Riportiamo l’intervento integrale del Presidente Maurizio Costa FIEG durante la cerimonia Premio Nostalgia di Futuro 2016.
“Ospitiamo con piacere in Fieg questa VIII edizione del Premio “Nostalgia di Futuro 2016”, dedicato a Giovanni Giovannini e alla sua lungimiranza sul futuro dell’editoria e della comunicazione. Un appuntamento tradizionale, che parte dall’idea di un Premio per le iniziative più brillanti e innovative nel campo della comunicazione, per diventare occasione di dibattito su temi attuali del mondo dell’informazione.
L’argomento di quest’anno è “Quale passato nel nostro futuro?”. Il futuro è adesso ed è fatto di un’importante trasformazione: dalla società industriale siamo approdati alla società della conoscenza. Le informazioni, che erano un bene scarso e quindi ad alto valore, sono entrate in un lasso di tempo relativamente breve nell’era dell’abbondanza, anzi, fatemi dire, della ridondanza, grazie all’avvento dei media digitali che hanno disintermedializzato l’informazione, offrendo una miriade di fonti e dati. Lo strumento di questa nuova catena del valore è la condivisione: un’innegabile opportunità per gli utenti, ma anche uno dei passaggi più delicati che editori e giornalisti stiano affrontando. La domanda che dobbiamo porci è se esista ancora e quale sia il ruolo dell’editoria, se questa non sia più necessaria nel suo ruolo di analisi o se, invece, si debba riposizionare con maggiore rigore, maggiore apertura alle novità e minore autoreferenzialità per cogliere le tendenze profonde che si muovono nella società. Noi crediamo in questa seconda direzione e riteniamo che non si possa prescindere da un’informazione professionale, attenta alla qualità dei contenuti, alla verità dei fatti ed alla verifica delle fonti, cose che nella disintermediazione si perdono con facilità estrema se non si sanno usare e gestire i nuovi mezzi. Ma oggi l’autorevolezza dell’informazione è seriamente messa in discussione. Proprio in queste ore siamo stati bombardati da analisi sul ruolo che i mass media americani hanno avuto nelle elezioni americane. È un tema su cui fare critica e autocritica. È vero, non solo i media non hanno colto quello che sarebbe poi avvenuto, basti pensare agli analisti e ai sondaggisti, ma una funzione di interpretazione della realtà è mancata. E invece questo ruolo di intermediazione dell’informazione è ancora necessario. Ed è un ruolo a cui noi editori non dobbiamo abdicare: non si può soddisfare l’esigenza di informazione, analisi, approfondimento unicamente attaverso Internet, i social network, i blog. Dobbiamo trarre un insegnamento da quello che è successo ed essere più rigorosi e meno autoreferenziali. Serve, e servirà sempre di più, un’editoria di qualità, che oggi tuttavia patisce gli effetti della più generale crisi economica, ma anche la concorrenza del web come modello di business. In otto anni abbiamo subito un calo del 50% dei ricavi e del 60% di quelli da pubblicità. Pochissimi settori industriali, in Italia, hanno avuto flessioni simili. Le piattaforme di social network stanno crescendo e, insieme ad esse, cresce il consumo di news. Tutto questo costituisce una incredibile concentrazione di potere, ma anche una innegabile affermazione di centralità per il nostro prodotto. Non è possibile, tuttavia, avere un’editoria al passo coi tempi nell’era digitale senza un rapporto col web, da cogliere sì come occasione di progresso, ma basato sulle regole e su criteri di trasparenza.
Lo scenario mi sembra questo: dopo anni in cui l’utilizzo dei contenuti degli editori veniva “preteso” gratuitamente dai big del mondo digitale, pena la loro irrilevanza online, adesso vengono riconosciute – e direi anche ricercate – quelle che sono le qualità intrinseche e più caratterizzanti del nostro prodotto, e cioè la capacità di comunicare, di formare l’opinione pubblica, di fidelizzare gli utenti, di garantire un’informazione attendibile e pluralista. Siamo indubbiamente ad un punto di svolta: gli editori si trovano nella condizione di poter far valere le proprie ragioni, anche grazie ad un risveglio di sensibilità da parte delle istituzioni comunitarie. L’Agenda digitale europea impone infatti in questo momento un forte impulso alla creazione, produzione e distribuzione di contenuti digitali su tutte le piattaforme; richiede modelli commerciali innovativi per accedere ai contenuti e acquistarli in molti modi diversi; sembra proporsi il raggiungimento di un giusto equilibrio tra l’accesso ai contenuti e gli introiti dei titolari dei diritti.
