Facciamo il punto sulla comunicazione multipiattaforma con una esperta che definisce le caratteristiche del professionista moderno.
Mi ha colpito il talk sull’essere e apparire “Tutto il mondo è teatro” titolo preso in prestito daShakespeare, una delle tue passioni. Oggi tutti parliamo di identità reale, virtuale: il comunicatore dove si posiziona?
“Sono fermamente convinta che l’identità digitale difficilmente può essere svincolata da quella reale. A noi comunicatori serve anche una credibilità personale. Essere portavoce e rappresentante di un brand, non basta”.
Il successo dei tweet dipende dall’autorevolezza di chi li pubblica?
“Noi comunicatori dobbiamo posizionarci su una linea valoriale personale e non limitarci ad essere cassa di risonanza di un brand. La comunicazione che trasmette conoscenze ed è combinazione di valori e visioni anche personali ha successo”.
Essere sempre se stessi in ogni spazio, è questa l’idea?
“Le vetrine non mi piacciono, il mio è un invito a uscire dal palcoscenico anche dei social. In effetti lo ha già detto Shakespeare: “il nostro palcoscenico è la vita” ed io aggiungo reale e digitale. Inevitabilmente riproduciamo in digitale le professionalità che abbiamo offline. Le nuove piattaforme servono ad amplificare delle competenze di ciascuno e offrono l’occasione di contattare platee inavvicinabili diversamente. Dunque, non credo alla possibilità di successo nel digitale senza competenze reali che includono conversazioni di spessore con parole scelte con cura”.
Nell’era dell’algoritmo le parole perdono significato, quali le ricadute nella conversazione professionale?
“Le parole sono determinanti perché racchiudono la cultura di chi le usa, dal loro utilizzo dipendono molte reazioni perché abbiamo sviluppato una particolare sensibilità verso di esse. In più attraverso le parole diffondiamo visioni ed esperienze. Nelle attività di community management di cui mi occupo la scelta delle parole aiuta a spegnere polemiche, limita l’aggressività di chi ti chiede conto di qualche disservizio trasmettendo una reale esperienza di ascolto. Il linguaggio diventa strumento di apertura nei confronti dell’altro”.
E ora parliamo di donne…
“Non mi piace l’inclusività a tutti costi. Sono cresciuta in un matriarcato, non ho mai messo in dubbio l’uguaglianza fra i sessi, nello stesso tempo mi rendo conto che il tema è da affrontare. Cerco il modo per evitare che la rivendicazione ad ogni costo diventi una discriminazione al contrario. Il mio augurio è non aver bisogno di strumenti per affermare la parità anche grazie ad un racconto che non enfatizzi i primati del nostro genere, così come succede per gli uomini”.
Per chiudere NewsMedia4Good, l’ultimo progetto dell’Osservatorio TuttiMedia a cosa ti fa pensare?
“Mi viene in mente una comunicazione con e non contro. Nelle grandi sfide che viviamo (penso a Eni per l’energia) è tutto un contro, le polarizzazioni fra forze antagoniste producono disinformazione. Per me NewsMedia4Good significa unire le forze per evitare le polarizzazioni che portano al proliferare delle fake news per il bene comune. E’ importante creare alleanze perché la comunicazione oggi riguarda sfide impegnative, determinanti per il futuro di tutti: è bene creare invece di distruggere”.