Gianni Di Giovanni

Di-Giovanni GianniDopo mesi di discussione, il bello spot “Informati, divertititi e condividi esperienze con opere digitali legali: permetterai alla cultura di continuare a fiorire” ci segnala l’entrata in vigore del regolamento messo a punto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per la tutela del diritto d’autore online.
Per quel che concerne le misure previste, che vogliono promuovere l’offerta legale di contenuti digitali e indicano le procedure di enforcement nel caso di violazioni commesse in rete o sui mezzi radiotelevisivi, gli utenti avranno a disposizione un’area dedicata accessibile dal sito web dell’Autorità. Il sistema, messo a punto in partnership con la Fondazione Ugo Bordoni, prevede una procedura specifica e innovativa che sarà interamente telematica, in linea con quanto stabilito dal codice dell’amministrazione digitale.
Nonostante le difficoltà operative e i dubbi in merito (le associazioni Assoprovider, Assintel, Assonet, Movimento di difesa dei consumatori e Altroconsumo hanno già fatto ricorso al Tar per l’annullamento della norma, e la Commissione Europea ha espresso critiche di compatibilità con il diritto comunitario), è evidente che il contesto in cui sono stati definiti i tradizionali diritti di proprietà intellettuale è totalmente mutato nell’era digitale, e lo sforzo di riflessione e mediazione dell’Autorità era assolutamente necessario.
Personalmente però, ritengo che una regolamentazione “locale” – come può considerarsi quella italiana a fronte del palcoscenico mondiale che proprio il web ci ha aperto – sia piuttosto limitata come potenzialità e praticità. In un sistema globale dove tutto si intreccia, si copia e si cita, anzi addirittura nell’era dell’”Internet delle cose” dove gli oggetti parlano fra loro senza bisogno della mediazione umana, non può essere funzionale la garanzia della rimozione, assicurata dall’Agcom in 12 giorni: in 12 giorni il testo “piratato” nel web ha fatto il giro del mondo e ritorno!
In qualche modo, il tema secondo me è più tecnologico, che regolamentare: non so ancora come, ma sono certo che qualcuno nella Silicon Valley o in una scuola elementare dell’Aquila – fa lo stesso – sta già disegnando un sistema di intelligenza artificiale che riconosca e sia in grado di vietare alla fonte la divulgazione di testi sottoposti a diritto d’autore, l’unico modo in cui bloccare – perlomeno per qualche tempo – efficacemente i tentativi di pirateria.
Anche se la strada quindi è ancora lunga e soggetta ai naturali “aggiustamenti” di rotta dovuti all’esperienza e all’attuazione pratica, il nuovo regolamento fornisce comunque indicazioni precise rispetto al quadro normativo italiano e rappresenta un momento di grande mediazione tra le istanze degli autori, gli interessi degli operatori della rete e le libertà degli utenti. Certamente un nodo cruciale, da monitorare con attenzione, sarà per noi il tema dei “contenuti giornalistici catturati dagli aggregatori di notizie digitali” ( gli aggregatori di notizie, pur citando sempre la fonte, di fatto traggono profitto dal lavoro di altri senza condividere le revenue con i creatori originari), mentre da una prima lettura del provvedimento ipotizziamo che già dovrebbe essere possibile intervenire sulla banale “copia” delle notizie in rete da parte di altre testate giornalistiche che, disponendo di risorse limitate, attingono dai contenuti presenti sul web per alimentare il proprio notiziario e arrecano danno agli editori che in una singola notizia hanno investito risorse economiche e professionali.
In ogni caso, per un produttore di contenuti si tratta comunque di un passo avanti verso la tutela della creatività nell’ambiente digitale e la promozione di nuovi modelli di business (vedi le innovative soluzioni sperimentate ed ormai consolidate come Spotify e Deezer per l’industria musicale, Apple Tv-iTunes per quella cinematografica, o le ultime offerte multimediali di Sky e Mediaset).
È questo, soprattutto, l’aspetto più apprezzabile del nuovo regolamento: la consapevolezza espressa che la lotta alla pirateria non possa limitarsi ad opera di contrasto, ma debba essere accompagnata ad azioni positive volte a promuovere la creazione di valore e una cultura della legalità nella fruizione dei contenuti.

Gianni Di Giovanni

Articolo precedentePellegrini (FUB): “La rapidità del sistema a tutela degli autori”
Articolo successivoICT Days Trento, Panel Big Data (Territory & Business)
Gianni Di Giovanni
Giornalista, è amministratore delegato dell'Agi. Laureato in Scienze Politiche all'Università La Sapienza di Roma, dopo una prima esperienza di lavoro nel gruppo Iri, consegue la specializzazione presso la Scuola Superiore di Giornalismo dell’Università Cattolica di Milano, dal 1994 è direttore delle Relazioni Esterne di Stet International e direttore Istitutional Affairs di SMH e Stet International Netherland fino alla nomina, nel 1998, a responsabile della comunicazione di TIM. Da novembre 2000 a dicembre 2006 è stato direttore Relazioni Esterne di Wind. Da gennaio 2006 è in Eni per coordinare il lavoro del dipartimento della comunicazione dell’azienda sparsi in quasi tutto il mondo. È direttore della rivista Oil il magazine, cartaceo e digitale, voluto da Eni che si pone come interlocutore privilegiato rispetto alle tematiche in campo energetico, e del periodico Professione Gestore. Da luglio 2012 è prima presidente poi amministratore delegato dell'agenzia di stampa Agi. È docente presso il Master in Media Relation e Comunicazione d'Impresa dell'Alta Scuola in Media Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano e presso il Master in Digital Journalism del Centro Lateranense Alti Studi - CLAS della Pontificia Università Lateranense in Roma. Da settembre 2013 è vicepresidente della categoria agenzie nazionali di stampa della Fieg.