Lo sviluppo delle tecnologie sta aprendo scenari in continua evoluzione per il mondo della comunicazione; nuove forme d’informazione che però hanno necessità di un solido substrato culturale per essere convincenti e affidabili. È il concetto di Cultural Intelligence a doverci guidare: mettersi nei panni degli altri, degli utenti finali, per capire le loro esigenze. Per fare ciò bisogna avvicinare i due tipi di cultura operanti nella società di oggi: da un lato la cultura tradizionale-umanistica (le cosiddette arti classiche) dall’altro la cultura tecnologico-digitale. Il futuro si costruisce nel presente, per questo è necessario colmare il gap tra questi due mondi. Avrebbe ricadute positive su molti settori, in primis sul lavoro. Abbiamo gli strumenti di produzione più evoluti e intuitivi da usare. Con un po’ di fantasia si possono inventare linguaggi nuovi; i media digitali, per loro natura, sono il fulcro di questa spinta innovatrice. Maria Pia Rossignaud, da vicepresidente dell’Osservatorio TuttiMedia spiega che l’associazione, ancor più quest’anno, vuole impegnarsi a colmare il gap che divide la cultura classica dalla tecnologia. Ecco perchè l’Osservatorio TuttiMedia, arrivato al ventesimo anno d’attività, organizza ‘incontri con i protagonisti dell’informazione, allo scopo di raccogliere opinioni sul tema. E l’opinione di Mario Calabresi in questo senso è quantomai ricca di spunti. Il neo direttore del quotidiano La Repubblica è, infatti, tra i maggiori sostenitori della necessità di una svolta digitale per i giornali; per questo, già da direttore de La Stampa, ha tentato di dare alle sue redazioni una spinta verso il futuro.
“In Italia – sottolinea Calabresi – c’è un divario importante tra quello che viene insegnato e la realtà del mondo in cui le conoscenze vanno applicate”. Un discorso che vale per tutti i livelli, anche per l’informazione; spesso si rifugge dalle nuove tecnologie, si rimare legati a modelli formativi di tipo “classico” che però danno un contributo limitato alle nuove generazioni: “È come se dessimo loro una cassetta degli attrezzi che non contiene gli strumenti adatti per affrontare le sfide che il mondo digitale lancia quotidianamente – dice il direttore di Repubblica – Dando, invece, le giuste chiavi di lettura a chi ha capacità e voglia di fare lo si potrà aiutare a diventare protagonista del mondo di domani”.
I giornalisti di oggi vivono una contraddizione interna: gli ultimi arrivati hanno capacità di gestione delle risorse digitali senza pari ma le hanno apprese durante esperienze esterne al mondo dell’informazione. Ripensare le scuole di giornalismo, innovandole e predisponendole all’insegnamento delle competenze veramente utili nel mondo del lavoro, potrebbe essere un buon punto di partenza. In questo senso Calabresi porta ad esempio il suo giornale: “a Repubblica quasi tutti quelli che si occupano di multimedia vengono da altri mondi, sono stati instradati ai linguaggi giornalistici all’interno delle aziende o per percorsi formativi personali”.
Ma questo non vuol dire che il passato sia tutto da buttare, che bisogna per forza cambiare tutto; ci sono ancora de punti fermi da cui non si può prescindere. “Il DNA del giornalismo – per Calabresi – deve rimanere lo stesso di sempre, rispettando le regole classiche della buona informazione (l’attendibilità, la correttezza, ecc.). Indipendentemente dalle piattaforme e dai formati usati per veicolare i fatti”.
Parallelamente, però, non si può far finta di niente e andare avanti senza osservare che la gente ha ormai cambiato le sue abitudini quando vuole aggiornarsi. Bisogna dare alle persone il prodotto nelle forme che preferiscono.
Per capire però la giusta direzione da prendere, non appena arrivato alla guida del quotidiano romano, ha voluto avere una fotografia dell’utente di oggi. Alcuni risultati sono stati quelli previsti: come il fatto che i lettori che ancora acquistano il giornale cartaceo appartengono alle vecchie generazioni, gli under 25% sono una rarità. Ma se si sposta il focus sui lettori digitali il target diventa più confuso, per il semplice fatto che la fruizione dei contenuti in Rete coinvolge oggi praticamente tutti, senza distinzione di età, sesso e condizione sociale. “Un dato che, ad esempio, mi ha sorpreso – ammette Calabresi – è che le donne over 50 che leggono Repubblica hanno scelto come principale canale d’informazione la pagina Facebook ufficiale del giornale”. Uno dei segnali più eclatanti del cambiamento in atto. Sono mutate le abitudini, di tutti: in molti casi i tablet e gli smartphone hanno sostituito la tv; ognuno vuole scegliere i contenuti da leggere e guardare; l’informazione visual è attualmente il modo migliore per intercettare lettori (o, sarebbe preferibile dire, utenti).
“Il giornale, inteso nel senso classico – continua il direttore di Repubblica – non esiste più. Le nostre teste si sono abituate a una velocità nettamente superiore. Bisogna perciò innovare e differenziare i contenuti per essere convincenti e attraenti. Nella maggior parte dei casi bastano i contenuti online per informarsi; sul cartaceo sarebbe preferibile orientarsi più verso l’approfondimento – sul racconto “disteso” – che verso la notizia pura; dando chiavi di lettura, codici d’interpretazione della realtà. È un esercizio dietro cui c’è un notevole lavoro ma è l’unica strada per dare opportunità di crescita a questo settore”.
Bisogna sapere che i linguaggi da usare oggi sono diversi dal passato, soprattutto se ci si rivolge ai “nuovi lettori”, ai nativi digitali. Ogni piattaforma ha i suoi codici e registri. Gli editori investono ancora risorse marginali sul mobile, limitandosi il più delle volte a portare sul digitale la versione cartacea del giornale. Per non parlare dell’interattività dei contenuti, ancora abbastanza insoddisfacente (soprattutto se messa a confronto con altri tipi contenuto multimediale: giochi, video, ecc.). Forse anche per questo l’informazione fa ancora fatica a imporsi sul digitale.
“La grande sfida di domani – per Calabresi – sarà raggiungere gli stessi standard di qualità e complessità dell’informazione su tutti i media, per poter arrivare a tutti i tipi di pubblico, anche a quelli cresciuti con i nuovi linguaggi. Persino gli argomenti più ostici e tecnici, se proposti in maniera smart, interattiva, intuitiva, possono incuriosire qualsiasi generazione di lettori”.
Per fare questo bisogna sperimentare, i diversi modi in cui si può declinare un messaggio oggi sono tutti complementari tra loro. Prima di elaborare qualsiasi strategia, però, è fondamentale osservare e conoscere a fondo l’ecosistema con cui andremo a interagire.
“Abbiamo avuto degli anni terribili alle spalle – conclude Mario Calabresi – ma oggi, finalmente, si vede all’orizzonte un modello di business che renda sostenibile il cambiamento tecnologico”. È compito delle grandi testate fare da battistrada. Dando loro l’esempio e dimostrando che l’innovazione sia una strada percorribile potranno essere emulate, in un futuro si spera non così lontano, anche dagli altri.