La più fortunata interpretazione della nostra società è quella di società liquida di Zygmunt Bauman. Per il sociologo polacco l’incertezza sociale, generata dal collasso delle predefinite strutture sociali ed acuita dalla profonda sensazione di ansia che ad essa si accompagna, si fa, per questo, individuale. Ed in questo mondo soffocantemente ansiogeno prevalgono forze quali l’industria della paura (si vedano i recenti casi dell’Ebola e dell’ISIS) ed il riemergere di latenti forme di razzismo corredate dai più moderni hashtag, in un inquietante mix neo-moderno (“zio Adolf non è che aveva sempre torto… #‎incontrimultirazzialipocograditi‬†è il post di un mio amico su Facebook).
Fattore decisivo nella liquefazione della società è stato senz’altro lo sviluppo tecnologico: questo ha permesso di vincere il reticolo cristallino sociale tramite l’immissione di nuova energia nel sistema (in questo caso tecnologica, piuttosto che termica). Come nelle più classiche reazioni di fusione, tale passaggio ha portato ad un aumento di volume, ossia alla globalizzazione.
Il danno collaterale più evidente di questo passaggio solido-liquido è stato non solo la precaria stabilità dell’individuo-atomo nel reticolo-società , ma anche l’allontanamento reciproco degli individui, con il risultato, come detto sopra, della creazione di un mondo ansiogeno e del riemergere di forme di razzismo e nazionalismo.
L’analisi, tuttavia, non va conclusa ad un livello sociale, ma deve giungere ad interessare, in maniera decisiva, il piano del potere. La crisi degli Stati e del loro ruolo politico risulta, infatti, riconducibile all’evaporazione, concreta, del potere statale, intesa come “trasferimento di funzioni dello Stato all’economia mondiale†(U. Beck). In sostanza, l’insufficienza della democrazia rappresentativa è un problema non locale, non spaziale, ma a-spaziale, e si ricollega, inevitabilmente, alla liquefazione sociale.
L’economia politica globalizzata – per alimentare se stessa e per spezzare i vincoli della rappresentanza – ha travalicato i confini dello spazio, globalizzando il mondo, rendendolo singolo ed infinito. Non sono più i governi, politicamente e spazialmente definiti, ma è un’economia mondiale – non legittima né legale, in altri termini translegalizzata (per usare un’espressione che Beck riprende da Max Weber) – a governare il mondo. Si assiste, in pratica, al “declino della legittimazione del potere†ed all’alba di un potere translegale, che ripudia la democrazia rappresentativa (secondo il modello congiuntivo bottum-up) e fa proprie le forme di governo tecno-elitarie (secondo il modello etereo top-down, dove cioè le linee del potere non toccano mai i punti più bassi della società , cioè i cittadini).
In altri termini, la liquidità moderna è la più classica delle conseguenze di un mondo esteso all’infinito e, per questo, a-spaziale. Come nella più logica legge della fluidodinamica, il liquido tende ad accumularsi sul fondo. E lo spazio è vuoto. Il rapporto dell’individuo con il mondo sociale è non più cristallino, cioè solido e definito, ma fluido e, per questo, precario.
Il paradosso è che all’aumentare della fluidità , cioè della flessibilità e della possibilità in quanto tale, corrisponde non tanto un aumento della libertà , ma l’incapacità dell’individuo a rendere pieni gli spazi sociali. Ed in tali spazi gioca il suo ruolo, straordinario e predominante, l’economia. Ed il binomio liquidità -consumismo è infatti inscindibile per Bauman.
È lì dove il contenitore sociale si svuota, che si inseriscono “le monete”. È questo paradossale salvadanaio sociale a costituire il più grande vincolo alla libertà . E quanto più l’invasione capitalista riempie nuovi territori (secondo la legge dell’inutilità di un mondo a-capitalista), tanto più i legami sociali, spesso ancora tribali, si rompono e la società si liquefà , aprendo nuovi spazi a tale salvadanaio globale capitalista. In questo contesto, il rischio è che il passo successivo sia l’evaporazione della società . La definita espansione dello spazio globale porta infatti, inevitabilmente, alla vaporizzazione non solo della politica, ma anche dell’individuo.
L’analisi di Bauman si conclude, espressamente, con Adorno: “la presenza costante della sofferenza, della paura e della minaccia rende necessario che il pensiero che non può essere realizzato non deve essere messo da parte. Essere fraintesi dal senso comune è il privilegio, persino il dovere della filosofiaâ€.
In fondo, il messaggio è ancora nella bottiglia.
Raffaele Vanacore