Intervista ad Antonio Martusciello – Presidente Audiradio
Quale il primo obiettivo da presidente di Audiradio?
Mi sia consentito fare una premessa. Audiradio è nata il 22 aprile di quest’anno e sta muovendo i primi passi nell’organizzazione di una ricerca degli ascolti radiofonici che vedrà, dopo molti anni, editori e mercato collaborare nuovamente insieme. Ritengo, dunque, che il primo obiettivo sia certamente quello di espletare – così come stiamo alacremente facendo – tutte le attività necessarie per commissionare la nuova ricerca degli ascolti radiofonici che prenderà il via il 1° gennaio 2025.
Si tratterà di una ricerca “mista”, di tipo quantitativo e censuario, attraverso l’SDK, strumento che già rappresenta un significativo passo avanti rispetto a un modello meramente dichiarativo.
Questa rilevazione di tipo “ibrido” consentirà di cogliere al meglio la tendenza sempre più accentuata dell’ascolto radiofonico multi-device e multi-piattaforma.
Fin qui l’aspetto più propriamente tecnico, altro obiettivo è “armonizzare” tutte le componenti che costituiscono il JIC – editori e mercato – per arrivare alla migliore sintesi e contemperare le esigenze degli uni e degli altri.
A partire dal 2025 Audiradio subentrerà a TER nella realizzazione dell’indagine sull’ascolto radiofonico in Italia, mi spiega nel dettaglio cosa cambia?
La nuova ricerca, come ho poc’anzi accennato, partirà nel 2025 e sarà commissionata da Audiradio, mentre per tutto l’anno in corso continuerà la ricerca di TER.
La Società, come ho ricordato, si è costituita abbastanza recentemente sotto forma di JIC, cioè un modello organizzativo nel quale coesistono le componenti del mercato e degli editori, come prescritto dalla normativa vigente e dalle delibere di AGCom.
In questa nuova configurazione, si è assistito al passaggio da MOC, cioè organismo di rilevazione degli ascolti costituito – attraverso TER – dagli editori, a JIC, nel quale convivono sia la componente degli editori sia quella del mercato (e quindi gli “investitori pubblicitari”), entrambe ispirandosi a principi di indipendenza, autonomia, equità e non discriminazione.
Audiradio riprende così quella consuetudine presente nelle altre “audi”, che si era interrotta nel 2011 e che poggia su quei criteri elencati da AGCom, già nel 2006, per la rilevazione degli ascolti, quali correttezza, trasparenza, efficienza, equità e non discriminazione.
Nell’attuale configurazione, TER (Tavolo Editori Radio) ha mutato la sua denominazione in ERA (Editori Radiofonici Associati), ma anche la sua mission.
Questo perché, da soggetto rilevatore degli indici di ascolto è divenuto una componente del JIC, insieme all’associazione degli utenti di pubblicità UPA e alle agenzie rappresentate in UNA.
Tale passaggio, che definirei epocale, allinea la rilevazione degli indici di ascolto radiofonici alle best practices, nazionali e internazionali.
È stato un percorso fortemente voluto da AGCom, che sul tema ha emanato un apposito atto di indirizzo e che si è realizzato grazie a TER – oggi ERA – che ha accettato di entrare nel nuovo organismo, e a UPA, che ha voluto convintamente supportare questa sfida.
Una scelta inevitabile, dettata dall’evoluzione del quadro normativo, ormai mutato rispetto al passato. Oggi il TUSMA (Testo unico dei servizi di media audiovisivi), all’art. 71 comma 5, lett. b), prevede “(…) che le rilevazioni degli indici di ascolto e di lettura dei diversi mezzi di comunicazione, su qualsiasi piattaforma di distribuzione e di diffusione, si conformino a criteri di correttezza metodologica, trasparenza, verificabilità e certificazione da parte di soggetti indipendenti e siano realizzate da organismi dotati della massima rappresentatività dell’intero settore di riferimento (…)”.
Allo stesso modo, anche a livello europeo, l’EMFA (European Media Freedom Act), all’art. 24, richiede che i fornitori di sistemi di misurazione dell’audience garantiscano una rilevazione e una metodologia che rispetti i principi di trasparenza, imparzialità, inclusività, proporzionalità, non discriminazione, comparabilità e verificabilità.
Secondo i dati Nielsen 2024 l’andamento degli investimenti pubblicitari sul mezzo radio, in crescita del +14,9% nel mese e del +10,3% a gennaio-aprile, a 118,8 milioni, ha portato al sorpasso dei quotidiani, posizionando il mezzo al terzo posto, dietro a digital e Tv. Possiamo considerare la radio il mezzo più attrattivo per utenti e pubblicità?
La radio costituisce un mezzo resiliente nel tempo, che gode di una sua intrinseca attrattività. Si tratta, infatti, di un mezzo poliedrico e versatile: è semplice, diretta, rapida e particolarmente adatta all’ascolto in mobilità e su tutti i device.
Si tratta di un medium che, sin dalla sua nascita, è stato in grado di creare un contatto diretto e senza filtri tra l’ascoltatore e lo strumento di comunicazione, ed è stato subito capace di trasmettere istantaneamente, e a distanza, un’informazione a una quantità smisurata di persone… un vero e proprio social ante litteram.
Negli anni, queste caratteristiche hanno permesso al mezzo radiofonico un andamento abbastanza costante e robusto rispetto ad altri mezzi di comunicazione, che sono stati maggiormente intaccati dall’evoluzione dei consumi.
