di VINCENZO VITA
Et et, non aut aut. Il diritto d’autore non può essere il territorio della tenzone tra due fondamentalismi: l’estremismo proprietario e l’approccio anarco-liberista sulla e nella Rete. È, piuttosto, il luogo privilegiato di negoziati aperti, di sperimentazioni coraggiose – qualche volta andando contro il senso comune – di rotture di continuità dei e nei modelli giuridici prevalenti. Del resto, l’idea stessa di tutelare il diritto d’autore è piuttosto recente e certamente transeunte. Anzi, prima che l’implosione delle tecniche sommerga qualsiasi possibilità di difendere simile approccio, è bene avviarsi verso una più articolata e affascinante tutela: passando via via dall’opera in senso stretto – il prodotto finito tipico della lunga stagione elettrica e analogica – al lavoro intellettuale.
Serve un atteggiamento aperto: decisivo e cruciale nel secolo dei saperi, dei beni immateriali. Del resto, le tipologie, le strutture stesse della produzione culturale riflettono la sintesi sociale dell’epoca di cui fanno parte. Dal fordismo alla Rete, metafora di un più grande e profondo mutamento. La Rete è divenuta la parte principale. Anzi. È la protagonista della comunicazione, che racchiude le potenzialità della radio, della televisione, del cinema, dell’audiovisivo e della stampa. Inoltre, aggiunge la ricerca personalizzata, con archivi praticamente infiniti e, soprattutto con il Web 2.0 (3.0, 4.0, 5.0…), consente l’avvio di una conversazione in tempo reale. Un dialogo. Da pari a pari. Peer-to-peer. La Rete è fatta di relazioni sociali. Dai social network ai blog assistiamo ad un raccontarsi, ad un mostrarsi, ad un intrecciarsi con l’altro.
La Rete è anche scambio di opinioni, di foto, di commenti e di opere d’autore. Scaricare illegalmente da Internet file musicali, film, video e programmi, è diventata con il tempo una delle attività forse più diffuse tra gli utenti. Ma, se da un lato ci troviamo di fronte al fenomeno della pirateria, dall’altro abbiamo un corpo normativo finalizzato più alla repressione che alla tutela. E – come direbbe Lessig – “la libera cultura rimane schiacciata nel mezzo e ne paga le conseguenze”. Tuttavia, il lavoro intellettuale va remunerato e tutelato. È necessario integrare la normativa sul copyright delle opere d’ingegno, tenendo conto delle nuove soluzioni nel frattempo emerse, come gli schemi di licenze flessibili del tipo Creative Commons Public Licenses (CCPL), licenze di diritto d’autore che si basano sul principio “alcuni diritti riservati”.
Nel rispetto dei principi fondamentali della Rete, che sottolineano la funzione stessa di bene comune e di diritto fondamentale, ormai sancito dal Parlamento Europeo, ma non ancora riconosciuta nell’ordinamento italiano – giusta la proposta di Stefano Rodotà di introdurre nella Costituzione un articolo 21bis sulla Rete – dobbiamo affrontare distintamente, ma in modo coordinato, le nuove soluzioni emerse in campo di diritto d’autore e il tema della governance di Internet, così come la stessa Autorità per la concorrenza e il mercato invita a fare. Il Presidente Catricalà, in una lettera datata 17 gennaio 2011, in seguito al caso Fieg/Google, sostiene – tra spunti diversi – che “l’Autorità auspica l’inserimento nell’attuale quadro normativo di una disciplina che definisca un sistema di diritti di proprietà intellettuale idoneo ad incoraggiare su Internet forme di cooperazione virtuosa”.
È in corso, però, un conflitto sordo e qualche volta opaco: una vera lotta di potere tra vecchie convenienze e insorgenza di un universo di valori diversi, dell’epoca della decrescita. Il 2011 potrebbe rivelarsi un vero e proprio spartiacque: Rete aperta o chiusa via via da un’accezione escludente del copyright? Segnali negativi si susseguirono. Dalla legge Hadopi in Francia ai negoziati Acta. Al pessimo decreto legislativo Romani, da cui tuttavia è scaturito l’interessante documento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sottoposto a consultazione pubblica: aperto, pur mantenendo frammenti di cultura tradizionale. E poi, siamo – come è noto – in minoranza nell’ambito istituzionale.
Insomma, possiamo, dobbiamo fare un salto di qualità: a partire dalla nostra mente. Passiamo dalla concezione classica e chiusa del diritto d’autore alla valorizzazione piena della forma-pensiero e del lavoro artistico e intellettuale nell’epoca della più clamorosa riproducibilità tecnica. E Alfred Sohn-Rethel, Walter Benjamin forse ce ne saranno grati.
Vincenzo Maria Vita
Senatore PD