenta che “la soglia per il coinvolgimento attivo dei produttori sul mercato sia di 20/25 USD superiore, il che spingerebbe verso un prezzo del petrolio che si aggirerebbe attorno ai 90/100 USD al barile. E questa forse sarebbe la maggiore differenza tra il 2011 e il 2008, quando si tratta di determinare un potenziale soft floor per i prezzi”.
Questi cambiamenti sono importanti soprattutto per il fatto che si prevede che nei prossimi anni assisteremo a un inasprimento delle condizioni attinenti il petrolio globale. La grande incertezza che circonda l’economia globale non ha impedito a numerosi analisti del mercato di fare previsioni audaci secondo cui i fondamentali di mercato subirebbero un inasprimento in un prossimo futuro. Tali previsioni si basano su tre pilastri principali: (1) una crescita molto limitata della fornitura dei paesi non membri dell’OPEC a causa del picco del petrolio e/o di altre restrizioni, quali fattori geopolitici e un inasprimento dei termini fiscali sulla produzione di petrolio; (2) un rallentamento degli investimenti nei paesi membri dell’OPEC; e (3) una rapida crescita della domanda globale di petrolio alimentata principalmente da paesi non membri dell’OCSE.
I recenti eventi verificatisi nella regione MENA si inseriscono nella storia dominante per cinque ragioni principali. Con il rischio sempre alto di interruzione delle forniture da paesi quali la Siria, lo Yemen, il Sudan e, più recentemente, l’Iran, vi è il rischio che la capacità di riserva possa essere erosa più velocemente di quanto il mercato non avesse originariamente anticipato. In secondo luogo, si teme che i recenti eventi possano ridurre la capacità della regione MENA di intraprendere gli investimenti necessari per aumentare la produzione, allo scopo di soddisfare l’aumento previsto della domanda globale, a causa del fermento civile, dell’instabilità, delle sanzioni e del trasferimento dei fondi verso la spesa sociale. In terzo luogo, la riforma dei metodi di tariffazione, necessaria per rallentare la crescita dei consumi energetici a livello nazionale, diventerà sempre più difficile dopo le recenti onde d’urto politiche, erodendo la capacità di esportazione dei produttori della regione MENA nel lungo termine. In quarto luogo, molti governi nella regione hanno risposto agli attuali eventi ordinando maggiori sovvenzioni e aumentando la spesa pubblica. Ciò accrescerà la dipendenza dei produttori dai prezzi elevati della materia prima, aumentando il prezzo floor per i produttori chiave e inducendo a controlli del mercato più rigidi, soprattutto in condizioni di ribasso del mercato. Da ultimo, vi è la percezione di non poter fare affidamento sui rapporti produttore/consumatore per alleviare gli adeguamenti del mercato petrolifero rispetto alle interruzioni; al contrario si ritiene che possano esacerbare la volatilità dei prezzi.
Il 2011 è stato un punto di svolta. Rimane una domanda chiave: Che cosa potrebbe cambiare le dinamiche sottostanti della storia “dominante”? Il prezzo del petrolio può muoversi all’interno di un ampio range senza indurre necessariamente a feedback visibili. Se il mercato non si attende feedback sulla fornitura, sulla domanda, sulla politica o se queste risposte non sono visibili, esso continuerà a testare il limite superiore e a effettuare pressioni al rialzo sui prezzi del petrolio. Attualmente, il solo feedback a cui il mercato sta dando peso è un rallentamento della domanda di petrolio indotto dalle aspettative di un ulteriore rallentamento nell’economia globale. Il flusso regolare delle informazioni e i segnali contrastanti circa lo stato di salute dell’economia globale condurranno con ogni probabilità a un’elevata volatilità del prezzo del petrolio, attualmente ricompreso in un range di prezzo tra 110 e 120 USD per il Brent. Gli eventi in corso nella regione MENA non faranno altro che amplificare queste oscillazioni dei prezzi a breve termine e, in caso di ulteriore interruzione, potrebbero spingere il prezzo del petrolio a un nuovo e più alto range. Inutile dire che i rischi di ribasso derivanti dall’economia mondiale rimangono elevati. In un’ottica di lungo termine, il 2011 potrebbe essere stato un punto di svolta, non solo per il futuro andamento delle dinamiche del mercato petrolifero, ma anche per il modo con cui gli attori di mercato interpretano i loro rapporti reciproci e il modo con cui valutano i rischi e le incertezze potenziali che travolgono il mercato petrolifero.

Bassam Fattouh

media2000@tin.it

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