In questo quadro è recente da parte della Commissione Ue la presentazione di una proposta di riforma che introduca nella legge europea sul diritto d’autore un esplicito diritto in favore degli editori di giornali. Una misura che non mira a creare una tassa sui link né ad impedire la condivisione di notizie tra gli utenti, ma che consentirebbe agli editori (se approvata dal Parlamento europeo) di proteggere e valorizzare efficacemente i propri diritti nell’ambiente digitale, con effetti positivi sul pluralismo informativo, la libertà di stampa e la diversità culturale. Gli editori europei di giornali sottolineavano da tempo, infatti, la necessità di un quadro legale chiaro e in linea con i tempi, che ricomprendesse i diritti di distribuzione, riproduzione e comunicazione al pubblico, anche nel mondo digitale. La valutazione della Commissione europea conferma il contesto di forte squilibrio tra il valore che la produzione di contenuti editoriali genera per il sistema Internet nel suo complesso e i ricavi che gli editori online sono in grado di percepire dalla propria attività, e sottolinea il rischio che senza una adeguata protezione legale risulti compromesso il funzionamento di tutto il sistema. L’iniziativa di riforma delle regole comunitarie è un’opportunità di rafforzamento della tutela e della valorizzazione dei prodotti editoriali, da cui gli editori europei di giornali potranno trarre ulteriori prospettive di crescita e di innovazione tecnologica, e potrebbe creare una base legale di confronto con le piattaforme digitali, primi fra tutti gli aggregatori di notizie e i motori di ricerca. Riconoscere agli editori di giornali specifici e puntuali diritti esercitabili anche nel mondo online favorirà la creazione di un sistema di rapporti più equo e bilanciato tra le parti e aumenterà le possibilità di stringere accordi di natura commerciale nel pieno rispetto delle regole di mercato.
La FIEG ha anticipato questa tendenza concludendo, nel giugno scorso, un accordo strategico con Google, che non ha risolto tutti i problemi, ma ha prodotto alcuni risultati positivi, come la valorizzazione dei contenuti degli editori distribuiti su dispositivi mobili attraverso la piattaforma Newsstand; o anche l’avvio di programmi di formazione, soprattutto a beneficio delle aziende editrici medio-piccole, che ne aumentino le competenze digitali per strategie più mirate di diffusione dei contenuti in Rete. Il controllo diretto della tecnologia da parte dei giornalisti e la capacità di relazione con gli utenti sono chiavi fondamentali per continuare a fare informazione anche nel futuro. La formazione professionale è un punto nodale per recuperare un ruolo di “dominus” sul mondo dell’informazione digitale ed esercitare una capacità di progettazione del lavoro di redazione e di controllo che non siano più delegati alle piattaforme tecnologiche né ai fornitori dei servizi di tecnologia.
Il punto – giova ripeterlo – non è Rete contro editoria tradizionale. Non significa restare nel passato il non volere affidare la conoscenza alla sola Rete e favorire iniziative di promozione della cultura, a sostegno dei giornali, dei libri, del teatro, del cinema, che contribuiscano ad esporre il lettore e lo spettatore – in particolare il più giovane – al maggior numero di visioni e interpretazioni possibili. E l’importanza dei brand delle testate, con il loro bagaglio di professionalità ed affidabilità, è una garanzia per il lettore, non una limitazione.
