I social network sono strutture relazionali che hanno lo scopo di connettere persone.
Internet ha dato loro un enorme sviluppo e creato le condizioni per la diffusione globale: Facebook, Twitter, Google+, LinkedIn, ne sono un’esempio.
All’interno del Web 2.0, i social network sono una componente della più vasta famiglia dei social media.
Facebook, in particolare, conta più di 800 milioni di membri attivi), rendendo la sua popolazione maggiore rispetto a quella della maggior parte dei paesi.
Il tempo dedicato all’utilizzo di tali piattaforme da ogni persona, ha anche indicato drasticamente, nel corso degli ultimi anni, come le persone facciano sempre più affidamento su di essi.
Negli ultimi mesi, storie di bande giovanili che utilizzano i social network per costruire identità, percorsi di microcelebrità e distribuire foto/video di percosse, torture ed omicidi, sono emersi nel recente racconto mediatico del reale.
Tali contenuti in Rete, indicano come i gruppi criminali utilizzino sempre più il web per coordinare le loro attività, quali ad esempio il trasporto e l’ esportazione di materiale illegale.
Molti studiosi di criminologia (Morselli 2009, Womer 2010, Patton 2013) e giornalisti investigativi hanno confermato che un numero crescente di organizzazioni criminali sta utilizzando le reti sociali online per comunicare privatamente, rafforzare la loro immagine e anche per attaccare verbalmente, in modo violento, vittime del tutto casuali.
Womer e Bunker (2010) hanno analizzato come le gang al confine tra Messico e Stati Uniti, sfruttino la natura interattiva dei nuovi media per la gestione dei traffici di droga e armi o per vantarsi circa le loro gesta e diffonderne le immagini pubblicamente alla ricerca di celebrità.
Due delle gang latine più violente, presenti anche nel Nord- Italia , la MS-13 e la M-18, conosciute per i loro riti di iniziazioni poco invitanti (percosse e stupri di circa 13 e 18 secondi), utilizzano spazi online per mostrare foto delle vittime, ferite riportate negli scontri per il controllo del territorio, tatuaggi e molto altro, ma l’elemento preoccupante è che i protagonisti sono troppo spesso degli adolescenti.
Secondo i dati riportati dall’FBI, le gang più organizzate, sfruttano le piattaforme social anche per reclutare nuovi membri, soprattutto minorenni.
“Quello che succede nei social è in linea con quello che sta succedendo nelle strade”, scrive David Pyrooz (2009), studioso di bande giovanili e professore di criminologia presso la Sam Houston State University.
Internet è molto più forte di un marchio o simbolo di una gang, offre uno spazio gratuito al gruppo criminale per promuovere la loro immagine e prestazioni violente online, trasformando il tutto in contenuto virale.
Si crea cosi, un muro di graffiti elettronico-virtuale che non è più possible eliminare.
Desmond Patton, studioso di media e fenomeni di devianza in Rete è “affascinato” da come la convergenza degli spazi digitali e urbani stia influenzando il comportamento delle gang.
L’ accessibilità dei social media può estendere la portata delle minacce e di conseguenza, l’azione reattiva, in particolare in quegli spazi urbani che la criminologia definisce “subculturali”.
I membri del gruppo usano i media digitali per vantarsi, mostrandosi con armi, per minacciare, comunicare ai loro rivali successi, tipologie e numero di crimini.
Mentre sono ormai numerosi gli studi che descrivono ed analizzano le strutture e le dinamiche relazionali all’interno dei social media, la questione di come le organizzazioni criminali utilizzino queste piattaforme per reclutare nuovi membri, per autocelebrarsi e mettere online materiale ritraente vittime, armi, rituali, simboli ecc.., in particolare per quanto riguarda le bande giovanili, è stata ancora poco affrontata.
Per ora, sono generalmente due gli aspetti più interessanti di questo nuovo fenomeno in Rete:
-il comportamento delle gang online : queste costruiscono la loro identità, reputazione e strategie operative attraverso l’uso dei social media, con una forte impatto nella realtà sociale, sui giovani e sulle baby-gang presenti già nel terriotorio, ma prive di qualsiasi forma organizzativa;
-la presenza di nuovi elementi vittimologici: si assiste ad una crescita del fenomeno americano, diffuso in seguito anche in Euroa, definito “Knockout game”, riguardante la scelta casuale della vittime su cui esercitare violenza (processo che inizia anche online e continua con la ripresa in diretta dell’evento criminale). Tale comportamento viene messo in atto da gruppi di giovani, spesso con precedenti di microcriminalità, ed èlegato ad una improvvisa escalation della violenza e cambiamento nel modus operandi, come emerge dai recenti fatti di cronaca.
Perfino nelle favelas brasiliane ormai, ragazzi minorenni, già membri di una gang all’età di 11 anni, si mostrano armati fino ai denti nei loro profili social.
L’obbiettivo?
Potere, rispetto, visibilità.
*Buoncompagni Giacomo. Laureato in comunicazione e specializzato in comunicazione pubblica e scienze socio-criminologiche. Esperto in comunicazione strategica e linguaggio non verbale. Cultore della materia e Collaboratore di Cattedra in “Sociologia generale e della devianza“e “Comunicazione e nuovi media”presso l’Università di Macerata . Docente di “Comunicazione e crimine “presso la Libera Università di Agugliano (AN) e Presidente provinciale Aiart Macerata (Associazione cittadini mediali onlus). E’ autore del libro “Comunicazione Criminologica”(Gruppo editoriale L’Espresso, 2017)
giacomo.buoncompagni@libero.it