Reset: il grande complotto. Bocconcino appetitoso per media e social. Scomodati Trilateral, Bilderberg, World Economic Forum, Politburo del Partito Comunista Cinese, CIA, Putin, Trump, Q, dittatorelli arabi, mafia, massoneria: grandi e piccoli cospiratori divergenti. La caccia a un unico ‘grande vecchio’ è solo una sceneggiatura da film. Il complotto globale è possibile solo nella mente di qualche intellettuale effervescente o per chi raccoglie informazioni parziali. Invece il mondo è ricco di piccoli complotti intrecciati tra fazioni e correnti concorrenti: no-vax vs vax, vegani vs carnivori, magistrati vs magistrati, giornalisti vs giornalisti, clan vs clan, servizi segreti vs governi, banche vs clienti, et cetera. Tralasciamo, in questo caso, le belligeranze evidenti, politiche e commerciali, tra Stati. Nell’opaco c’è una trama fitta di conflitti (se non truffe) di personaggi che complottano senza trasparenza sul filo di pre-verità per affermare la propria supremazia invece che esprimere collaborazione. E’ il quadro impermeabile che impedisce alla civiltà di progredire nella democrazia. E le derive complottiste antiscientifiche non sono del tutto innocenti. Per esempio: un Rapporto dello scorso giugno del Center for Countering Digital Hate accusa esplicitamente gli incassi unfair di una dozzina di operatori economici, responsabili di più del 70% dei messaggi anti vaccino distribuiti via social media (www.counterhate.com).
250 – DEMOCRACY INDEX
Ogni anno “The Economist” prova a misurare la democrazia assegnando i voti con 5 criteri-base: processo elettorale e pluralismo, libertà civili, funzione del governo, partecipazione politica e cultura politica. La Norvegia, da 1 a 10, si prende 9,81; Nord Korea prende 1,08; all’Italia 7,74. Le categorie sono 4: democrazie complete (punteggio da 8 a 10), democrazie imperfette (da 6 a 7,99): regimi ibridi (da 4 a 5,99), regimi autoritari (meno di 4). La votazione è redatta da esperti e opinione pubblica e c’è certamente qualche critica metodologica da avanzare, sia sul pulpito che sugli eventi di attualità politica. Tuttavia ne esce una parade interessante, da sfrugugliare almeno per gli amanti delle classifiche. Nel 2020 il punteggio per il Canada è stato 9,24; Stati Uniti 7,92; Brasile 6,92. In Europa: Islanda 9,37; Germania 8,67; Regno Unito 8,54; Spagna 8,12; Francia 7,99; Polonia 6,85; Russia 3,31. In Africa: Tunisia 6,59; Kenya 5,05; Egitto 2,93. Asia-Oceania: Australia 8,96; Giappone 8,13; India 6,61; Indonesia 6,30; Cina 2,27; Iran 2,20; Arabia Saudita 2,08. Per vedere tutti: https://it.wikipedia.org/wiki/Democracy_Index ;
251 – CORRUZIONE PERCEPITA
Un’altra classifica per i curiosi di criminalità nel settore pubblico è quella a proposito della ‘corruzione percepita’, redatta da alcune istituzioni internazionali sugli abusi di pubblici uffici per guadagni privati. Non mancano anche qui le critiche di metodo, soprattutto sulla valenza scientifica dei dati e sul confronto con la ‘corruzione reale’. La situazione è complessa ed è immersa in modalità quasi sempre non trasparenti. Le corruzioni nel settore privato e quelle transnazionali, pure influenti, non sono comprese e aggiungono ovviamente instabilità economica e inaffidabilità istituzionale ai governi dei Paesi. I punteggi assegnati variano da 1 a 100. Nel 2020 i meno corrotti erano Danimarca e Nuova Zelanda con 88, in coda Somalia con 12. Qualche esempio: Germania 80, Regno Unito 77, Francia 69, Usa 67, Israele 60, Italia 53, Cina 42, India 40, Egitto 33, Venezuela 15. Per sapere di tutti: https://en.wikipedia.org/wiki/Corruption_Perceptions_Index;
252 – FISCO PARADISO

La democrazia globale si dovrebbe basare anche sulla collaborazione tra Stati. Ma alcuni sono particolarmente viziosi e per attirare denaro attuano fiscalità ‘di favore’, anche in assenza di attività economica in loco, per far occultare movimenti di capitale. Il Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi (oltre 600 giornalisti di 150 testate) nei suoi ‘Paradise Papers’ ha messo alla berlina governi e governanti, aziende e imprenditori, artisti e celebrità. Anche l’Unione Europea ha stilato una lista di Stati non cooperativi, tra i quali non solo Bermuda, Bahamas e Cayman, ma anche Olanda, Irlanda e Lussemburgo. Le istituzioni giuridiche non sono collaborative e negano la trasparenza e standard internazionali. Ma oltre ai responsabili dei governi complici dell’evasione fiscale, le tecniche digitali preannunciano i futuri paradisi fiscali nel cyberspazio e nelle inafferrabili criptovalute. Ahi, ahi!  https://www.icij.org/

Articolo precedenteBiden trascura l’Atlantico e incendia il Pacifico
Articolo successivoUno Sguardo Raro premia video su #malattie rare #disabilità #inclusione
Paolo Lutteri
Paolo Lutteri, di Milano, si occupa di comunicazione e marketing dal 1976. Laureato in Scienze Politiche all’Università di Milano e Diplomato all’Istituto Universitario di Lingue di Pechino. Giornalista pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti e all’Unione Giornalisti Italiani Scientifici. Ha lavorato con il quotidiano Il Giorno, con le società Spe, Sport Comunicazione e Alfa Romeo; con il Gruppo Rai dal 1989 si è occupato di marketing, sport, nuovi media e relazioni internazionali. Ha tenuto corsi presso le Università degli Studi di Milano e Bicocca, le Università di Roma Sapienza e Tor Vergata. Attualmente studia e scrive articoli sull’innovazione culturale e tecnologica, fa parte del Comitato di Direzione della rivista Media Duemila, è socio onorario dell’Osservatorio TuttiMedia, membro d’onore dell’EGTA-Associazione Europea Concessionarie tv e radio, membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Eurovisioni, socio e direttore del Centro Documentazione e Formazione della Fondazione Salvetti. e-mail: paolo.lutteri@libero.it