Lettera aperta di Paolo Lutteri – 5 settembre 2024
Caro Andrea,
il giornalismo italiano non è così ‘poliziesco’ come quello anglosassone. Ma questa è solo un’opinione. Di sicuro il giornalismo di inchiesta, nonostante la spinta degli amici del Premio Morrione, non è così importante come quello di intrattenimento e gossip. Gli editori, tuttavia, commerciali o no, non possono trascurare situazioni pubbliche che mettono in discussione la reputazione e la responsabilità di uno Stato tra i primi al mondo per capacità industriale e culturale e che temporaneamente guida il G7.
Già ne ho scritto a Marina, ma senza risultati. Torno sull’argomento.
Diciamoci la verità: tra luglio e agosto ci siamo trastullati. Mentre infuriano le guerre in Ucraina e Palestina (dovrei dire i massacri) le nostre Regioni si sono riempite di turisti italiani e stranieri: taxisti, balneari e ristoratori hanno arrotondato i loro incassi, prevalentemente in nero; i media ci hanno imbottito di sport, ennesime repliche tv, elezioni americane, delitti di famiglia, vacanze di vip e ministri. I giovani fricchettoni sui social hanno fatto marmellate di parole e sesso virtuale, gli anziani lettori e ascoltatori hanno sospirato sulle pensioni a rischio e sulle interviste dei vecchi attori o techetè che dir si voglia.
Dei lavoratori schiavizzati quasi niente. I lavoratori immigrati sono ancora tutti nei campi e nelle bidonville, sfruttati e vilipesi, col caldo torrido o sotto i temporali. (Oggi trascuro i pastori, i muratori, le colf e i lavapiatti: ne parlerò in altra occasione).
Ma il Ministero del Lavoro (e delle Politiche Sociali!) che fa? Qualche sussulto dei Sindacati c’è stato, qualche intervento di Polizia anche. Ma la sostanza del panorama è sempre quella. Omertà e collusione, silenzio e complicità. Che cosa aspettano i giornalisti seri dell’economia ad occuparsi dei problemi di vita decorosa di 200.000 non-italiani sottopagati ma che lavorano anonimi per l’Italia, per esempio, in agricoltura? Il 16,8% della produzione agricola è in nero, dice la Cgil. Aggiungi la gestione della violenza, delle minacce, delle complicità e della criminalità organizzata. E’ noto che le punte più note di questo sfruttamento stanno nelle provincie di Latina, Salerno, Caserta, Foggia, Reggio Calabria, ma non mancano casi anche in Italia settentrionale.
E i partiti? Ah be’: gli immigrati non portano voti. E i Prefetti, i Sindaci e le Polizie locali: sanno tutto e tacciono? Non basta fare le multe per soste vietate. E i giornalisti? Aspettano un altro omicidio sul lavoro? Ma abbiamo tanto intrattenimento leggero e cronache pettegole per il quotidiano.
Al mercato la gente compra ogni giorno frutta e verdura raccolta in nero: agrumi, pesche, albicocche, uva, prugne, mele, angurie, olive, pomodori, cornetti, peperoni, zucchine, melanzane, patate, cipolle, insalate. Tonnellate di prodotti, come puoi immaginare. Non è proprio marginale, sembra un modello agricolo formalizzato.
La Cgia di Mestre, a giugno, ha offerto qualche dato: in tutto il 2023 sono stati scoperte ufficialmente solo 2.123 vittime di sfruttamento e caporalato in agricoltura. E gli altri? Fantasmi? Suvvia, cari editori e reporter, occupiamoci di questi invisibili e dei loro sfruttatori, dell’informazione siamo responsabili noi.
E tu Marina, con un curriculum di alta specializzazione, se sei veramente competente, batti un colpo. Fanne un’operazione di marketing responsabile, avvia controlli, assistenza e percorsi di integrazione, dai dignità anche a questi lavoratori, vedrai che gli editori e i giornalisti ti seguiranno.
Buon lavoro a tutti!
Paolo