La data del Premio “Nostalgia di Futuro” cade quest’anno nel momento in cui gli editori di giornali registrano positivamente l’emanazione di una nuova legge dell’editoria, una legge che ha il merito di offrire un quadro sistematico alla regolamentazione del settore e potrebbe costituire un primo passo per il suo rilancio. Dopo oltre un anno di lavoro è stato quindi approvato un provvedimento che da troppo tempo mancava. Ora bisogna definire attraverso decreti attuativi i suoi principi e noi siamo ottimisti sulla rapidità in cui saranno emanati al fine di dare il via alle misure più urgenti. Tra queste, per cominciare, il credito d’imposta sulla pubblicità incrementale sulla stampa, che, secondo le stime, potrebbe invertire il trend negativo più recente della raccolta pubblicitaria complessiva.
Sul fronte della pubblicità siamo però anche convinti che servano, nell’interesse del mercato, regole e meccanismi certi di contrasto a fenomeni come quello dell’assenza di trasparenza e misurabilità dell’audience pubblicitaria dei big del comparto. I temi sono quello della misurazione, fondamentale per l’accountability dell’advertising online, in particolare la viewability che costituisce una metrica fondamentale per la valutazione dell’esposizione del messaggio al pubblico; quello della definizione di linee guida di media transparency, soprattutto per il programmatic buying; quello della tutela e disponibilità dei dati di target, nel rispetto della legge sulla privacy; quello della ad froud online che va a discapito della fiducia degli investitori; il tema dei siti illegali che danneggiano i brand anziché rafforzarli; quello della trasparenza dei contenuti pubblicitari veicolati. E quello di una quantificazione totale degli investimenti internet, fondamentale per una analisi completa delle condizioni di effettiva concorrenza tra i diversi mezzi, specie con riferimento ai player digitali attualmente non soggetti alle regole del mercato italiano. Tali regole, di recente, erano state anche riformate, nel senso di prevedere l’obbligo di fornitura dei dati alla Informativa Economica di Sistema (IES) anche per le concessionarie pubblicitarie sul web aventi sede in altro Stato Membro. Questione controversa, su cui si è da poco pronunciata anche la Corte di giustizia europea, chiamata in causa dal giudice amministrativo italiano per esprimersi sulla leggittimità di tale disposizione, e che ha dichiarato il quesito manifestamente irricevibile. Alla individuazione di regole e automatismi su tutti questi importanti aspetti della pubblicità – l’ho già annunciato, ma mi fa piacere ricordarlo perché è una iniziativa in cui crediamo molto – contribuirà un tavolo di confronto avviato dall’Upa (Utenti Pubblicità Associati, presieduta da Lorenzo Sassoli De Bianchi n.d.r.) volto a realizzare un LIBRO BIANCO SUL DIGITALE, cui lavorerà anche la Fieg, insieme ad Assocom, Iab Italia, Fedoweb e Fcp.
Solo un cenno ad altre due misure che nei prossimi mesi andrebbero velocemente attuate, nell’interesse del settore. La prima è quella della modernizzazione e liberalizzazione del sistema distribuivo, cui la FIEG sta lavorando anche nel confronto con i suoi attori principali, distributori ed edicolanti, con l’obiettivo di una maggiore capillarità della diffusione di quotidiani e periodici sul territorio. L’altra è lo sblocco dei prepensionamenti – attraverso le risorse del fondo per il pluralismo e l’innovazione istituito dalla legge dell’editoria – che risolverà le situazioni pendenti e favorirà il ricambio generazionale all’interno delle imprese giornalistiche.
Infine, vorrei ribadire che, concretamente, l’approccio degli editori non è rivolto al passato, ma al futuro e non potrebbe essere diversamente. E in una prospettiva non di scontro con i nuovi interlocutori del digitale, ma, se possibile, di costruttivo confronto. Pensiamo con ottimismo ad un futuro per l’editoria giornalistica meno difficile e al passo coi tempi. Ma l’attività di coloro che vi operano dovrà necessariamente procedere in parallelo tra l’adattamento alle nuove modalità di produzione e condivisione dell’informazione e una attenzione e partecipazione costanti, in prima linea direi, alla ricerca di soluzioni ai problemi che tali modalità pongono e porranno”.