Intelligenza Artificiale cuore della Digital Transformation
Pubblichiamo l’intervento dell’ambasciatore Sergio Piazzi che ha illustrato importanti collaborazioni nate nell’area del Mediterraneo che pongono l’Intelligenza Artficile al centro della ricerca comune.
Buon giorno a tutti. Ringrazio Maria Pia Rossignaud per avere scelto di trattare il tema dell’intelligenza artificiale, l’Assemblea parlamentare del Mediterraneo è molto lieta di aver concesso il suo alto patrocinio a questo evento.
Come PAM abbiamo iniziato di recente questa riflessione, in occasione della 14° sessione plenaria che abbiamo tenuto lo scorso febbraio ad Atene, in Grecia. In particolare, ci siamo chiesti quali possano essere le conseguenze dell’applicazione dell’intelligenza artificiale, quali le regole, i paradigmi e i limiti invalicabili, come deve essere regolamentato l’uso che se ne fa, di modo che sia siano conformi al quadro nazionale e internazionale dei diritti umani.
È un dato ormai acquisito che l’Intelligenza Artificiale può trasformare il nostro mondo in positivo, soprattutto nell’ambito sanitario, nel settore dei trasporti; nel settore manifatturiero, per razionalizzare l’utilizzo delle risorse idriche e naturali e prevedere i cambiamenti ambientali e climatici, ma anche per innalzare i livelli di sicurezza sociale, intercettando le frodi e le minacce di cyber-sicurezza, consentendo in tal modo alle forze dell’ordine di lottare più efficacemente contro la criminalità.
Sul Guardian, qualche settimana fa è addirittura apparso un editoriale scritto da un robot, usando GPT-3, un potente generatore di linguaggio di OpenAI, un’organizzazione non profit di ricerca sull’intelligenza artificiale. Il risultato è un interessante mini-saggio sul perché gli esseri umani non devono avere nulla da temere dalle macchine, dai computer, dall’intelligenza artificiale per l’appunto.
Le concrete applicazioni dell’Intelligenza Artificiale sono suscettibili non solo di stimolare la crescita economica e produttiva, ma anche di avere un profondo impatto sulla vita delle persone, sulla società e sulle Istituzioni pubbliche a molti livelli.
L’uso dell’intelligenza artificiale può consentire al legislatore di prendere decisioni e fare valutazioni su base di informazioni oggettive certificate certe, a patto che i dati raccolti siano di qualità, liberi da vizi e preconcetti.
L’intelligenza artificiale apre nuove prospettive di governance, con azione regolatoria per rendere l’intervento pubblico più flessibile e veloce, per una migliore pianificazione territoriale ecc.
Nel 2017 l’Università di Wellington, Nuova Zelanda, ha addirittura creato il primo politico robot, Sam, per candidarsi alle elezioni del 2020, ed è stato chiesto ai cittadini di interagire con questa macchina per addestrarla; mentre tutti noi conosciamo il robot Sofia ha addirittura ricevuto la cittadinanza dall’Arabia Saudita.
A livello accademico c’è addirittura la proposta di creare un gemello artificiale in cui infondere la storia e cultura di ognuno di noi ma senza la nostra irrazionalità e chiedere a questo modello di rappresentarci nella realtà democratica.
Se dunque l’Intelligenza Artificiale può portare benefici all’intera società e all’economia, le sue applicazioni pratiche stanno sollevando e solleveranno sempre più in futuro problematiche giuridiche ed etiche.
La disoccupazione è la minaccia che più spesso emerge quando i robot e gli algoritmi prendono il posto di lavoro.
Una seconda minaccia, citata di frequente, posta dall’intelligenza artificiale è il pregiudizio: gli esseri umani portano pregiudizi e sembra inevitabile, o molto difficile, evitare che tale pregiudizio venga ereditato dalla macchina che gli esseri umani creano.
Quindi, quando si ricorre all’intelligenza artificiale, c’è in realtà una grande possibilità di perpetuare la discriminazione (più spesso nelle forme di sessismo e razzismo) e questo è particolarmente dannoso in campi come la giustizia penale, l’antiterrorismo, la polizia predittiva e il mercato del lavoro, attraverso la creazione di profili discriminatori.
Questo concetto è stato particolarmente sottolineato nel rapporto sulla situazione dei diritti umani nell’area mediterranea, che era stato presentato alla 14° sessione plenaria di Atene.
Infatti, il diritto alla privacy e alla sicurezza dei dati sono i più colpiti, grazie alla capacità dell’intelligenza artificiale di tracciare i nostri movimenti digitali. L’idea di essere costantemente osservati può anche avere effetti inibitori, con conseguente indebolimento della libertà di parola, espressione, pensiero, coscienza e diritto alla partecipazione e associazione politica.
L’intelligenza artificiale viene vista anche come ostacolo al godimento dei diritti fondamentali come l’istruzione e la salute, ogni volta che l’IA è chiamata a determinare l’accesso alle offerte educative o determinare i premi dell’assicurazione sanitaria.
La gestione della pandemia Covid-19 ha fornito esempi perfetti di impatti sia favorevoli che deleterie dell’uso dell’Intelligenza Artificiale negli affari pubblici. Era chiaro come tali tecnologie avanzate fossero fondamentali per contenere la diffusione del virus, mentre allo stesso tempo minacciavano i diritti delle persone, in particolare la privacy.
Ma anche la prevenzione della criminalità e specialmente del terrorismo offre diversi spunti di riflessione. La revisione delle leggi sulla sorveglianza nazionale che è stata effettuata in numerosi paesi democratici e non, pur fornendo strumenti per lottare contro i terroristi e i criminali, ha anche ampliato l’autorità dei governi di spiare i propri cittadini.
