Il Centro Studi Europeo ha lo scopo di promuovere la conoscenza scientifica e la diffusione delle politiche digitali europee per contribuire a fornire ai Cittadini e alle PMI, nel contesto della trasformazione digitale, l’autonomia e la responsabilità necessarie per realizzare un futuro digitale antropocentrico, sostenibile e più prospero, in una prospettiva di digitalizzazione e la sovranità tecnologica in un mondo sempre più interconnesso.
Mi onoro di farne parte, pertanto ringrazio Vittorio Calaprice, presidente del comitato scientifico, e Davide Maniscalco, presidente del Centro Studi che mi hanno coinvolta in questa nuova e attualissima avventura.
Il Centro Studi è un’istituzione indipendente, privata e senza scopo di lucro che promuove il dibattito e propone soluzioni alle sfide della politica italiana ed europea.
Questa settimana propongo all’attenzione dei lettori il testo di Marco Braccioli (member of the Centro Studi Europeo Steering Committee) che ci propone uno spaccato su:
Digitalizzazione e Cyber Security: lo stato dell’arte in Italia
La riflessione propone un quadro di criticità che si collegano all’allarme che viene dalla relazione annuale del DIS e che punta l’attenzione sulle minacce ibride.
E a questo proposito Marco Braccioli nel suo articolo invita ad agire perché se fra gli scopi del PNRR c’è quello di “accrescere il livello tecnologico e la connettività del Paese, ciò implica un inevitabile accrescimento dell’esposizione sulla Grande Rete Internet delle nostre infrastrutture, amministrazioni ed aziende”.
Insomma il rischio cyber, ossia quello di essere colpiti da un attacco di qualche attore “malevolo” (ricercatore, cyber criminale, hacktivista, forza armata, etc.) aumenta. A questo proposito Braccioli precisa: “Ricordiamoci sempre, che al giorno d’oggi, nel difendere un qualsiasi sistema informatico di una certa importanza (strategica, economica, tecnologica) esposto sulla Rete, non bisogna chiedersi SE verrà attaccato, ma QUANDO questo accadrà”.
Tutti noi ricordiamo gli attacchi all’Azienda Sanitaria Locale dell’Aquila (maggio), al Ministero della Difesa (agosto), al sito Web del Comune di Roma (settembre) e all’Agenzia delle Entrate (ottobre). “Secondo il Clusit, il 2023 rivela una situazione preoccupante per quanto riguarda gli attacchi cyber in Italia – precisa Braccioli – con un aumento del 40% degli incidenti rispetto al primo semestre del 2022. Il rapporto, (basato sulle segnalazioni di incidenti raccolte da Clusit e dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni), indica che il settore più colpito è stato quello manifatturiero, con il 28% degli incidenti; seguono il settore pubblico (20%), il settore dei servizi (19%) e il settore finanziario (13%)”.
Il più comune fra gli attacchi è quello di tipo phishing, che utilizza messaggi di posta elettronica o SMS fraudolenti per indurre le vittime a fornire dati sensibili; l’aumento è del 15%. Ecco perché il testo di Marco Braccioli è un invito a considerare più investimenti per la protezione del nostro perimetro: “Non si può continuare a considerare la cybersecurity come fosse un’assicurazione RCA che va pagata al pari di una tassa, e quindi non costruita attivamente, ma subita”.
Il testo completo si può leggere qui
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