“C’è un rapporto difficile di fiducia tra cittadini e mondo del giornalismo. Noi dobbiamo capire che il mondo dell’IA non è esterno al giornalismo, basta snobismo, dobbiamo inglobarlo e regolarlo”. La frase è di Alberto Barachini, sottosegretario di Stato con delega all’informazione e all’editoria. L’occasione per lanciare questa visione è la presentazione del Report 2025 dell’Osservatorio sul Giornalismo Digitale nella sede dell’Ordine dei Giornalisti.
Commissione Ai e decreti
Barachini tiene a sottolineare che il governo si adopera per proteggere il sistema editoriale nazionale con iniziative che si collegano anche alle normative europee: “Abbiamo la Commissione sull’intelligenza artificiale – aggiunge – c’è il ddl all’esame del Senato. Un provvedimento che tutela fortemente il diritto d’autore, e che si focalizza sul nuovo reato di deepfake e sulla necessità di spingere gli editori ad avere codici di autoregolamentazione sull’uso dell’intelligenza artificiale all’interno delle redazioni”.
Vendite di giornali sempre in calo
In questo contesto però il dato costante è il calo delle vendite e a questo proposito Barachini sostiene che bisogna trovare strumenti nuovi, bisogna che da una parte i giornalisti e dall’altra gli editori partecipino al processo in atto. E’ Carlo Bartoli,presidente dell’ordine nazionale dei giornalisti, a ribadire che “siamo di fronte a tendenze globali che sembrano irreversibili per quanto riguarda il sistema dei media: calo delle vendite dei giornali, sia in carta che digitali, calo dei lettori, poca fiducia nei giornalisti. Uno scenario cupo determinato dall’affermarsi del web, dei social media e, oggi, dell’intelligenza artificiale”.
Osservatorio sul giornalismo digitale
Queste riflessioni vengono dall’incontro dell’Osservatorio sul giornalismo digitale che si pone l’obiettivo di studiare, analizzare e comprendere gli scenari e le dinamiche strutturali del giornalismo nella sua continua evoluzione e nei suoi profondi cambiamenti. Questo è il progetto del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, nell’ambito di competenza della Commissione cultura che è riconosciuto da autorevoli istituzioni nazionali nel campo regolatorio dell’informazione e della comunicazione quali AGCOM e Garante Privacy.
Think tank
Questo “think tank” cerca di mettere a fuoco a grandi linee le tendenze dell’informazione professionale, e approfondisce aspetti specifici per elaborare proposte e interventi nell’interesse non solo della categoria, ma di tutti i cittadini. Perché la funzione costituzionale dei giornalisti è quella di garantire il diritto di tutti ad essere correttamente informati. Forse dobbiamo avviare una riflessione su cosa significa oggi essere correttamente informati in un mondo in mutazione veloce. “Il rimbalzo di Facebook sui siti giornalistici è calato – scrive De Biase – 67% in meno e quello di X registra un 50% in meno”.
E il giornalismo dove va?
Questo terzo rapporto, cerca di individuare la collocazione del giornalismo che sempre più compresso dalle grandi piattaforme digitali, resiste. Ma deve rinnovarsi mantenendo salde le proprie radici e i suoi valori fondamentali. Il rapporto evidenzia che appiattirsi sul linguaggio del web, allinearsi ai social, si è rivelato inutile impoverendo ampi settori della professione. Lo stesso vale per l’Intelligenza artificiale: demonizzare o farsi fagocitare non va bene. Fortunatamente la storia ci insegna che la professione è sopravvissuta a tutte le evoluzioni tecnologiche: dal caldo al freddo, dalla macchina da scrivere ai computer e poi al digitale.
Boomers ultimi lettori
Per Marco Pratellesi noi boomers siamo l’ultima generazione di lettori assidui dei giornali. Dal 1964 in poi è iniziato il calo costante. Prevedibile? Forse, ma il punto è che è mancata una chiara visione di come portare l’innovazione nei giornali senza stravolgerne il DNA.
Nel suo testo dal titolo intrigante “la tempesta di sabbia e lo struzzo” Pratellesi scrive:
“Le grandi piattaforme, da Amazon a Google e Facebook, tendono al monopolio e i monopolisti, da quando il mondo è mondo, non amano condividere adeguatamente i proventi con gli altri”. L’indignazione che prevale rispetto alla verità è un modello di business ormai noto. Pratellesi precisa che “Se affidiamo agli algoritmi la missione di creare coinvolgimento tra le persone, non c’è da stupirsi se poi, sulla base di milioni di dati estratti dagli utenti, gli algoritmi imparano che una buona parte (maggioritaria?) degli esseri umani si lascia coinvolgere più dalle teorie complottistiche e dall’incitamento all’odio che dai discorsi di ricerca della verità”.
Andare vedere raccontare
E poi ricorda che forse “i giornali, sommersi anch’essi dalle notizie che circolano in rete, si sono dimenticati della pratica fondativa della professione: andare, vedere, raccontare”. I giornalisti, in effetti raccontano storie nuove mentre le macchine riportano tutto quanto già esiste, come ha detto Giampiero Gramaglia durante un incontro TuttiMedia.