All’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo ci siamo concentrati esattamente su due aspetti inerenti all’intelligenza artificiale: la dimensione della sicurezza e lotta al terrorismo e la conseguente relazione con i diritti umani e le libertà fondamentali. Abbiamo organizzato degli eventi dedicati in collaborazione con l’Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta al terrorismo, il Consiglio d’Europa, la Corte Europea dei Diritti dell’uomo e diversi altri partner internazionali.
Infatti, sebbene vi sia un consenso generale sulla necessità di un quadro giuridico di riferimento solido e universalmente condiviso che disciplini l’uso dell’intelligenza artificiale, l’assenza di una regolamentazione chiara in materia si pone ancora come uno dei principali problemi legati alla nuova tecnologia.
Il gap normativo esistente è direttamente legato al rischio di abuso, danneggiando proprio i soggetti che dovrebbero trarne vantaggio.
Lo sviluppo e la crescita dell’Intelligenza Artificiale dovrebbero andare di pari passo con la formulazione di norme nazionali e internazionali su misura, in modo da garantire il rispetto del diritto internazionale dei diritti umani.
Questi due aspetti sono inevitabilmente correlati e devono rafforzarsi a vicenda. Pur non trascurando la voglia di essere leader in questo settore, precauzione e sicurezza sono fondamentali.
Considerato il quadro normativo povero e frammentato relativo all’AI, che esiste ad oggi, i parlamentari, in quanto attori globali, svolgono un ruolo importante nell’indirizzare l’uso di tali tecnologie nella giusta direzione.
Essendo la massima espressione dello Stato nell’unire i cittadini al loro governo, i parlamenti condividono la responsabilità di rispettare, proteggere e adempiere ai diritti umani e di attuare gli obblighi dello Stato, insieme all’esecutivo e alla magistratura. Gli organi legislativi sono infatti attori istituzionali in grado di emettere decisioni a sostegno diretto dei diritti umani.
I parlamenti membri del PAM si distinguono già per le iniziative adottate a livello nazionale. Ad esempio, molti governi (Croazia, Francia, Serbia, Tunisia, Israele, Romania, Slovenia) stanno attualmente lavorando (o, in alcuni casi, hanno già presentato) una strategia nazionale per l’IA in cui mostrano il potenziale e l’interesse del loro paese per incoraggiare l’implementazione e lo sviluppo dell’IA.
A volte, alcuni paesi integrano anche tale strategia con una dimensione etica e un focus sull’ambiente, l’impatto sul lavoro e l’inclusività.
Inoltre, la Francia sta co-progettando, in collaborazione con il World Economic Forum (WEF), un quadro politico per affrontare in modo specifico le preoccupazioni sui diritti umani derivanti dall’uso della tecnologia di riconoscimento facciale.
Nel novembre 2019, il Primo Ministro del Regno hascemita di Giordania, Omar Razzaz, ha approvato l’istituzione di un comitato nazionale sull’intelligenza artificiale per supervisionare l’introduzione della tecnologia in diversi settori economici governativi, come prima fase di una strategia nazionale per promuovere l’uso dell’IA per migliorare le prestazioni del governo.
All’interno del parlamento italiano, nell’aprile 2020 è stato creato un Intergruppo di parlamentari particolarmente dediti all’IA; inoltre, già nel 2018, l’Agenzia per l’Italia Digitale ha pubblicato un white paper sull’AI al servizio dei cittadini.
Il governo marocchino ha promosso la prima scuola africana di formazione sull’intelligenza artificiale a Fez, la Euromed School of Digital Engineering and Artificial Intelligence (EIDIA).
Queste questioni non possono essere affrontate in un ambito esclusivamente nazionale, con riguardo solo al rafforzamento del quadro normativo interno.
Presuppongono invece una visione più ampia, di ordine sovranazionale, che si caratterizzi per un approccio alla materia, tale da rafforzare la fiducia dei cittadini nello sviluppo digitale.
Condividere le migliori pratiche e le lezioni apprese è fondamentale per colmare tale lacuna. La nostra Assemblea offre questa da piattaforma per condividere e scambiare competenze legislative e lezioni apprese nell’attuazione della legislazione nazionale a tutela dei diritti umani.
In occasione della scorsa sessione plenaria, l’APM ha deciso di istituire una task force su intelligenza artificiale e diritti umani, sotto l’egida della sua terza commissione permanente sui diritti umani, con il compito di analizzare e controllare il suo potenziale per migliorare e non minare i diritti delle persone.
Questo gruppo di lavoro servirà da piattaforma trovare valori e regole comuni che devono guidare l’applicazione dell’IA, in modo da ottenere un’armonizzazione normativa a livello regionale in grado di migliorare e proteggere i diritti umani, sviluppando così il primo set di linee guida sull’intelligenza artificiale per i parlamentari nell’area euro-mediterranea.
Questo lavoro viene fatto in stretta collaborazione con i nostri partner, quali l’Alto Commissario dell’ONU per i diritti umani, il Parlamento arabo, OECD, il Consiglio d’Europa, nonché accademici e gli esperti dei vari settori.
Il nostro dibattito di oggi ha certamente contribuito a maturare la consapevolezza dei rischi e delle insidie derivanti da una corsa alla digitalizzazione priva di regole e di un solido fondamento etico.
Il contributo dei parlamenti nazionali alla governance globale dell’Intelligenza artificiale è fondamentale per evitare l’applicazione rischiosa di una tecnologia in rapido sviluppo e per colmare le lacune attuali, soprattutto quando si tratta di definizione degli standard.
L’Intelligenza artificiale ha un potenziale molto positivo, a condizione che sia incentrata sull’uomo, etica, sostenibile e rispetti i diritti e i valori fondamentali, e i parlamentari possono garantire che sia codificata in questa direzione sia a livello nazionale che livello internazionale.