Negli ultimi anni, grazie al forte incremento dell’innovazione tecnologica, si è assistito ad una sostanziale evoluzione dell’identità umana: da esclusivamente fisica a identità digitale.
La trasposizione di gran parte delle attività, sia professionali che private, in uno spazio digitale, dilatato all’infinito, ha favorito l’ingresso dell’uomo in un nuovo habitat, quello appunto digitale.
E, se la ricerca contemporanea, grazie all’informatica e a Internet, ha prodotto una straordinaria capacità di semplificazione e facilitazione di procedure lavorative, nonché di esponenziali collegamenti, contatti e relazioni tra persone, impensabili prima, il rovescio della medaglia di tale trasformazione paradigmatica, è la centralizzazione dei dati personali, ossia l’archiviazione e il trattamento delle informazioni di ciascun individuo che abbia accesso alla Rete, da parte dei colossi del web, i GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft).
E’, ormai, ampiamente evidente come sia impossibile sfuggire al controllo e alla profilazione, che l’elaborazione delle informazioni personali consente, ma la Blockchain, anche in questo caso, segna la soluzione, per restituire l’esclusiva proprietà dei propri dati agli utenti di Rete, il che equivale a restituire loro, dignità e facoltà di scelta.
Libertà e riservatezza sono infatti le armi con cui la Blockchain difende l’identità digitale dagli interessi economici e dal cybercrime, che fanno dei dati personali, l’ambito trofeo da ottenere, poiché ogni informazione lasciata inevitabilmente nel web, produce valore.
Ideata e realizzata per assecondare la forte necessità di privacy – teorizzata dal movimento libertario dei Cypherpunk – la Blockchain, refrattaria ad ogni forma di centralizzazione, consente l’applicazione del SSI (Self Sovereign Identity), ossia la gestione, da parte dell’utente delle proprie informazioni che, coperte da crittografia, sono di impossibile accesso se non si dispone della chiave privata, in esclusivo suo possesso.
Proteggere la sovranità relativa alla propria identità digitale, esattamente come si tutela l’identità fisica, deve essere la sfida e il must di un approccio nuovo alla Rete, poiché è già avvenuta la piena traslazione e identificazione, in tutti i paesi tecnologizzati, dell’io fisico con l’io digitale.
Troppo spesso, la violazione all’articolo n°12 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, viene praticata in Rete ma, con l’evoluzione del web 3.0 nella tridimensionalità e nei Multiversi, se i dati personali non saranno blindati, a garanzia della dignità e dell’autonomia della persona, Internet, molto più di adesso, diverrà un pericolosa e accidentata langa senza regole né etica.
Infatti, con la corsa al 3D e al Metaverso, che sostituiranno in toto le pagine di Internet, per dare vita agli avatar degli utenti che popoleranno la Rete, sarà necessaria la raccolta dei loro dati biometrici, così da rigenerarne virtualmente, nel modo più fedele possibile, sembianze, fisiologia e fisionomia.
Allora si apriranno due scenari: preservare, grazie alla Blockchain, dati sensibilissimi che potrebbero causare stigma, discriminazione o pregiudizio, evitando un grave danno alla dignità della persona oppure, persistendo nella centralizzazione delle informazioni, darli in pasto ad estranei, per marketing o crimini digitali.
Nel secondo, terribile caso, un futuro distopico segnerà, inevitabilmente il tempo a venire.



Articolo precedenteSiddi: “Berlusconi protagonista dell’impresa e della storia italiana di mezzo secolo”
Articolo successivoUcraina: la controffensiva può determinare l’esito del conflitto
Michela Fioretti
Michela Fioretti si è laureata con lode in Materie Letterarie, indirizzo Filologico Moderno, all'Università La Sapienza di Roma. Dal 2005 è insegnante presso Roma Capitale e, come freelance, svolge l'attività di ghostwriter ed editor (tra i testi curati, degno di nota, per il tema dei diritti civili e, in particolar modo delle donne, è "Ti racconto l'Iran. I miei anni in terra di Persia" Armando Editore 2018, con prefazione di Dacia Maraini, della giornalista e antropologa culturale Tiziana Ciavardini). Dopo la triennale partecipazione alla masterclass "Scrivere una canzone", ha vestito con i propri testi le note del musicista e musicologo Marco Freni. In tale produzione, anche Bucaneve, canzone utilizzata da Amnesty International, nella versione francese e con declamazione in lingua pashtu, quale strumento di sensibilizzazione contro la violenza di genere. Negli ultimi cinque anni, da madre e insegnante, in primis, ha dedicato attenzione e studio all'innovazione tecnologica, così da comprendere con una lettura critica, per poi farsi ponte, la trasformazione del nostro tempo, dovuta alla digitalizzazione. Ha frequentato, conseguendone l'attestato, il corso di alta specializzazione Blockchain-Elite che, con i più qualificati docenti in campo internazionale, le ha offerto una visione trasversale del cambiamento in atto, da quella filosofica, sociologica e antropologica, a quella espressamente tecnologica, fisico/matematica. La sua frase ispiratrice, da sempre, è quella di Fernando Pessoa "Non sono niente. Non sarò mai niente. Non posso voler essere niente. A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo", a raccontare per lei che, nell' umiltà del piccolo, è racchiusa tutta la potenza dell'Universo perché, solo chi sogna può muovere il mondo e, talvolta, sovvertirne le regole.