Annibale Paloscia, Informazione e libertà di pensiero. Appunti di un giornalista,2024, Edizioni All Around, 18 Euro
Basterebbe lo scoop del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani, il 9 maggio 1978, per collocare Annibale Paloscia tra le leggende del giornalismo italiano. Lo scrive nell’introduzione il vicedirettore dell’ANSA Stefano Polli. I giornalisti non potevano avvicinarsi alla Renault rossa dov’era il corpo del leader democristiano, ma lui riuscì avere la conferma che si trattava proprio di Moro grazie a uno scambio di occhiate e di gesti con un dirigente della Digos che conosceva bene.
“Ecco la grande lezione di Paloscia: fatevi tante e affidabili fonti, più numeri di telefono avete e meglio verrà il vostro lavoro, confrontate le notizie, fate chiamate”. Se quella notizia merita a sé stante un posto in qualsiasi manuale di giornalismo, Annibale Paloscia (e le sue instancabili eredi Francesca e Marta) hanno fatto di più e meglio creando un breve e preciso vademecum impostato proprio sugli insegnamenti dell’ex caporedattore della cronaca e poi della cultura all’Ansa, fino al 1994.
Eccone uno: “Nel rapporto con le fonti, ciò che più conta per il giornalista è acquisire la verità; nel rapporto con il pubblico, ciò che più conta è divulgare le verità che rendono i cittadini più liberi”.Un volume che si legge ma che in realtà si ascolta, e in cui si intravede un ritratto che parla: una scrivania piena di giornali (interi e ritagliati), dita sulla tastiera, un paio di occhiali sulla punta del naso, una coppola e un paio di occhi ironici. Una semplicità complessa, come l’indice: due capitoli: elementi storici e mestiere del giornalista. Un indice che ricalca il motto “per essere chiari basta poco”. Ma sono due capitoli colmi, dentro c’è tutto: fonti, notizie, lead, l’intervista, l’inchiesta.
Restano le responsabilità: “Questo è un mestiere che richiede da te tutto quello che hai, le tue energie e il tuo tempo”, una frase che sembra chiudere le speranze, come la porta dantesca. E invece prosegue “Se lo consideri come un lavoro lo farai male. Deve essere la tua vita”.
Enrico Mascilli Migliorini