Ragazzi sempre connessi, che nel vivere online e offline senza distinzione trovano la propria collocazione in un ambiente “onlife”, e in una dimensione spazio-temporale del tutto inedita.
Le opportunità di sviluppo e relazione si accompagnano ai rischi, che in sintesi riguardano la costruzione sociale della propria identità e la reputazione in rete. Perché il fenomeno, reso ancora più fervido dalla situazione pandemica, è di grandissima portata: “Anche se si tratta di tecnologie della comunicazione relativamente recenti, nell’arco di circa un ventennio i social media hanno contribuito significativamente a riconfigurare lo scenario entro il quale si diffondono le pratiche comunicative, sociali e culturali nell’età contemporanea”.
I dati raccolti permettono di dire che gli adolescenti italiani hanno consapevolezza dei rischi (che crescono con il crescere della quantità di informazioni personali affidate alla rete) ma non rinunciano all’utilizzo dei social media: scelgono ove possono l’azione preventiva o, se vittime di abusi, adottano una strategia correttiva, che è maggiore rispetto a chi non abbia mai subito offesa.
Il volume evidenzia, tra l’altro, le differenze tra maschi e femmine riguardo il grado di esposizione ai rischi e sulle conseguenze sul piano psicologico e si concentra sulle possibilità di supporto che gli adolescenti possono trovare in famiglia e a scuola. Alle quali però i ragazzi si rivolgono, per lo più, successivamente all’esperienza di rischio, se non addirittura dopo un danno subìto. “Per arginare i rischi e limitare i danni nelle pratiche online degli adolescenti, risulta determinante e prioritario sviluppare forme di prevenzione, a carattere educativo o regolativo, rivolte non solo agli adolescenti, ma anche alle famiglie e agli insegnanti. Il ruolo dei docenti come dei genitori potrebbe essere decisivo nel trasferire ai più giovani una maggiore consapevolezza dei rischi e una migliore gestione dei propri profili online, a partire dalla trasmissione di strumenti e modelli culturali adeguati che favoriscano una maggiore coscienza critica, oltre che le competenze digitali necessarie”