Presso la Scuola Superiore di Catania con la presenza del magnifico rettore Francesco Basile, il presidente della SSC Francesco Priolo ed il codirettore de “La Sicilia – fondazione DSe”, si è tenuto il colloquium “Dalle fake news al fact checking: a cosa servono i giornali nell’era digitale?”. Guarda il video

Quattro giorni di workshop sul giornalismo nell’area del Mediterraneo: quattro giorni intensi e inattesi. Dalla prima giornata, Giovedì 27 settembre 2018, con le riflessioni di giornalisti di fama, sino alle interviste condotte durante il laboratorio di venerdì: ciò che mi è giunto alla mente è una riflessione sul potere.

Il termine “potere” così lo definisce la Treccani: “autorità conferita a una persona o a un organo in relazione alla carica o all’ufficio che ricopre, alla funzione che svolge” . Tale definizione è spesso usata con un’accezione negativa. È concezione comune, infatti, pensare che colui che detiene un’autorità detiene una maggiore libertà dal cittadino comune. Esiste tuttavia un altro modo in cui si può usare il termine “potere”: come verbo nella valenza servile. Questa accezione a cui ormai pochissimi fanno riferimento, in realtà fonda il vero senso della parola nella sua valenza di sostantivo: il potere concesso ad un’autorità è proprio la facoltà di poter fare, poter aiutare un insieme di persone ad incanalarsi in un percorso evolutivo, dove per evoluzione non bisogna pensare necessariamente ad uno sviluppo dell’economia o della tecnologia, ma più fondatamente ad una crescita umana ed etica nella centralità della persona.

Il giornalismo è per eccellenza un’arte del potere nel senso servile del termine. Il giornalista ha il compito di condurre l’opinione pubblica a riflettere, affinché il comune cittadino svolga delle azioni consone al vivere civile, ma soprattutto proiettate allo sviluppo comune della collettività. Si tratta di un potere molto forte che, come ricordava la giornalista Rossignaud, abbraccia anche l’idea di anticipare le crepe della nostra epoca perché mandando un’allerta ci si possa salvare prima del crollo. In questo senso, qualcuno potrebbe pensare che abbia una valenza profetica. “Programmare il mondo” non vuol dire sostituirsi a Dio, ma essere soggetti pensanti sviluppando lo spirito critico e auspicando che il proprio contributo conduca l’umanità ad un continuo sviluppo dello spirito critico senza il quale nessuna civiltà può dirsi libera dal totalitarismo. E come tutto ciò non dovrebbe essere profondamente attuale, nell’era in cui la verità sembra più celata in un ammasso indistinguibile? Nell’era in cui la distinzione tra bene e male, come mai, e forse sotto la spinta di forze volute, è profondamente complessa. Voltare le spalle, avere il coraggio di alzarsi e andare via, ma soprattutto di riconoscere e indicare il luogo d’insediamento di un errore, di un male, di una forza che vuole condurci lontano dai nostri principi etici, fondativi di una comunità legale: questa è la forza trainante che dovrebbe risiedere nelle parole di un giornalista. «L’esistenza di un uomo è una questione di amore»: è stato detto da Giuseppe Messina dell’associazione Insieme Onlus, che ha incontrato i partecipanti al workshop raccontando la sua esperienza di volontariato venerdì 28. Anche il dovere di chi ha il compito di informare è una questione di amore. L’amore per la propria terra che è il mondo senza confini. Il potere della parola del giornalista non deve essere mai confuso con l’ossequio al potere nell’accezione negativa, per avere una forza illusoria in quanto non libera, ma bisogna ricordare sempre che il potere è un servizio da svolgere per gli altri nell’onestà intellettuale che dovrebbe essere insita nello stesso termine “servizio”. Un mondo ideale? Forse. Ricordiamo tuttavia ciò che oggi ha detto il Papa: “Dove non c’è legalità, a pagarne sono sempre i più deboli”. Chi più di noi siciliani dovrebbe ricordarselo?

 

Paola Tricomi:

Nata il 24 Giugno 1991, laureata in Filologia classica presso l’università degli studi di Catania, ha inoltre conseguito il diploma presso la Scuola Superiore di Catania. Attualmente  è phD Student presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, conducendo una ricerca riguardo le metafore del nodo e della tessitura in Dante. La sua passione primaria è la poesia. Pubblica nel 2010 il primo volume di poesie Nel cuore – En thumò, a cui seguono nel 2013 Il nome del Nulla e nel 2016 La voce a te donata.  Pubblica inoltre in ebook Sahél. Lettere perdute di te e il saggio Il ricamo di Dio.

 

Nota:

Questo articolo è stato prodotto all’interno delle attività laboratoriali del workshop di giornalismo “Raccontare la Sicilia. Raccontare il Mediterraneo”, organizzato dalla “Fondazione Domenico Sanfilippo editore e dal Sicilian Post presso la Scuola Superiore di Catania, che ha patrocinato l’evento insieme al Dipartimento di Scienze Umanistiche e all’Università di Catania. Durante i quattro giorni di svolgimento del corso (27-30 settembre) sono stati ospiti direttori di giornali, caporedattori ed esperti di rilevanza internazionale. Tra questi: Derrick De Kerckhove e Maria Pia Rossignaud (Osservatorio TuttiMedia e Media Duemila), Antonello Piraneo e Domenico Ciancio (La Sicilia), Giovanni Zagni (Pagella Politica), Guido Tiberga e Domenico Quirico (La Stampa), Giorgio Paolucci (Avvenire).

 

 

 

 

 

 

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Paola Tricomi
Nata il 24 Giugno 1991, laureata in Filologia classica presso l’università degli studi di Catania, ha inoltre conseguito il diploma presso la Scuola Superiore di Catania. Attualmente  è phD Student presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, conducendo una ricerca riguardo le metafore del nodo e della tessitura in Dante. La sua passione primaria è la poesia. Pubblica nel 2010 il primo volume di poesie Nel cuore - En thumò, a cui seguono nel 2013 Il nome del Nulla e nel 2016 La voce a te donata.  Pubblica inoltre in ebook Sahél. Lettere perdute di te e il saggio Il ricamo di Dio.