La deforestazione globale assieme alla distruzione degli ecosistemi, degli habitat ed alla crisi climatica sono ritenute dagli scienziati tra le cause più immediate della trasmissione e diffusione dei virus e delle malattie. Nonostante dunque l’attuale fase di “stasi” rispetto al disboscamento planetario legata al rallentamento delle attività produttive, non si devono tuttavia abbassare i livelli di guardia rispetto alle politiche di protezione ambientale, come è stato evidenziato lo scorso 22 aprile dall’organismo Programme for Endorsement of Forest Certification schemes in occasione la 50ma edizione della Giornata della Terra dell’Onu (Earth Day). Nel corso della grande maratona internazionale (193 i Paesi collegati), celebrata in diretta streaming a causa del lockdown, è stato rilanciato un appello per un rinnovato impegno mondiale per la tutela delle risorse naturali e ambientali, a difesa della salute, della sicurezza generale e dell’ attuale crisi climatica. “Lo sfruttamento non sostenibile del patrimonio forestale è tra le cause prime di tutti gli squilibri ambientali del nostro Pianeta e alcune delle più gravi malattie infettive che l’uomo deve affrontare oggi sono un’ulteriore conseguenza. Nelle aree tropicali la deforestazione e la compravendita della cosiddetta bushmeat, la carne di animali del bosco, possono aver portato più facilmente al contatto tra uomini e animali selvatici, favorendo il fenomeno dello spilloner”, come viene affermato da Brunori, segretario generale del PEFC–Italia. Rispetto del degrado forestale e alla deforestazione selvaggia degli anni Novanta, ad oggi si è registrato un notevole miglioramento in termini di protezione e di regolamenti in materia di disboscamento. Tuttavia, dal 2018 in poi, e particolarmente in determinate aree geografiche tra cui l’Indonesia, paese con il più alto tasso di deforestazione al mondo atto a favorire l’industria dell’olio di palma, è stata riscontrata persino una attenuazione delle conseguenze legate ai reati ambientali. Nonostante la pandemia in corso, l’Inpe, (Istituto di Ricerca spaziale nazionale brasiliano) ha rilevato inoltre che nella Amazzonia brasiliana, nel solo mese di marzo sono stati disboscati 327 chilometri quadrati di foresta pluviale. Questa pandemia – aggiunge Brunori – cambierà gli equilibri economici, ma credo che le conquiste fatte fino adesso in termini di leggi a tutela delle foreste non subiranno un passo indietro. Molte teorie ci dicono che la pandemia è venuta per la deforestazione, una allerta che conosciamo da anni, ma eravamo distratti da altri valori. Ora abbiamo gli strumenti per poter ripartire con maggiore intelligenza, rimettiamo al centro la salute nostra e del Pianeta, a partire da ciò che ci circonda e ci accompagna : i nostri alberi”. Come è stato ribadito nella Earth Day dunque, la grave deforestazione e la crescente promiscuità tra le società urbanizzate e le specie selvatiche, come ad esempio cinghiali e volpi che muovono verso i nostri centri urbani alla ricerca di rifiuti alimentari, accentua ulteriormente il vecchio fenomeno millenario del “salto” del virus all’uomo. Sul fronte del Green Deal europeo l’Italia tuttavia parte avvantaggiata, con un consistente calo , rispetto all’ultimo decennio, di rifiuti alimentari pro-capite (126 kg annui) del 16% inferiore rispetto alla media europea. Secondo ulteriori dati (esposti da Andrea Segrè fondatore del progetto “Spreco Zero 2030”) sempre in Italia lo smaltimento dei rifiuti impropri (sprechi) produrrebbe 9,5 milioni di tonnellate CO2 con un conseguente impoverimento del terreno pari a 7.920 ettari. E senza tali sprechi inoltre, nel nostro Paese le emissioni di CO2 potrebbero ulteriormente calare del 15%. Lungo questa ottica, la campagna nazionale “Spreco Zero 2030” si pone tra le finalità primarie un’azione di sensibilizzazione rispetto agli obiettivi fissati dall’ONU riguardo lo sviluppo sostenibile del pianeta ed in particolare rispetto ad un’azione di abbattimento delle emissioni inquinanti e dei rifiuti alimentari pro capite entro il 2030. “Spreco Zero 20130” rappresenta una prospettiva futura molto importante, anche nell’attuale emergenza Covid-19, rispetto alla battaglia per la riduzione dei rifiuti alimentari nel mondo e contro i cambiamenti climatici.