“C’eravamo tanto amati”: più che ammiccare a un noto film di Ettore Scola Anni Settanta, il titolo del bel volumetto di Pier Virgilio Dastoli e Roberto Santaniello appena pubblicato da Egea evoca un successo Anni Cinquanta di Achille Togliani, ‘Come Pioveva”: “C’eravamo tanto amati, per un anno e forse più; c’eravamo poi lasciati, non ricordo come fu”, cantava quel crooner ante litteram, campione del melodico all’italiana. L’atteggiamento dell’opinione pubblica italiana nei confronti dell’integrazione europea ricorda, oggi, un amore sfiorito, sbiadito, dimenticato; e la cui delusione ha lasciato strascichi di rimpianto, rancore, rivalsa.

Eppure, il dibattito pubblico che ha preceduto le elezioni politiche dello scorso febbraio ha investito il tema dei rapporti tra l’Unione europea e l’Italia, sottolineando l’importanza per il Paese dell’esistenza di un’Europa democratica, costruita su basi federali e dotata di un sistema di governo efficace. Nella prefazione al libro, Romano Prodi, presidente della Commissione europea dal 1999 al 2004, scrive che “per rilanciare l’Europa, rispondere ad ansie e timori e avere un ruolo decisivo in questo processo, l’Italia non può che riprendere da subito il cammino da formichina capace, tuttavia, di preparare il futuro”, dopo essere stata, insolitamente per lei, cicala per diverse stagioni.

“Quale Italia conviene all’Europa?, quale Europa conviene all’Italia?” sono alcune delle domande che Dastoli e Santaniello si pongono e ci pongono, dopo vent’anni di Unione europea, ormai lontani dagli interrogativi per l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, ma ancora dentro gli affanni della crisi giuntaci nel 2008 dagli Stati Uniti. Le sfide, oggi, sono ancora numerose: completare l’unione monetaria con l’unione economica; affrontare l’insostenibilità della disoccupazione; superare le incertezze sul modello europeo di tutela sociale; puntare all’unione politica.

Nel loro libro, Dastoli, presidente del Movimento europeo in Italia e consigliere del Gruppo Spinelli nel Parlamento europeo, già stretto collaboratore di Altiero Spinelli, e Santaniello, ora direttore delle Relazioni internazionali del Comune di Milano, in precedenza portavoce della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, affrontano il tema con una forte carica propositiva, confrontandosi con chi vuole ripensare il ruolo europeo in campo economico e con l’onda lunga dell’euro-scetticismo e del qualunquismo.

Gli autori si confrontano con dati di fatto insoliti per l’Italia, per decenni campione di europeismo: interrogati dall’Eurobarometro nel novembre scorso, il 47% degli italiani ha risposto di non sentirsi cittadino europeo; e un terzo ritiene di non avere voce nell’Unione. Nell’anno del cittadino europeo bisogna dunque infondere maggior fiducia nel progetto europeo, creando una forte compenetrazione tra gli obiettivi delle riforme e i propositi di trasformazione dell’Unione e delle sue politiche.

Due cantieri i cui lavori devono andare avanti simultaneamente. In Italia, c’è bisogno di una riforma del sistema elettorale e, sul piano costituzionale, di superare gli squilibri tra legislativo ed esecutivo. L’Europa, oltre che lavorare sull’integrazione bancaria, finanziaria e di bilancio, deve incentivare crescita, lavoro, stabilità economica, equità sociale, qualità della vita, sicurezza e indipendenza e proiettarsi verso la revisione del trattato di Lisbona. Il calo di fiducia dei cittadini e la diffidenza dei mercati impongono un’accelerazione dei lavori.

“C’eravamo tanto amati. Italia, Europa e poi?”, di Pier Virgilio Dastoli e Roberto Santaniello, prefazione di Romano prodi, Egea, pagg 144, euro 15

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