Al congresso della Federazione Nazionale della stampa Italiana Franco Siddi e Roberto Natale hanno unito editori e sindacato, e soprattutto due personaggi che non sedevano allo stesso tavolo da quasi venti anni: Fedele Confalonieri e Carlo De Benedetti. Ciò a dimostrazione che la convergenza di interessi oggi è materia reale. Ed a questo proposito Siddi sottolinea che “non c’è atteggiamento di complicità, nessuno vuole giocare a compagniucci, insieme si esercita una responsabilità consapevoli che le sfide da affrontare si possono vincere confliggendo. Il sistema deve generare condizioni di lavoro giuste per i giornalisti, per gli editori e per gli utenti”. In pochi forse ricordano che il sindacato dei giornalisti e l’associazione editori sono nate insieme per poi staccarsi, 100 anni sono passati dai primi passi e molte controversie restano le stesse, oggi ingigantite dalle nuove tecnologie e dalla rivoluzione che queste comportano.
“Il futuro dobbiamo affrontarlo – ribadisce Siddi – come conservatori o come innovatori, se risolvere problemi significa trovare sinergie con chi rappresenta l’industria dell’editoria ciò non deve rappresentare un problema”. Tutti i relatori di questa giornata di particolare interesse culturale sono stati d’accordo nel sottolineare quanto l’informazione, bene immateriale utile a tutti, debba rinascere con regole e prospettive consoni al terzo millennio. Dopo il fascismo si è riscoperto il giornalismo ed il suo valore – afferma Siddi – se il valore dell’informazione decresce, l’industria muore. Aggredire il futuro può generare sconforto, può essere faticoso. Il confronto delle parti sociali è decisivo. Il sindacato deve prendere atto della realtà possibile oggi. Il giornale tradizionale non è finito da un valore aggiunto al sistema, senza i giornali l’enorme materiale distribuito da Assange non avrebbe avuto lo stesso impatto sull’opinione pubblica”.
Il segretario della Fnsi propone anche una riflessione interessante sulla pubblicità: “L’informazione non può essere tutta gratuita ma non può nemmeno dipendere solo dalla pubblicità. C’è stato un tempo in cui dicevamo che troppa pubblicità poteva in qualche modo influire sul prodotto giornalistico nel suo complesso, oggi ci lamentiamo del contrario: ah se ci fosse più pubblicità”. Ai giornalisti un esortazione: “non accettate compensi da fame. Un esempio per tutti Gad Lerner che ha saputo trasformarsi in giornalista multipiattaforma”. In conclusione un nuovo patto, non più eresia ma una necessità dettata dai tempi.
Roberto Natale guarda all’Europa, invita a riflettere sul caso Ungheria e a ragionare sul futuro della professione. “Non vogliamo posizioni passatiste nostalgiche, di buon giornalismo ci sarà sempre bisogno. Non è successo ciò che in molti speravano: la Rete non ha cancellato la necessità di giornalismo. WikiLeaks dimostra quanto c è bisogno di buon giornalismo. Lo scontro fra Assange ed il quotidiano The Guardian è la prova di tutto. Questo scontro fa riflettere su cosa deve essere il buon giornalismo. Quando parliamo di giornalismo lo dobbiamo contrapporre al neopopulismo mediatico”.
Qualità dell’informazione, diritti e lavoro sono temi che con la crisi hanno significato perlopiù tagli: “Dobbiamo capire se gli editori hanno idee – continua Natale – per comprendere quale sia il presente ed il futuro possibile per il nostro mondo. Press divide: si legge sempre meno fra i giovani. Invece di pensare solo ai tagli bisogna capire come guadagnare nuovi lettori. Conflitto e conflitti di interessi significa che esiste un problema di assetto di sistema, non basta prorogare un divieto di incroci per pochi mesi, abbiamo tutti bisogno di norme certe. Sono certo che ciò che discutiamo oggi non sono temi che riguardano solo i giornalisti. L’Italia ha dimostrato che c’è una cosciente consapevolezza del diritto di essere informati”.
* foto di Angelo Palma