Lettera aperta di Paolo Lutteri – 12 settembre 2024
Cara Lucia,
la cultura ha un gran pregio, solo se gli intermediari mediatici sono efficaci. Il pregio è che la cultura può allenare la ragione, la critica, l’autocritica, la consapevolezza, la lungimiranza, la responsabilità personale e sociale. Ciò detto, bisogna partire dalla constatazione che biologicamente non siamo tutti uguali.
Secondo alcuni scienziati la combinazione dei geni fondamentali ha prodotto finora 100 miliardi di homo sapiens, con caratteristiche e vite diverse. Vuol dire che gli elementi di contiguità caratterizzano una specie ma non omologano gli individui, che non sono esattamente uguali. La biblioteca biologica, come direbbe Telmo Pievani è molto ricca e ci sarebbero anche zone ‘vuote’ che l’evoluzione non ha ancora raggiunto.
E’ la cultura, quell’educazione che impariamo o no, volenti o nolenti, quello che guida il sistema sociale nel quale viviamo. Già Laozi ci aveva detto che “il Dao non è immutabile”, che tradotto dagli ideogrammi significa che “il percorso di vita non è unico”. E’ la fondamentale diversità tra gli uomini che è causa della crescita evolutiva, della socialità, della cultura, dei sentimenti, dell’amore e dell’aggressività, ovvero della pace e della guerra. Con i miti i filosofi in Cina e in Grecia (ma anche altrove) erano già arrivati a cogliere che dietro la cultura c’è la morale e la giustizia, ma oggi ce ne siamo quasi del tutto dimenticati, occupati come siamo a contare soprattutto i patrimoni e il denaro.
Accanto ad una evoluzione solo biologica dobbiamo constatare che c’è stata nei secoli un’evoluzione culturale dell’intelligenza, sociale, che vuol dire condivisione degli obiettivi, difesa delle risorse, costruzione di monumenti (oggi diremmo impianti e tecnologie). Questa crescita non ha unificato gli obiettivi dell’umanità. Le voglie di un popolo, naturali o indotte, e l’esibizionismo di qualche leader, non senza aggressività ideologica o economica, mette in discussione il benessere collettivo ed esaspera le divergenze e le disuguaglianze.
Qui entrano in gioco i comunicatori. Poche migliaia di papiri e incisioni su pietra, milioni di codici medioevali, miliardi di testi editoriali digitali a disposizione di tutti. Un bel balzo per la civiltà. Voglio arrivare qui: il fatto è che senza megafoni le idee e gli individui non vanno da nessuna parte. Sono i mass media e i social del nostro tempo che amplificano idee e esaltano gli individui, in positivo o in negativo, in un frullatoio di critiche, dubbi, consensi, fanatismi, ribellioni e servilismi.
Ecco che torno sull’importanza educativa degli editori, troppo spesso attaccati agli argomenti di pettegolezzo. L’appeal degli argomenti di libidine sentimentale (eros e violenza fanno audience, come è noto) distoglie da una formazione sociale più impegnata, dalla soluzione di problemi più impegnativi ma di più importanza per una politica planetaria. Ci siamo in mezzo, e abbiamo capito che l’intrattenimento leggero, a cui si concede anche la vita dei politici, vince sui progetti di civiltà. Anzi: un progetto di civiltà se non è tradotto in termini di marketing di consumo non riesce a procedere.
Come avrai visto, mi tocca usare l’immagine di un bel pomodoro per ricordare la schiavitù dei braccianti e quella di una fetta di emmental per esemplificare la solidità di un sistema nonostante i bug. Oggi ho usato le paperelle. Non so neppure se questi ami per la lettura siano efficaci. Ci provo. Tu scrivimi ancora, abbiamo tanti argomenti da analizzare e tanti ancora da scoprire.
L’attualità quotidiana fa spettacolo, quella del futuro talvolta fa paura, ma siccome siamo un soffio di polvere nella vita dell’universo, il mondo proseguirà comunque vivacemente come un numero illimitato, non periodico.
Ti voglio bene
Paolo