di SIMONE MULARGIA
“È una barca che anela al mare eppure lo teme” (Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River)
Si apre la discussione
I media rappresentano la forma di socializzazione dei moderni, l’orizzonte che ospita i processi di costruzione di senso delle azioni del soggetto. La comunicazione ha saputo interpretare l’atmosfera culturale del tempo in cui viviamo. In una parola il passaggio al futuro che la scuola romana si è generosamente impegnata a verificare con largo anticipo rispetto alle mode culturali che ingabbiavano la ricerca nella nota disputa tra apocalittici e integrati.
A quasi vent’anni da quella proposta di interpretazione del ruolo della comunicazione si avverte la necessità di ripensare l’impatto della travolgente ascesa dei media, anche rispetto ai forti segnali di crisi dei valori. Cosa rimane, quindi, delle promesse della comunicazione? Su questi temi è stata impostata la discussione all’interno dell’atelier di intelligenza connettiva coordinato da Mario Morcellini.
Le promesse mancate
Due le principali promesse mancate della comunicazione proposte alla discussione: il crescente individualismo, come tratto caratterizzante lo scenario sociale contemporaneo e la secolarizzazione che avrebbe dovuto contagiare il soggetto con un aumento delle competenze.
Per quanto attiene il tema delle relazioni sociali, il dibattito all’interno dell’atelier riconosce che rispetto all’aumento delle occasioni di comunicazione a disposizione del soggetto, il panorama relazionale delle persone sembra sempre più orientato a un crescente individualismo. La discussione evidenzia come una certa accentuazione dei caratteri edonistici e, più in generale, una sfiducia nella necessità di comprendere gli altri nei progetti esistenziali, sia un tratto caratterizzante le forme di rappresentazione sociale oggi dominanti.
La secolarizzazione è la seconda dimensione in cui le promesse della comunicazione sembrano non essere state del tutto mantenute. Durante i lavori si è sottolineato come l’aumento della scolarizzazione e, più in generale, l’allargamento delle opportunità di informazione e comunicazione a disposizione dei soggetti, avrebbero dovuto creare le occasioni per un accrescimento delle competenze delle persone. La scolarizzazione avrebbe dovuto colmare le differenze sociali e le potenzialità della comunicazione avrebbero dovuto esplicitarsi in un accrescimento della partecipazione alla vita collettiva. Anche in questo caso, sembra che il successo della comunicazione non si sia automaticamente tradotto in un aumento delle possibilità a disposizione dei soggetti.
Il clima sociale del periodo viene, anzi, provocatoriamente definito in termini di macelleria dei valori, ponendo in essere una crisi culturale che, a differenza di quella economica, non sembra essere destinata ai tempi della congiuntura.
Le promesse mantenute
Nella seconda parte, il dibattito all’interno dell’atelier si sposta verso quelle che vengono definite le promesse mantenute, dimensioni in cui è più netta l’impronta della comunicazione come collante del progetto moderno. Due le questioni principali affrontate: lo sviluppo sempre più stabile di consumi culturali d’elite e la personalizzazione nell’utilizzo dei media. Soprattutto per quanto riguarda le giovani generazioni, la discussione sottolinea un aumento di comportamenti di consumo culturale storicamente definiti “di nicchia” come il teatro, la musica classica e le interessanti forme di produzione culturale di massa. Tali occasioni di comunicazione sembrano funzionare come abilitatori sociali per quote crescenti di persone, estendendo, di fatto, la platea di fruitori di esperienze di comunicazione non banali e socialmente pregiate. Più in generale il dibattito si indirizza verso la personalizzazione dell’esperienza di attraversamento dei media riconoscendo che, in presenza di alcune pre-condizioni socio-culturali che rendono i soggetti più attrezzati culturalmente, si assiste a una sempre più matura capacità di organizzare i propri consumi sfruttando le potenzialità dei media digitali.
L’analisi delle potenzialità tecniche e di linguaggio dei media non può essere staccata da quella che viene definita una vertenza etica, proprio nel momento in cui si sottolinea che l’aumento della forza espressiva e simbolica della comunicazione non ha automaticamente coinciso con un miglioramento delle condizioni generali dell’esistenza. Da questo punto di vista i partecipanti all’atelier considerano paradigmatico il caso della fuga dal generalismo. I soggetti più competenti, infatti, sono sempre meno legati a esperienze di consumo culturale mainstream e diventano protagonisti di una separazione di censo nell’accesso ai media che è in contraddizione con l’idea della comunicazione come riduttrice delle differenze.
Il ritorno alle teorie
In conclusione del dibattito si è cercato di sistematizzare gli spunti emersi durante la discussione, per operativizzare il modello concettuale che si andava delineando. La proposta è stata quella di recuperare alcune teorie dei media, per metterle alla prova dei tempi odierni. Si è, ad esempio, analizzato come una rilettura della teoria del flusso a due fasi della comunicazione (e del concetto di leader d’opinione) potesse essere una base per comprendere le forme di socialità esperite dai soggetti all’interno dei social network sites. Al fine di comprendere come le nuove opportunità collegate ai media digitali possano diventare reale fattore di allargamento delle possibilità a disposizione dei soggetti, si è proposto di considerare il monito che deriva dalla nota teoria dei knowledge gap: scarti di conoscenza che, nel lungo periodo, tendono ad allargare le differenze tra chi ha le competenze necessarie a gestire il cambiamento (soprattutto in termini di capitale sociale) e chi, invece, rischia di essere tagliato fuori. Per comprendere appieno il messaggio di fondo della comunicazione, è però necessario spostare l’attenzione verso il lungo periodo, verso quel meccanismo di lenta coltivazione dei soggetti che lo sviluppo dei media sembra aver esercitato con esiti alterni, soprattutto per quanto attiene la messa in scena di valori socialmente condivisibili.
Simone Mulargia
Dottore di ricerca in Scienze della Comunicazione
Dipartimento CoRiS “Sapienza”