Nel libro Alone Together, la sociologa americana Sherry Turkle analizza i comportamenti che cambiano nei rapporti sociali, innescati dai social network: teenager che trascorrono lunghe ore al giorno su Facebook, persone in lutto che inviano messaggi durante una cerimonia funebre perché non riescono a resistere un’ora senza usare i loro smartphone, studenti delle scuole superiori che si impegnano per rendere interessante il loro profilo Facebook agli amici, piuttosto che alle materie scolastiche.
Come fa notare Sherry Turkle nel libro Alone Together, la tecnologia sta cambiando il modo in cui le persone si relazionano tra loro e costruiscono le loro vite interiori. In questo testo l’autrice non considera gli usi politici della Rete, come il caso delle insurrezioni in Egitto o in altri Paesi del Medio Oriente, ma si concentra sugli effetti psicologici “ollaterali che le nuove tecnologie potrebbero avere su di noi.
Le nuove tecnologie, che ci aiutano a essere always on e a comunicare con chiunque in qualunque momento, rappresentano un vantaggio o, di contro, ci isolano sempre di più nei rapporti sociali “reali”. Analizzando diverse ricerche, ci si può rendere conto che sono tantissime le persone che, come primo pensiero al risveglio, accendono il proprio smartphone per controllare la posta elettronica e che ripetono quest’azione varie volte nel corso della giornata, senza contare gli accessi ai vari profili sui diversi social network.
“Siamo diventati, insomma, ipercomunicativi, controlliamo la posta e il profilo Facebook in maniera spaventata, quasi isterica e tutto questo può essere considerato il sintomo più evidente di una moderna follia.” Queste le parole di Sherry Turkle, in un’intervista rilasciata al New York Times, che, inoltre, spiega ed analizza l’ambivalenza delle nuove tecnologie quando queste si propongono quale “architetto della nostra intimità”.
La Turkle ha analizzato i casi di decine di giovani che, nonostante il frequente utilizzo di questi nuovi strumenti, non hanno risolto i loro problemi, anzi, sono aumentati, fino a spingerli al suicidio e parla nel suo libro di ragazzi delle superiori che hanno paura di fare una telefonata o di bambini delle elementari che non riescono ad affrontare la morte del loro animaletto virtuale.
La sociologa denuncia “l’impegno superficiale implicito in questi oggetti inanimati”, che utilizziamo sempre più frequentemente per convincerci che anche quando siamo soli stiamo insieme a qualcuno. Strumenti che, anche quando siamo in compagnia, “ci mettono costantemente nella condizione di sentirci soli” e che contribuiscono a creare una vera tempesta di confusione su quello che è davvero importante nelle relazioni umane.
Autore.
Sherry Turkle è definita l’antropologa del cyberspazio ed è considerata il guru emergente del pensiero digitale. Nata a New York, ha studiato al Radcliffe College e con il Committee on Social Thought alla University of Chicago. Ha poi conseguito nel 1976 un dottorato in ‘Sociologia e psicologia della personalità’ presso la Harvard University. Psicologa clinica, è membro della Boston Psychoanalytic Society, consulente di psicologia del Department of Mental Health della Harvard University. Attualmente insegna sociologia della scienza presso il MIT. Nell’ambito di un progetto di ricerca del MIT, attualmente sta lavorando sul rapporto tra bambini e animali virtuali.