Andrea Lo Cicero Vaina si racconta ai margini di un evento interclub Rotary Club di Roma e Rotaract Roma.
L’ex rugbista italiano è stato il 9 aprile scorso l’ospite speciale dell’incontro organizzato da Rotary Club di Roma, con la sua Presidente Maria Luisa Piras, in un interclub con il Rotaract Roma presieduto da Sara Arcuri. In questa conversazione prova a fare il punto su una vita dagli interessi e dagli impegni eclettici fino alla sua ultima deriva, quella dell’agricoltura e del sostegno ai bambini psicologicamente fragili.
Partiamo dallo sport. “Barone del rugby”, per via delle ascendenze nobiliari della Sua famiglia, pilone sinistro, 103 presenze nella nazionale italiana, 4 edizioni della Coppa del Mondo, ritiratosi nel 2013. Cosa è stato il rugby per Lei e cosa Le ha lasciato in eredità per le attività intraprese dopo?
Il rugby è uno sport che a me ha lasciato tanto. Sicuramente le regole, la disciplina, la dedizione e anche il fatto di non lasciare nessuno indietro, di cercare quindi di coinvolgere tutti, di tirar tutti all’interno della squadra e questo penso che sia l’aspetto più bello e più educativo che uno sport possa insegnare. E il risultato finale è riuscire a tradurlo nella vita di tutti i giorni.
La televisione quindi un “portato”, in qualche modo, della notorietà raggiunta con il pubblico attraverso lo sport. Delle varie esperienze come conduttore televisivo – Giardini da incubo, La Prova del Cuoco, L’erba del Barone, l’Isola del Barone –, o come partecipante come nel caso del L’Isola dei Famosi, in quale si è sentito più a suo agio, quale è stata maggiormente nelle sue corde o la ha divertito di più?
La televisione e tutto quello che faccio, io lo faccio con grandissimo entusiasmo. Debbo dire che ogni momento e ogni occasione, se mi piace, se ci sono le condizioni per poter lavorare, lo faccio senza peso. Penso che ogni possibilità sia una scoperta, una crescita personale. Ogni volta cerco di studiare in un percorso che è prima di tutto un arricchimento per me stesso, affinché quello che andrò a raccontare sia raccontato in modo semplice e comprensibile e tradotto per gli altri nel modo più naturale possibile. Nei programmi televisivi, secondo me, si deve essere naturali e questo si realizza facilmente se nelle cose ti ci metti e studi.
Facciamo un passo indietro. Agli inizi nella sua città natale, Catania. Cosa tiene e cosa preferisce invece lasciar andare del Suo passato?
Del mio passato non cancello nulla. Mantengo tutto, sia momenti difficili sia momenti meno difficili. Fa tuto parte dell’esperienza, della crescita, e ci dà la possibilità di formarci come uomini e come facenti parte di una comunità. Che è l’obiettivo più grande che ogni ragazzo deve porsi. Ogni ragazzo deve fare esperienza, sbagliare, andare avanti. Così ho fatto io e così esorto gli altri, soprattutto i più giovani a fare.
Voleva studiare Medicina, ma si è laureato in Lettere e Filosofia. Pentito?
Sì, volevo studiare medicina per diventare rianimatore-anestetista. Però in Italia è molto difficile studiare e praticare sport a livello professionistico. In altri Paesi hai l’opportunità di fare entrambe le cose, in Italia siamo ancora lontani da questo. Nel 2019 mi sono iscritto all’Università, alla Facoltà di Lettere e Filosofia, non mi sono ancora laureato ma confido di farlo tra questo e il prossimo anno. Penso che non ci sia età per dedicarsi allo studio, ma solo una grande voglia di crescere, anche a 48 anni bisogna andare avanti. Sempre.
L’impegno per gli altri è un po’ un binario costante della sua vita, dal volontariato nella Croce Rossa al più recente impiego delle Sue asine siciliane per la Onoterapia per bambini psicologicamente fragili. Vuole raccontarlo?
Il fatto di aver sempre messo a disposizione del tempo per gli altri, è perché, semplicemente, ognuno ha bisogno del supporto degli altri. Di fronte a persone che non possono permettersi di fare determinate cose, è giusto che ogni cittadino si metta a disposizione. Con le mie asine, l’obiettivo è quello di realizzare un’azienda dove si offra la possibilità di praticare onoterapia a bambine e bambini con lievi disabilità: farli uscire quindi da un contesto ospedaliero e far vivere loro la natura. Come è sempre stato per tantissime persone che hanno analoghe patologie. Vivere la natura, a contatto con la terra, in qualche modo asseconda un istinto primordiale ed aiuta sicuramente a stare bene. Questo è ciò che ho in mente.
Conosce le attività del Rotary a favore delle comunità e fa parte di qualche Club?
Io non faccio parte di nessun club Rotary, conosco molte persone però che fanno parte di questo percorso di formazione e di sostegno nei confronti degli altri. È un tipo di associazionismo che fa del bene, che ha una sua ragion d’essere, fornendo anche in qualche modo una certa disciplina nell’affrontare molte tematiche in unione con il gruppo degli associati. Questo penso che sia qualcosa di bello.
48 anni, tanto alle spalle, cosa c’è oggi nella vita professionale e lavorativa del “Barone” e quali, nuovi, progetti in cantiere?
Sì, 48 anni alle porte ormai, a maggio. Cosa mi riserve la vita? Non ne ho idea. Prendo tutto quello che arriva. Non sono una persona che sogna o spera di avere chissà che cosa. Importanti per me la salute, la mia famiglia, e naturalmente la possibilità di lavorare. Sicuramente questo è un momento difficile un po’ per tutti e lo è ancora di più per noi perché dal mondo dello sport veniamo poi catapultati in altri mondi e quindi dobbiamo rimboccarci le maniche per fare e imparare nuove strade lavorative. Io ci metto tutto me stesso, quindi quel che viene viene, opportunità da parte di aziende ad esempio, come pure continuare il percorso della cucina che è molto affascinante e molto creativo. Grazie.