“Vivo in un paese in cui le donne hanno sempre svolto un ruolo importante nella società e nella governance. La storia della Georgia è stata segnata dal governo di Tamar, prima donna a governare la Georgia dal 1184 al 1213. La Georgia è anche tra i primi 20 paesi che hanno dato alle donne il diritto di voto nel 1918. Ma è anche un paese in cui esistono ancora problemi sociali come il matrimonio precoce o forzato, la disoccupazione e l’abuso delle donne”.
Contraddizioni che Tinatin Berdzenishvili, georgiana e prima Deputy Director General, GPB Chair, EBU Gender Equality Steering Group, racconta nella prefazione nel rapporto “All Things Being Equal – Gender Equality Guidelines for Public Service Media”.
Di media e parità di genere parlo con Claudia Vaccarone, esperta di questioni di genere nei media e autrice del rapporto All Things Being Equal che ha idee ben precise su come dare una svolta paritaria e sostenibile nella nostra società, partendo proprio dalla fotografia del mondo dei media.
“Le linee guida del rapporto forniscono esempi concreti di politiche, strategie e tattiche già implementate (e utilizzabili) in alcuni media e Paesi, che hanno dato ottimi risultati. Infatti esse hanno permesso di raggiungere una parità sia quantitativa, per quanto riguarda gli effettivi (staff e management), sia nei contenuti (numero di donne in azienda o citate nella stampa e in ruoli non stereotipati) e soprattutto ad accelerare un cambiamento culturale, dapprima aziendale e in seguito societario. Possono quindi essere fonte di ispirazione per i media italiani”.
L’associazione EBU (European Broadcast Union) ha voluto, infatti, fotografare lo stato delle policy di gender di tutte le emittenze televisive che ne fanno parte.
“I paesi del Nord e quelli anglosassoni, anche, in questo campo sono i più virtuosi – precisa – raccontare le loro esperienze è un invito a farle proprie per quei Paesi dove le differenze di genere sono prassi. In più per evitare che ciascuno debba reinventare la ruota, abbiamo pensato di mettere a fattor comune quanto succede in realtà che possono essere prese come esempio”.
I membri dell’EBU raggiungono un pubblico di oltre un miliardo di persone in tutto il mondo, trasmettendo in oltre 160 lingue e in 56 paesi. L’associazione ha voluto intervenire nel dibattito sulla parità fornendo i dati del mondo dei media del servizio pubblico con la consapevolezza che le sfide da affrontare sono diverse per ciascuna entità perché “Implementare strategie, trarre ispirazione, appropriarsi di pratiche culturali – spiega Claudia Vaccarone – è sempre possibile, ma ciascun Paese deve poi adattare le strategie al proprio contesto politico e sociale, alla sua storia. I dirigenti EBU che si riuniscono due volte l’anno, partendo dal rapporto, hanno modo di confrontarsi in queste occasioni e capire come promuovere la parità nel loro contesto e ancor di più, possono sostenere il cambiamento nella società che informano”.
Secondo dati Linkedin 2019 solo il 22% di donne nel mondo è impiegata nel comparto dell’Intelligenza Artificiale e le donne sono ancora una minoranza nei media, sia sullo schermo che dietro la telecamera. Tra i membri dell’EBU le donne rappresentano circa il 44% della forza lavoro dei media del servizio pubblico, il numero scende a meno del 25% se si prendono in esame i livelli più alti. Nel 2018 la piattaforma europea delle autorità di regolamentazione (EPRA) aveva già denunciato la chiara sotto-rappresentazione delle donne nell’industria europea dei media.
I dati sulla partecipazione annuale alla convention di Amsterdam “International Broadcasting Convention (IBC)” dicono che, su 50mila partecipanti, solo il 15% sono donne.
Come cambiare? “Oggi abbiamo bisogno di un radicale ripensamento della società – continua Claudia Vaccarone – l’uguaglianza deve essere ripensata in tutte le istanze, nella scuola, nell’università, nel modo in cui la vita è organizzata. I media, come tutto il resto, sono organizzati sulle basi obsolete di un mondo creato per gli uomini, dagli uomini dove alle donne è stato assegnato un ruolo di secondo piano che non permetteva loro di partecipare alla vita attiva della comunità. L’uguaglianza comincia a casa dove bisogna condividere gli obblighi iniziando dalla cura dei bambini fin dalla nascita. L’obiettivo è fare in modo che le donne abbiamo lo stesso tempo degli uomini da dedicare alla carriera. Il Covid una positività l’ha evidenziata: esistono nuovi modelli disponibili ed anche efficaci, bisogna solo organizzarli organicamente su basi paritarie”.
I media pubblici sono uno strumento importante per la diffusione di questo messaggio e i dati diffusi dall’EBU mostrano che un numero crescente di realtà sta rendendo l’uguaglianza di genere una priorità.
“Il punto è proprio questo – conclude Claudia Vaccarone – rendere prioritario un progetto di eguaglianza con la consapevolezza che, in alcuni casi, le leggi esistono ma non vengono applicate, come per esempio il congedo parentale condiviso richiede uno sforzo unitario e condiviso. C’è bisogno di sradicare il concetto che alcune responsabilità sono solo femminili. I media hanno un enorme ruolo da giocare in questo campo perché stimolano il dibattito pubblico, propongono esempi riportando storie che insegnano a diffidare degli stereotipi. Se i media diffondono il messaggio è possibile accelerare la transizione”.