Lettera aperta di Paolo Lutteri – 5 ottobre 2023
Caro Matteo P.,
devo dirti come la penso sui migranti e sui confini. La prendo alla larga. Anche tu sarai consapevole che una delle più significative innovazioni di questo ultimo secolo è la comunicazione. Partiamo per semplicità dal telefono. Il telefono (“la voce da lontano”) ha avuto diversi padri: Johann Reis, Antonio Meucci, Alexander Bell… Ma, senza registrare brevetti, pare che il primo a sperimentare un apparecchio elettrico in grado di comunicare a distanza utilizzando il principio di induzione elettromagnetica fu un italiano, tal Innocenzo Manzetti di Aosta, nel settembre del 1843. Per la prima telefonata Europa-America bisogna aspettare il 1927. Oggi siamo nell’era della telefonia mobile, satellitare, con devices palmari o addirittura da polso. Dicono che ci siano 7,3 miliardi di apparecchi nel mondo: 46,5 milioni in Italia, 273 milioni negli USA, 492 milioni in India, altrettanti in Africa, 953 milioni in Cina. E quasi tutti sono connessi a internet.
Comunicazioni senza confini. Senza confini vuol dire che non ci sono barriere doganali, messaggi, ascolti, visioni aperte (salvo le restrizione dei Paesi autarchici). Le Telcom sono pressoché sovrane del pianeta Terra; il consumo di telefonia è diventato un servizio primario. Senza confini vuol dire poter conoscere e interagire di qua e di là, parlarsi e vedersi, anche senza toccarsi.
Ma la voglia di toccarsi, di condividere azioni, comportamenti, stili di vita e possibilmente di benessere, c’è ed è tanto più forte quanto sono arretrate le condizioni di esistenza da Paese a Paese. E’ difficile che gli occidentali europei vogliano emigrare stabilmente in certi Paesi disagiati o sottosviluppati o male organizzati. E’ invece facile e frequente che succeda il contrario, per ovvie cause diverse e complesse come le guerre, le repressioni civili, il lavoro, l’ignoranza, il clima, più semplicemente la fame e la sete. Non è che tutti i migranti siano campioni di intelligenza, di cultura, di garbo e bon ton. Mirano a vivere meglio e quello che vedono e sentono dei Paesi industrializzati, rappresentati da social e mass media colorati, con pubblicità affascinanti, sembra proprio essere meglio. L’Occidente è contagiante. Le nostre critiche al sistema consumista son quasi tutte nascoste dietro le quinte. Insomma: la società ‘occidentale’, pur con tante contraddizioni, è meno infernale e più seducente. E i migranti arrivano a frotte: in Italia 1 milione negli ultimi 10 anni. La stima è di 28.000 morti nel Mediterraneo, e chissà quanti sono rimasti nel Sahara o nei campi di detenzione. Un esodo che i governanti non son riusciti ad organizzare e una strage che non sono riusciti a fermare. Danni collaterali della civiltà europea? L’inferno non esiste, ma la storia bollerà i colpevoli, di qui e di là del mare.
Dunque senza confini ci sono i telefoni, le tecnologie, i mass media e i social. Tutto remoto. Il resto è una muraglia. E l’opinione pubblica si crogiola sui gossip politici che tirano per le lunghe le soluzioni, pensano già agli slogan populisti per la prossima tornata elettorale. Resta vigile il volontariato, quello delle operazioni di salvataggio, quello che aiuta i profughi, con o senza divisa. Quello che aiuta chi aiuta. Non possiamo pretendere che quel milione di sbarcati vivano di stenti (o muoiano) a casa loro, né che si integrino da noi se non li aiutiamo. In solidarietà bisogna essere almeno in due, e intrecciare esperienze, impegno sociale, accoglienza magari diffusa, istruzione di base, formazione professionale.
Tocca a noi l’iniziativa, non pietistica ma pragmatica. Ci vogliono volontà, neuroni elastici, coscienza, pazienza, studio, impegno. Quelle stesse doti che abbiamo usato per le innovazioni tecnologiche. La tecnologia non può essere una fuga in avanti senza che il gruppo non abbia la sua parte di vita. Le innovazioni tecnologiche servono a portare avanti tutti. Io insisto nell’affermare che ci vuole un’intelligenza e una coscienza planetaria, per dare dignità alla nostra specie. Il problema non è solo italiano, ma globale. Emergenze e numeri li trovi su www.unhcr.org. Se i governanti avveduti fossero autorevoli su questi argomenti, anche i mass media potrebbero suggerire buone cose alla sensibilità pubblica.
Caro Matteo, apparentemente ci dividono tanti comportamenti del passato, ma è ora di pensare operosamente agli obiettivi comuni. Non è il ponte sullo Stretto che ci manca, è il ponte di cultura ecumenica. Discorso aperto e molto complesso, abbiamo tanti elementi difficili da semplificare. Nuovi percorsi da costruire, senza pregiudizi. Un saluto.
Paolo
Articolo precedenteL’Amicizia è la base di partenza per ogni progetto Rotariano. A Montemarcello l’incontro tra due Club per una progettualità comune
Articolo successivoPremio Cossiga a Elisabetta Belloni / Letta: “Donna giusta al posto giusto nel momento giusto”
Paolo Lutteri
Paolo Lutteri, di Milano, si occupa di comunicazione e marketing dal 1976. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano e Diplomato all’Istituto Universitario di Lingue di Pechino. Giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti e all’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Ha lavorato con il quotidiano Il Giorno, con le società Spe, Sport Comunicazione e Alfa Romeo; con il Gruppo Rai dal 1989 si è occupato di marketing, sport, nuovi media e relazioni internazionali. Ha tenuto corsi presso le Università degli Studi di Milano e Bicocca, le Università di Roma Sapienza e Tor Vergata. Attualmente studia e scrive articoli sull’innovazione culturale e tecnologica, fa parte del Comitato di Direzione della rivista Media Duemila, è socio onorario dell’Osservatorio TuttiMedia, membro d’onore dell’EGTA-Associazione Europea Concessionarie tv e radio, membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Eurovisioni, socio e direttore del Centro Documentazione e Formazione della Fondazione Salvetti. e-mail: paolo.lutteri@libero.it