In due parole stabile e pervasiva: sono questi gli elementi che garantiscono una maggior attrattività, confermata dai dati che lei ha appena ricordato. Ritengo, dunque, tornando alla sua domanda, che siano queste le ragioni che consentono al mezzo di assicurare, nel tempo, una certa stabilità: l’andamento in termini di investimenti pubblicitari, infatti, non “scende” particolarmente nei momenti difficili, mostrando una certa costanza. Certamente ciò è supportato anche dall’evoluzione del mezzo, che ha saputo affrontare con coraggio la sfida del digitale.
La radio è presente su tutte le piattaforme, ma la competizione è fortissima. Cosa consiglierebbe al regolatore per garantire un “level playing field” soprattutto per facilitare l’innovazione?
Condivido la sua riflessione. La competizione delle radio con le piattaforme è innegabilmente enorme. Per far fronte a questo scenario, credo che un level playing field si debba realizzare anche attraverso un’adeguata prominence, per poter garantire agli utenti, indipendentemente dal device utilizzato e su qualsiasi piattaforma, i principi di pluralismo, libertà di espressione, diversità culturale ed effettività dell’informazione. Del resto, la modalità di ricerca e visualizzazione dei programmi è per sua natura suscettibile di orientare le scelte dell’utente giungendo a influenzarne le abitudini di consumo e le stesse preferenze di contenuto. In ragione di ciò, in particolare con riferimento all’informazione, le funzioni di ricerca e visualizzazione dei programmi, che dovrebbero essere improntate a criteri di trasparenza e neutralità, devono imprescindibilmente assicurare i principi di libertà di scelta e di pluralità dell’offerta, secondo le prescrizioni dell’ordinamento europeo. Ciò è tanto più necessario per il settore radiofonico, per il quale devono essere previste, allo stesso modo, soluzioni tecniche che garantiscano adeguata accessibilità e visibilità ai contenuti trasmessi.
In tal senso, AGCom ha previsto, anche per le radio, l’introduzione di un’icona ad hoc, visibile nella home page dei dispositivi, che consente di accedere ai servizi radiofonici di interesse generale distribuiti online.
Fornire adeguato rilievo ai servizi di media radiofonici identificati come servizi di interesse generale, in particolare, sui dispositivi installati sulle automobili e, più in generale, sui dispositivi atti precipuamente alla ricezione di contenuti sonori, mi sembra sia una delle strade da percorrere per garantire il tanto agognato “level playing field”.
Intelligenza Artificiale Generativa/conversazionale: rischi e opportunità…
Disciplinare l’utilizzo dell’AI e le sue modalità di adozione nell’ambito di diversi contesti produttivi e socio-economici è ormai divenuto improcrastinabile. Di AI se ne parla tantissimo, anche recentemente al G7, dove Papa Francesco ha sottolineato l’esigenza di una sua dimensione etica.
Non solo. L’AI – come noto – è stata oggetto di un regolamento europeo (AI Act) che costituisce il primo regolamento al mondo sull’intelligenza artificiale, nell’obiettivo di fissare un quadro normativo armonizzato e proporzionato per l’uso di questa tecnologia innovativa all’interno dell’Unione. Recentemente, a livello nazionale, è intervenuto, in materia, un disegno di legge governativo con l’intento di promuovere “un utilizzo corretto, trasparente e responsabile, in una dimensione antropocentrica, dell’intelligenza artificiale, volto a coglierne le opportunità”.
Una delle caratteristiche principali dell’AI è che essa non rappresenta un settore a sé stante, ma è destinata ad applicarsi trasversalmente a tutti i settori economici, avendo riguardo alle implicazioni dirette e ai rischi connessi alla diffusione di software e altri strumenti tecnologici fondati sul suo impiego.
Ciò, quindi, interessa inevitabilmente anche il settore radiofonico.
Proprio nel disegno di legge che ho citato ci sono spunti interessanti per regolare l’AI nel sistema della comunicazione, settore quest’ultimo per il quale vi è una particolare sensibilità in quanto la “posta in gioco” è molto alta, coinvolgendo i diritti fondamentali. Si toccano aspetti molto delicati, quali il pluralismo dell’informazione, la veridicità delle notizie, l’informazione di qualità, ma anche la tutela dei consumatori e il diritto d’autore.
A riprova di questa particolare attenzione verso il settore in questione, l’art. 4 del disegno di legge si occupa dell’uso dell’AI in materia di informazione, prevedendo la tutela della democraticità e del pluralismo dei mezzi di comunicazione. Il disegno contiene, altresì, una serie di misure da applicare con particolare riferimento all’ambito dell’informazione e alla connessa tutela del diritto d’autore.
Si tratta di una sfida complessa che induce a una riflessione più ampia, di carattere generale sul rapporto tra intelligenza artificiale e regole pubbliche.
Al riguardo, riprendendo le recenti parole di Margaret Vestager, ritengo che vada abbattuto il vecchio cliché secondo cui la regolamentazione di fenomeni come l’intelligenza artificiale si ponga in contrasto con l’innovazione. Piuttosto è vero il contrario.
Le regole sono essenziali per mitigare i rischi che questa tecnologia porta con sé, ma altresì per sfruttare appieno le potenzialità che è in grado di offrire in termini di progresso sociale ed economico per l’intera umanità. Il disegno dei Legislatori – europeo e nazionale – sembra andare proprio verso questa direzione: regolare l’intelligenza artificiale per consentire ai cittadini e alle imprese europee di utilizzarla al meglio in un ambiente quanto più possibile sicuro, trasparente e democratico.
Certo, tutto dipende da come noi, esseri umani, saremo capaci di modellare e usare questa tecnologia, contribuendo a valorizzare i modelli di intelligenza artificiale in chiave positiva e di opportunità.
La vera sfida è allora questa. Tutto molto complesso, certo, ma si può vincere con alcune fondamentali iniziative: utilizzando e aggiornando norme e tutele esistenti e collaborando all’elaborazione di nuovi strumenti ispirati da una visione incentrata sull’uomo.