Francesco Cavallaro, Segretario generale della CISAL (Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori), prima organizzazione sindacale italiana riuscita a coniugare il principio del Sindacalismo Autonomo con quello della Confederalità parla dipolitiche del lavoro stravolte dalla tecnologia. Secondo quanto riportato dal Il Sole 24 Ore il 49% nei lavori svolti attualmente da persone fisiche sarà automatizzato. I dati sono tratti dallo studio McKinsey Global Institute su 54 nazioni, per un totale di circa il 78% dei lavoratori del pianeta. In Italia sono coinvolti il 50% dei compiti, per un totale di 11,8 milioni di lavoratori.
Come affronta il sindacato CISAL la trasformazione digitale e quanto incidono le competenze digitali sulle linee guida che il sindacato dovrà adottare nei prossimi anni?
“Le competenze digitali sono una priorità anche per noi, in un mondo tecnologico che cambia alla velocità della luce il sindacato non può ignorare la trasformazione, ma laddove possibile, ha il dovere di anticiparne le conseguenze con pratiche e pensiero innovativi. Solo così continuerà ad essere in grado di tutelare i lavoratori”.
Sindacato e digitale un matrimonio in arrivo….
“Il governo deve fornire delle linee guida e il sindacato deve sensibilizzare, spingere, promuovere iniziative per arrivare ad una regolamentazione seria. Certo, ci vuole tempo e uno sforzo da parte di tutti. In Italia gli occupati nel settore ICT sono solo il 2% nell’UE il 13%, possiamo recuperare ma dobbiamo fare in fretta. Purtroppo l’Italia non ha un piano industriale per uscire dalla crisi. Il vero problema è che non abbiamo pensatori ed invece c’è sempre bisogno di pensare. Bisognerebbe creare un osservatorio di pensatori che metta su carta delle proposte per il governo affinché determinate categorie di lavori non vadano a scomparire, tipo la carta stampata o la figura professionale del giornalista. C’è esigenza di cultura ancor più oggi con le nostre protesi tecnologiche che ci danno l’idea di essere onniscienti. Ieri come oggi il Sindacato è il campanello d’allarme di un disagio che va gestito. L’uomo deve essere aiutato dalle macchine a vivere meglio, non può esserne soffocato”.
Anticipare le rotture per evitare i fallimenti è un metodo utile anche per il sindacato?
“Il sindacato non è coinvolto nella gestione dell’azienda, e dunque non può intervenire direttamente sui piani industriali. Può fare molto però nell’ambito della formazione che deve promuovere e diffondere competenze e conoscenze utili all’oggi. Il mondo è cambiato rapidamente, con il processo di ammodernamento e digitalizzazione alcuni tipi di lavoro scompaiono, ormai è evidente, ma se ne creano di nuovi che hanno bisogno di persone con specializzazioni e competenze diverse. Il sindacato deve aiutare coloro che devono riqualificarsi”.
Tutta questa tecnologia spaventa?
“Ogni epoca ha avuto le sue difficoltà e le sfide da affrontare, oggi manca una visione complessiva quale stimolo alla creazione di progetti che siano indirizzati a mantenere un equilibrio economico e sociale”.
In questi giorni i giornali parlano di ricchezza distribuita nelle mani di meno dell’8 % della popolazione mondiale…
“E’ paradossale, la notizia va anche intesa quale stimolo per associazioni, sindacato, società civile, imprese alla creazione di un tavolo, dove si progetti insieme il futuro. In questo modo la società civile può proporre al legislatore possibili soluzioni, anche grazie a noi perché siamo radicati nel mondo del lavoro e dunque abbiamo la possibilità di anticipare il futuro dal punto di vista delle esigenze del lavoratore”.
Chi si ferma è perduto?
“La ricerca è il cuore del progresso. Porto un esempio: molti anni fa la FIAT era all’avanguardia dal punto di visto automobilistico, ad un certo punto la ricerca è stata bloccata ed ecco che altre aziende come l’Audi, che invece ha costantemente investito in questo comparto, sono ora leader del mercato”.