Si è da poco concluso il “Gender Equality Forum 2022”, tenutosi a Bruxelles (e online) il 24 e 25 ottobre. L’evento, organizzato dall’EIGE (Istituto Europeo per l’uguaglianza di genere), ha visto l’alternarsi di discussioni e workshop con esperti del settore per discutere del progresso nell’uguaglianza di genere. Il risultato? La maggior parte dei partecipanti ha preso l’impegno di definire i propri #3StepsForward per “costruire un’economia dove la parità di genere, la giustizia sociale e la prosperità vanno di pari passo”.

EIGE, inoltre, ha lanciato il suo Gender Equality Index 2022,un indice che monitora lo sviluppo della parità di genere nei paesi europei, confrontando vari parametri e dando votazioni da 1 a 100, dove 100 rappresenta il raggiungimento compiuto dell’obiettivo.

L’EIGE aveva già da tempo stilato un rapporto dettagliato su come il digitale incide sull’uguaglianza di genere: “Uguaglianza di genere e digitalizzazione nell’Unione Europea”.

Questi dati dimostrano coma la digitalizzazione sia una grande opportunità per favorire la parità di genere: le donne, infatti, sono parte attiva del cambiamento tecnologico e culturale. L’apporto delle intuizioni e delle competenze “femminili” (flessibilità, negoziazione, empatia fra le altre) contribuisce a dare una spinta notevole alla trasformazione digitale, affinchè questa possa raggiungere il suo pieno potenziale.

La Gender Diversity permette dunque di valorizzare i talenti e massimizza il potenziale che l’Intelligenza Artificiale può offrire nei prossimi anni, che saranno cruciali.

La situazione italiana

Secondo l’Osservatorio sulle Competenze Digitali, il divario di genere è significativo all’interno del settore ICT italiano, dove la quota femminile delle immatricolazioni alle lauree ICT è sotto il 20%. Questo si riflette poi sull’intero settore IT, nel quale solo il 15,1% degli specialisti sono donne, secondo i dati di Eurostat.

La situazione è peggiorata anche in seguito alla pandemia, che ha accelerato l’adozione delle nuove tecnologie, trasformando il mondo del lavoro. Secondo una ricerca di McKinsey Global Institute, 107 milioni di donne perderanno il lavoro entro il 2030 e più di 40 milioni dovranno cambiarlo.

Per ridurre il gap di competenze tecnologiche all’interno del settore ICT bisogna agire su vari fronti, partendo dall’ambiente familiare, fino all’università e alle aziende.
Bisogna educare la società in generale e quindi le scuole, i media, i social network
promuovendo l’inclusione. Un modo può essere quello di ideare iniziative di formazione tecnologica focalizzate sulle donne: training mirati sulle competenze tecnologiche utili nel mercato del lavoro e iniziative di mentoring su soft skill e leadership. Inoltre, campagne di informazione sulle maggiori opportunità di reddito per combattere il gap salariale, che nell’ambito digitale è più alto del divario salariale medio generale di quasi il 21%.

Secondo il grafico della Commissione UE (2022), l’Italia è diciottesima in Europa per indice di digitalizzazione dell’economia e della società. E nonostante il premier neoeletto sia una donna, Giorgia Meloni, le misure che la maggioranza sta discutendo non prendono in considerazione l’innovazione tecnologica. Questo rischia di peggiorare ancora di più la situazione italiana in una reazione a catena di conseguenze che si ripercuotono sulla produttività, sul fatturato, e di riflesso sull’uguaglianza di genere.

Urge un mercato del lavoro più equo che valorizzi il talento disponibile, per far progredire ulteriormente la digitalizzazione della nostra società. Qualsiasi evoluzione digitale sarà altrimenti incompleta.

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Chiara Zampiva
Laureata in "Scienze del testo letterario e della comunicazione" presso l'Università Ca' Foscari nel 2020, sta attualmente frequentando la laurea magistrale in Editoria e scrittura presso La Sapienza Università di Roma. Interessata al giornalismo e all'informazione tramite i nuovi media, collabora con la rivista Media Duemila.