di DARIO SAUTTO
L’Osservatorio TuttiMedia ha iniziato l’attività 2011 proponendo un’analisi dei segnali deboli, utili per immaginare e quindi costruire il futuro. Analisi, approfondimenti del mondo della tecnologia e dell’informazione a tutto tondo, dunque, per il seminario “Comunicazione senza confini, segnali deboli per un futuro possibile“. Gli interventi saranno pubblicati integralmente nel numero di Media Duemila di marzo.
E’ evidente che la tecnologia offre ogni giorno nuovi stimoli per migliorare, velocizzare o semplicemente cambiare il nostro modo di vivere la comunicazione, come l’Osservatorio ripete ormai da più di 15 anni. Oggi è determinante comprendere i segnali deboli che possono condurre la nostra mente verso possibili scenari futuri. Il dibattito ospitato dalla Sipra, a Milano, ha permesso di approfondire la teoria di Philippe Cahen, che ha previsto le rivolte popolari nel mondo arabo semplicemente captando dei “segnali deboli”, e ha spinto l’Osservatorio TuttiMedia ad annunciare una serie di incontri dedicati al tema. In videoconferenze Cahen e Norman Doidge hanno anche confermato la loro presenza a maggio per la giornata dedicata alla celebrazione del villaggio globale e del suo profeta Marshall McLuhan.
“Dove si trova una rottura, l’Osservatorio deve trovare segnali deboli da seguire” ha sostenuto Francesco Passerini. Ma, se “la comunicazione viaggia a velocità diverse”, come sostiene Paolo Lutteri, direttore marketing della Sipra, diventa sempre più complicato individuare i segnali giusti da seguire. Per il moderatore dell’incontro, il giornalista del Corriere della Sera e presidente UGIS Giovanni Caprara, “riuscire a vivere in un proliferare continuo di nuove forme di comunicazione è difficile, mentre l’innovazione è la vera sfida”.
Marco Vecchia, docente universitario di tecniche pubblicitarie, percorrendo la storia degli advertising a partire dal 1965 è arrivato ai giorni nostri: “La tecnologia ora apre soluzioni ogni giorno sempre più complesse, ma la pubblicità riscopre l’individuo e l’ambiente”. Gian Paolo Balboni, Centro Ricerche di Telecom Italia, è convinto che ormai “bisogna far parlare l’oggetto” e che “lo smart-phone è un vero e proprio catalizzatore di informazioni”. Giovanna Maggioni, direttore generale UPA, ha spiegato che “la tecnologia fa passi da gigante, modificando anche i rapporti tra le persone, in un vero e proprio labirinto della comunicazione”. Edoardo Fleischner, docente di Nuovi media e comunicazione presso l’Università Statale di Milano, è intervenuto così: “Bisogna far crollare tutti i muri che impediscono in tutti i campi la giusta comunicazione. Bisogna giocare, sperimentare, apprendere, vincere, perdere, partecipare, glocalizzare”.
Infine con uno degli scenari già possibili, quello delle videoconferenze tramite Skype, Philippe Cahen ha spiegato come i “segnali deboli possano generare metodi per ipotizzare scenari dinamici. Ma per il momento a regnare è il caos che potrebbe essere il metodo migliore per gestire addirittura un’azienda”. Invece, Norman Doidge vede nelle connessioni del sistema nervoso analogie con i media. Le conclusioni e il dibattito sono stati affidati a Derrick de Kerckhove, sociologo e direttore scientifico di Media Duemila che ha ribadito: “Serve un nesso tra connettività e collettività”.
di Dario Sautto