Coronavirus e digital disruption noi di TuttiMedia il 2020 lo abbiamo dedicato al secondo tema, la digital disruption che minaccia tutti i business tradizionali. Non pensavo ad un nuovo e tanto devastante nemico che definisco la tempesta perfetta.
TEMPESTA PERFETTA
Per quanto riguarda la minaccia virale di Covid-19 e le reazioni normative casuali dei governi del mondo, il virus viene accolto da una “tempesta perfetta”: la ancora recente globalizzazione del pianeta; la rete di comunicazioni ormai quasi soffocante; l’ombra ossessionante del cambiamento climatico; la necessità di un riavvio della cultura umana. Questa convergenza di condizioni che hanno aperto la strada alla forma di malattia interamente basata sulla comunicazione. Coronavirus è una malattia della comunicazione, un punto di incontro – e di collaborazione – fra progressione biologica e digitale. È anche un climax della civiltà, che segna un punto di non ritorno in una transizione già iniziata.
LA TRASFORMAZIONE DIGITALE SI SERVE DI NOI
Siamo a un momento critico (epocale) della cosiddetta trasformazione digitale (DT). Però quando si parla di trasformazione digitale noi tutti pensiamo che sia tutta una questione di business, e sì, pure un pò di vita sociale e anche di politica, ma fondamentalmente nulla vicino a ciò che è realmente, vale a dire un radicale e profondo reset dell’individuo umano e della società umana. Vorremmo davvero pensare che il DT ci sta servendo, ma sta diventando chiaro che è il contrario: noi stiamo servendo il DT. Quindi il comportamento poco onorabile delle persone in fuga non è solamente una strategia salvavita egoistica ma una tipica – e incosciente – resistenza allo tsunami digitale in arrivo che elimina tutte le forme di autonomia a cominciare con la privacy. Ma non serve a nulla. Molto prima di subire le conseguenze del tracciamento specifico degli individui in fuga e alla fine delle punizioni pubbliche e della vergogna, cose inevitabili se la tendenza di fuggire continua, abbiamo già abbandonato e ceduto la nostra privacy in una miriade di modi. Per il governo di minacciare prima e poi eseguire la rimozione della protezione della privacy in caso di emergenza nazionale è solo un tecnicismo.
DATACRAZIA
Se non abbiamo la sfida covid-19 sotto controllo entro la metà dell’estate (e forse prima), a cominciare con l’Italia, tutti i governi occidentali tra cui gli Stati Uniti di America metteranno l’intera popolazione sotto sorveglianza al modo cinese (e fra poco indiano) e inizieranno a seguire il tracciamento off-line di tutti i bastardi intelligenti che hanno buttato via i loro telefonini pensando che possono così sfuggire alla sorveglianza. Non voglio arrivare a dire che la pandemia di Coronavirus ha fatto parte di una sorta di strategia auto-organizzante del DT per accelerare la sua conquista dell’umanità, ma quello che sto dicendo è che utile per garantire che accada. Non c’è modo di sfuggire. Inoltre, la sfacciata risposta ufficiale degli Stati di bloccare le persone e forzare le distanze sociali è proprio il messaggio del DT: cioè smaterializzare beni e servizi, sì, ma allo stesso tempo rimuovere l’autonomia, immobilizzare la popolazione e aumentare la comunicazione a livelli senza precedenti. E, per la stessa occasione, il programma di distacco sociale sta riorganizzando le nostre vite sensoriali riducendo la necessità di tatto, di viaggio, di trasporto e cosi girandoci tutti simbolicamente senza gambe (Baudrillard lo diceva in 1976 nel suo L’échange symbolique et la mort quando suggerì che stare a casa a guardare la TV avrebbe reso la maggior parte delle persone fisicamente e mentalmente paralizzate). A quel tempo, i lettori ridevano. Oggi la situazione è molto più avanzata; come ha osservato Lev Manovich la settimana scorsa, l’equilibro (già minacciato da tempo) fra la vita reale, fisica e la vita virtuale davanti a qualche schermo, è perso in favore del virtuale dove siamo tracciati e catalogati nelle banche dati. Una volta rimossa l’ultima muraglia del nostro essere privato, nessun governo la restituirà. Ciao al GDPR e altre fantasie della democrazia! L’immagine del dopo Coronavirus è prevedibile, una metamorfosi kafkiana, non in un scarafaggio, ma api produttrici di dati e algoritmi nell’alveare globale…