Da qualche giorno ho finito di leggere il libro Il Filtro, quello che internet ci nasconde, Libro che mi positivamente colpito per le sue diverse chiavi di lettura. Se da una parte il libro approccia l’accesso alle informazioni in modo tecnico dall’altra trova percorsi di lettura dal respiro molto più ampio.
Quante informazioni “sensibili” sui nostri gusti e le nostre necessità vengono catturate a scopi per i quali non siamo informati in modo trasparente?
Secondo uno studio del Wall street Journal i cinquanta siti più popolari, dalla Cnn a Yahoo a MSN installano in media 64 cookie e beacon carichi di dati su noi utenti. Se per esempio proviamo a condividere un articolo di cucina di Abc News saremo inseguiti da pubblicità delle pentole in teflon.
[quote align=”center” color=”#999999″]Oggi la rete non soltanto sa che sei un cane, ma anche che razza sei, e vuole venderti una ciotola di cibo[/quote]
Eli Pariser così racconta nel suo libro l’evoluzione della rete come un mondo che ci ha dato l’illusione di aver eliminato intermediari ma che in realtà li ha solo cambiati.
Questo libro mi ha colpita perché si interroga su come “il filtro”, applicato alle più grandi e più visitate porte di accesso all’informazione on line, diventi necessariamente il filtro alla cultura. Lo sta facendo così tanto che il Wall Street Journal, che ha studiato il fenomeno dei link più popolari in rete, ( ad esempio: io che navigo su Facebook e Google faccio click su un link dei risultati sui motori di ricerca o condivido una foto di amici: queste azioni modificano i risultati di ciò che vedo) si interroga su questa metodologia di gestione delle priorità e appunto dei “filtri”.
L’autore del libro in diversi passaggi parla della “bolla dei filtri”: identifica così questa quest’ area che accompagna il nostro vissuto; “la bolla dei filtri ci circonda di idee che ci sono familiari (e sulle quali siamo già d’accordo), rendendoci eccessivamente sicuri dei nostri schemi mentali. La medesima bolla  rimuove dal nostro ambiente alcuni degli stimoli più importanti che ci fanno desiderare di imparare: [quote align=”center” color=”#999999″]La bolla ci nasconde le cose in modo invisibile, non siamo stimolati a imparare quello che non sappiamo[/quote]

,  scrive Eli Pariser.
Di fatto le regole che manovrano i maggiori strumenti che utilizziamo per l’accesso alle informazioni come per esempio Google e Facebook non sono trasparenti. Questo punto è cruciale, noi utenti siamo un prodotto per il mondo li fuori che ci consiglia oggetti e servizi più o meno appropriati, ma sopratutto ci limita nella ricerca di informazioni “culturali” e di apertura verso il confronto. Questo tipo di “risposta” alla ricerca di informazione modellata sulle nostre scelte precedenti, chiuso, referenziale e che si annida su se stesso è probabilmente deleterio sopratutto per chi caratterialmente tende a chiudere lo spettro e oscura la bellezza di partire per scoperte, osservazioni e tesi completamente diverse dalle proprie, che da sempre possono accrescere noi e gli altri.

Articolo precedenteICT Days – Orizzonti 2016: 2-3-4 aprile a Trento
Articolo successivoBig Data, matrici e algoritmi opachi.
Cristina Raso
Project Manager e Account Manager con propensione alla consulenza, con 7 anni di esperienza nel mondo del Web Marketing, della Comunicazione e dell'eBusiness su diversi mercati (Finanza, Grande Distribuzione, Moda, Automotive), dopo un Master in General Management presso la Scuola Sant'Anna di Pisa inizia la sua carriera in Piaggio. Dal 2011 in Blastness si occupa in particolare dell'area Web Marketing. Attenta alle nuove tendenze tecnologiche, al Web 2.0 ed al Social Media Marketing, scrive in alcune riviste on-line che si occupano di Comunicazione e Marketing.