Il 27 novembre 2009 è stato pubblicato un appello alle istituzioni da parte della Responsabile dell’Osservatorio Direttiva Ue Servizi Audiovisivi, Gabriella Cims, per un’immagine più dignitosa della donna in Tv. Vi aderisce anche Elisa Manna, Responsabile Politiche Culturali del Censis.
Media Duemila l’ha incontrata per farci raccontare un percorso difficile, ma non impossibile, di donne che desiderano essere rispettate…
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Il Libro Bianco “Donne e Media in Europa” che ho realizzato per il Censis, finanziato dall’Unione Europea, si può considerare in un certo senso l’ispiratore di questo movimento. Si tratta di una panoramica sulle leggi che in altri Paesi europei tutelano l’immagine femminile nei media ed è nato da una mia personale curiosità di ricercatrice: durante i miei viaggi constatavo quanto diversa si presentasse l’immagine della donna in Tv. Negli altri Paesi vedevo in Tv donne rappresentate con trucco e abbigliamento vicini alla realtà della donna impegnata a tutto tondo nella vita quotidiana e non solo come un bel corpo da mostrare. Ecco da dove è nata l’idea di realizzare un’analisi comparata che ho concretizzato grazie al sostegno dell’Unione Europea.
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Che immagine della donna ci dà la Tv italiana?
È un’immagine stereotipata, bipolare: da una parte c’è la vittima che riempie le vicende di cronaca nera, vivisezionata in tutti i suoi possibili aspetti dalle innumerevoli trasmissioni televisive, dall’altra la donna patinata, esteticamente perfetta e giovane (al di là dell’età reale), senza personalità , che non ha quasi più nulla di umano essendo spesso il prodotto di una serie di interventi chirurgici. In questa immagine non si ritrovano le donne reali, che studiano, che sono impegnate professionalmente e culturalmente.
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Siamo davvero così indietro come rilevato dal Libro Bianco del Censis?
Si, siamo indietro, perché non abbiamo gli strumenti per intervenire. A dicembre era in rinnovo il contratto di servizio che lega lo Stato e la Rai e il movimento “Donne e Media”, cui volentieri ho aderito tra le primissime si è battuto proponendo 11 emendamenti in cui per la prima volta si parla di rispetto per l’immagine femminile in Tv e di promozione di una pluralità di immagini e di identità femminili, per restituire attraverso la televisione la ricchezza di sfaccettature dell’identità femminile di oggi. Non solo veline, insomma. Non vogliamo censurare nessuno, ma ricordare che la dignità delle persone passa anche attraverso la rappresentazione che ne fanno i media. Abbiamo smosso coscienze ed istituzioni, il Presidente della Repubblica Napolitano ci ha dato il suo sostegno incondizionato; abbiamo avuto l’appoggio anche del Presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza, Sergio Zavoli, e l’ex Ministero Scajola aveva promesso di creare un codice di autoregolamentazione. Ora è tutto fermo, mi auguro però che questa battaglia di civiltà possa proseguire con il sostegno di tutte le forze politiche.
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C’è evidentemente un grosso gap tra gli educatori, la scuola, la famiglia e le lezioni che provengono dalla televisione…
È importante che nel nostro Paese ci si riappropri del gusto di esercitare una cittadinanza attiva e in questo senso i new media e Internet possono essere di grande aiuto. Lo stesso appello “Donne e Media” ha avuto grande successo perché è stato trasmesso da un giornale on line, Key4biz.it, ed è rimbalzato in Rete. I nuovi strumenti di comunicazione ci danno la possibilità di far sentire la nostra voce, accanto a quelli istituzionali, come il Comitato per l’applicazione del codice “Media e minori” (che raccoglie i reclami dei telespettatori, li valuta e, se necessario, procede alla sanzione dell’emittente), l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria e l’AGCOM che può anche comminare sanzioni pecuniarie.
Certo, questi organismi sono spesso indeboliti dalla stessa normativa che li istituisce: ma le norme si possono cambiare se la società civile fa pressione.
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Quanta responsabilità ha la politica?
C’è una responsabilità politica enorme non imputabile però al singolo personaggio. Per diversi decenni in Italia c’è stata una trascuratezza totale rispetto alle politiche culturali: abbiamo tutelato di più le testimonianze culturali del passato (peraltro non bene) più che trasmettere impulsi di cultura viva. Ci sono epoche in cui ci si può permettere di avere un’idea di cultura di tipo estetizzante ma ci sono altre epoche, come la nostra, in cui l’idea di cultura si deve sovrapporre ad un’idea di civiltà , di sostegno a dei valori che fanno l’essenza stessa dell’essere umano. Dobbiamo recuperare l’idea di una politica culturale fatta per far crescere la cultura e la civiltà collettiva nella dimensione di vita reale e in questo senso i media possono fare veramente moltissimo.
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intervista di Sara Alesi