Questa settimana segnaliamo il volume di Andrea Maresi e Lucia D’Ambrosi, Dal comunicare al fare l’Europa. Best practice e linee guida operative.

Per parlare di Europa è necessario conoscerla. Per conoscerla è opportuno dare avvio ad un processo di consapevolezza, controllo e partecipazione alla vita pubblica che passa inevitabilmente attraverso il comunicare ciò che l’Europa fa “nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini” (art. 1 del Trattato sull’Unione Europea). Questo è quanto troviamo alla base di ogni contributo presente nel volume a cura di Andrea Maresi e Lucia D’Ambrosi, che ha come obiettivo quello di evidenziare l’impatto delle politiche europee nello sviluppo della cittadinanza attiva, ma anche quello di aumentare la conoscenza delle opportunità offerte dall’Europa in termini d’investimento.
La prima parte di questo libro è interamente dedicata alla comunicazione europea in relazione alla cittadinanza democratica e al processo di costruzione della UE. La crisi dell’informazione tradizionale pone una nuova sfida alle Istituzioni europee, chiamate ad adattarsi a nuovi modelli di business. Proprio questi ultimi devono essere interpretati come opportunità capaci di rendere più efficace l’informazione e il coinvolgimento di tutti i cittadini nei processi decisionali europei. Europa 4.0 non è solo uno slogan, ma un piano transnazionale per ripensare la comunicazione delle decisioni europee tanto in fase consultiva quanto in quella attuativa. Dunque, la condivisione deve essere lo strumento per diminuire il gap tra la percezione che il popolo ha della tecnocratica Europa e la società civile, con l’intento cardine di dare finalmente vita al senso d’identità politica europea. Tutto ciò è possibile se si fa appello a un sistema fluido di politiche inclusive e forme associative di qualsiasi genere. L’Associazione TIA (Transformation In Action) Formazione Internazionale, ad esempio, è un programma che ha come obiettivo quello di produrre progetti concreti su politiche giovanili e imprenditoria in stretta collaborazione con le istituzioni europee. Snodo cardine di questo sviluppo deve essere l’insegnamento della UE nelle scuole, indiscusso laboratorio dei cittadini di domani.
La seconda parte, invece, si concentra su cosa significa comunicare i fatti europei oggi. Al centro dello studio viene posto il giornalismo e l’informazione glocal, a cui viene chiesto di essere veloce e flessibile ma al tempo stesso di qualità, proprio perché le decisioni prese a livello transnazionale incideranno sulle singole realtà nazionali. Pertanto, il cittadino deve essere informato in tempo reale attraverso un’informazione certificata e di qualità. In questo contesto risultano essere di grande valore le agenzie stampa che collaborano a stretto contatto con le strutture politiche di Bruxelles.
Quando si parla di Unione Europea si avvia un processo informativo che investe tanto la sensibilità delle singole nazioni quanto quella della grande realtà sovranazionale. In questo senso nulla è più esplicativo del caso Regioneuropa che ha aperto a tutti i cittadini le porte del Parlamento europeo, sfatando il mito, sostenuto a gran voce dagli euroscettici, dei politici europei fannulloni. In questa nuova cornice comunicativa un ruolo chiave è offerto dai think tank, veri e propri laboratori di discussione sull’UE, in cui tutti, addetti ai lavori e non, possono trovare spazio. Nel presente volume il tema dell’Unione Europea come materia scolastica torna ad essere un tema caldo. Solo ripartendo dall’insegnamento si può pensare di fondare una classe dirigente del futuro che sappia guidare il vecchio continente verso lidi sicuri. Questo lo scopo del progetto pilota del 2015 <<Europa nelle scuole>>, secondo il quale entro il 2020 sarà attivo in tutte le scuole un modulo didattico dedicato all’Unione.
All’analisi del “comunicare Europa” segue la sezione conclusiva dedicata alla practice: fare Europa ripensando e/o applicando gli strumenti operativi per supportare le parole con i fatti. Pubbliche amministrazioni, enti locali, imprese, agenzie educative e formative e associazioni del terzo settore possono crescere in Europa e grazie all’Europa. Per questa ragione è fondamentale l’approfondimento di Matteo Lazzarini, nel quale si stila un decalogo per ottenere un finanziamento europeo. Anche tra queste pagine c’è spazio per l’eterna polemica sulla cattiva gestione da parte degli italiani dei fondi europei, alla quale si risponde con il dato oggettivo di un’Italia ai primi posti per l’eccellenza di progetti, interamente finanziati dall’Europa, di università ed imprese.
Emblema dello stretto legame tra il “comunicare” e il “fare” è senza dubbio il progetto Associazione Europa 2020. Tra i suoi obiettivi emerge la diffusione, il learning e il training dei valori culturali locali e al tempo stesso europei, al fine di metabolizzare gli indirizzi e le politiche dell’Unione Europea. Infatti, si punta alla completa interazione tra istituzioni, attori economico-sociali e centri di ricerca. Tuttavia, il progetto Associazione Europa 2020 non ha davanti a sé una strada lineare: numerosi sono gli ostacoli soprattutto in materia di consonanza tra le parti in causa. La soluzione rimane l’informazione, vista come bridge comunicativo tra le varie componenti territoriali e l’Europa.
La raccolta di contributi a cura di Andrea Maresi e Lucia D’Ambrosi è un valido strumento per fare il punto della situazione sull’evoluzione del concetto di UE nella società civile e per prendere consapevolezza degli strumenti esistenti per “fare” davvero l’Europa a misura di tutti i cittadini.

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Giulia Lamoratta
Comunicazioni e Social Media Marketing presso Istituto Affari Internazionali