Aveva ragione Socrate, che non ha mai scritto una sola parola, oppure Platone, che ha scritto molto, a sostenere che le cose più vere non si possono scrivere? Oppure Aristotele, che disponeva il sapere in forma sistematica? Per noi, che pubblichiamo ogni giorno i quotidiani, quello della scrittura è un tema centrale. Ha ancora senso produrre e vendere giornali? I quotidiani avranno ancora mercato tra dieci anni? Sono convinto di si. Trasmettere informazioni e conoscenza attraverso la parola scritta è servito per questi oltre venti secoli e continuerà ad essere indispensabile.
Nel dare un’occhiata al futuro, provo a distinguere due aspetti. Il primo riguarda qualità e modi di fruizione dell’informazione.
La qualità dell’informazione va difesa con i denti. È il tema delle testate, dei brand. Andare a caccia di copie con scoop che si sgonfiano dieci minuti dopo non è a mio avviso la strada migliore. Senza qualità non si va da nessuna parte, a maggior ragione nel mondo dell’informazione.
Sono convinto che l’approfondimento, i commenti e le inchieste, cioè tutto ciò che ha bisogno di tempo e di spazio per essere argomentato, continueranno ad essere ospitati dagli splendidi e croccanti fogli dei nostri giornali. Giornali che saranno a pagamento, a tutela della qualità, del lavoro, della stessa libertà di stampa.
Ciò che cambierà invece sono i mezzi con i quali l’informazione verrà veicolata e, di conseguenza, la forma del linguaggio: più si andrà avanti, più l’informazione sarà fruita in tempo reale e multipiattaforma.
L’informazione breve e tempestiva raggiungerà le persone, sempre più velocemente, prima ancora del quotidiano, attraverso i supporti più comodi e veloci che la tecnologia ci mette a disposizione e a tal proposito, non sono certo che sia proprio la tecnologia a dover guidare i processi informativi: essa offre molteplici opportunità e soluzioni, ma è l’editore colui che deve saper selezionare quelle più coerenti alle esigenze degli investitori e alle richieste dei lettori. I quali, sia chiaro, sono sempre più attratti, anzi affamati, di strumenti di servizio.
Una sfida, quella di provare a guidare la tecnologia, che pare, per certi versi, anacronistica, ma che bisognerà ad ogni costo vincere tenendo presente che la storia ci insegna che nessun nuovo media ha mai soppiantato completamente il precedente.
Il secondo aspetto riguarda il rapporto tra informazione nazionale e quella locale.
Riguardo alla prima, la situazione si presenta, oltre che complicata, anche ricca di concorrenza. Le fonti si sono moltiplicate con l’era di Internet e aumenteranno ancora di più grazie ai blog, a Twitter e alle community.
L’informazione si farà sempre più plurale, frastagliata, difficilmente verificabile. E’ davvero una bella sfida quella di inseguire e dare forma a questa pluralità, mettendo il marchio di autorevolezza a quanto viene comunicato dai media legati a una testata.
Una fotografia un po’ diversa si può scattare all’informazione locale prodotta da quei media che agiscono su un territorio più ristretto quale una città e la sua provincia. Grazie alla prossimità con i lettori, le notizie locali sono controllabili e verificabili: i lettori ti tengono d’occhio, non te ne fanno scappare una, sono loro a dirti chiaramente ciò che vogliono. Saper affiancare ai brand consolidati il maggior numero di mezzi capaci di andare in cerca dei rispettivi target è una direzione obbligata e fruttuosa per gli editori che non vogliano perdere il treno. C’è poi, a questo proposito, un altro punto di vista interessante: il territorio rappresenta il collante di una comunità, l’elemento condiviso di cui si parla e nel quale si vive; esattamente come quei temi comuni attorno a cui si aggregano oggi i naviganti nei blog e nelle community. Lavorare su temi comuni è dunque un esercizio che l’informazione locale compie, con naturalezza, da sempre.
Concludendo: tra dieci anni ci sarà ancora bisogno di informazione. La fruiremo in modi diversi, a seconda del momento, dell’età, delle circostanze. Tra dieci anni nessun mezzo sarà in grado di sostituire gli altri in maniera definitiva: ci sarà una convivenza, un po’ di confusione, magari anche qualche gomitata. Tra dieci anni i lettori saranno ancora e sempre più furbi delle nostre teorie: teniamoli d’occhio, stiamo loro vicini, attenti alle loro esigenze, e ci sapranno ispirare le scelte opportune.

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