“Cultural Intelligence” significa unire le abilità digitali al mondo tradizionale della conoscenza e del vivere. L’intelligenza culturale comprende vari temi. Sull’asse temporale c’è il confronto tra il presente e il passato; sull’asse spaziale, c’è il confronto tra il fisico e il virtuale; sull’asse mentale, c’è il confronto tra il pubblico e il privato. In Italia, abbiamo due modi di capire la cultura, quella del passato e quella dell’oggi. Inoltre oggi partecipiamo a due esperienze di cultura, quella del mondo fisico e del faccia-a-faccia, e quella del mondo virtuale e dei Social Media. Questi due ambienti culturali sono più o meno separati: il nostro corpo è nel mondo materiale, fisico, poi passiamo più della metà del nostro tempo attivo di fronte a qualche schermo nel mondo virtuale. Queste due culture non sono ben bilanciate. In Italia l’idea di cultura tradizionale è legata a nozioni di letteratura, arte, beni culturali quali funzioni creative legate al passato. Come i pesci nell’acqua che non sanno niente dell’acqua, noi ignoriamo tranquillamente la cultura digitale dentro cui nuotiamo. Questa cultura è in tempo reale, sempre arricchita da un innovazione permanente e da cambiamenti sociali e psicologici senza precedenti, purtroppo sconosciuti ai più. O che spaventano. Da un lato siamo destinati a un cambiamento dalla politica forse verso la trasparenza e una ridefinizione della democrazia o, al contrario la “smart city” ci porta verso una sorta di “datacracy”, addirittura, un governo di algoritmi su di che non sappiamo niente, e che non possiamo controllare, dall’altra, ci troviamo al tipping point di una ridefinizione dell’impiego, della produzione, dell’innovazione e della stessa creatività. La spinta di creatività culturale arriverà dai Big Data dove fare bene la domanda sarà più importante della risposta, dalla stampante 3D che promuoverà un immaginario tre-dimensionale, dalla narrativa non solo su YouTube, ma anche con lo sviluppo del transmedia nelle scuole. Per creare un ambiente culturale creativo, servono strategie di base, per le scuole e l’università. Il ruolo dei media è fondamentale. Unire cultura e tecnologia permette di superare l’analfabetismo digitale. La rivoluzione sociale alle porte ha bisogno di media responsabili per ricreare armonia ed arrivare alla Felicità Urbana.

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Derrick de Kerckhove
Direttore scientifico di Media Duemila e Osservatorio TuttiMedia. Visiting professor al Politecnico di Milano. Ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell'Università di Toronto. È autore di "La pelle della cultura e dell'intelligenza connessa" ("The Skin of Culture and Connected Intelligence"). Già docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II dove è stato titolare degli insegnamenti di "Sociologia della cultura digitale" e di "Marketing e nuovi media".