Un algoritmo può selezionare la giusta cura per i pazienti e salvare migliaia di vite umane ogni anno, se associato ad una terapia tornata attuale dopo oltre mezzo secolo: la fagoterapia (o batteriofagoterapia), una strategia terapeutica anti-batterica che si basa sull’impiego di virus “buoni” (fagi). Tutto merito di una start-up tutta italiana, che ha messo a punto un sofisticato e innovativo sistema di intelligenza artificiale che permetterà di selezionare i migliori fagi per produrre formulazioni terapeutiche personalizzate. Il tutto in pochi giorni e con una altissima percentuale di riuscita.

È questo in sintesi il complesso progetto messo in piedi da un team multidisciplinare di quattro giovani italiani, che hanno fondato “Fagoterapia Lab”, la prima start-up biotech Made in Italy che è attualmente nella fase di fundraising. Un laboratorio biotecnologico che lavora su ricerca, sviluppo e commercializzazione delle terapie specifiche basate sui batteriofagi, virus innocui per l’organismo umano e che attaccano in modo specifico i batteri, combattendo le infezioni.

Il team è formato da Novella Cesta (medico infettivologo), Mariagrazia Di Luca (ricercatrice e microbiologa), Giuseppe Maccari (virologo e bioinformatico) e Stefano Cheli (amministratore delegato ed esperto di consulenza strategica, finanziaria e marketing).

Al centro del progetto c’è la lotta all’antibiotico-resistenza (AMR), problematica sanitaria in netto aumento in tutto il mondo, collegata in particolare all’abuso di antibiotici che rende i batteri praticamente resistenti alle cure classiche. I numeri delle infezioni mortali da antibiotico-resistenza sono in costante crescita: nel 2019, prima della pandemia da Covid-19, sono stati stimati circa 1,3 milioni di morti a livello globale, di cui 33mila in Europa e 13mila solo in Italia. In Europa i casi di infezioni da antibiotico-resistenza sono 700mila ogni anno e costano al sistema sanitario europeo un extra di oltre un milione e mezzo di euro. Altri dati forniti dal Ministero della Salute spiegano che un terzo delle infezioni è causato da batteri resistenti agli antibiotici, il 75% è rappresentato da infezioni correlate all’assistenza (ICA), mentre l’impatto delle infezioni da batteri resistenti agli antibiotici è pari a quello di tubercolosi, influenza e HIV/AIDS messe insieme. Inoltre, l’antibiotico-resistenza è aggravata anche dalla mancanza di nuovi antibiotici in commercio o in fase di sperimentazione.

“Ma il dato più allarmante è quello che riguarda il lungo periodo: se non si trovano strategie alternative e innovative, secondo l’OMS entro il 2050 sono attesi oltre 10 milioni di morti per antibiotico-resistenza”. A spiegare l’idea di partenza è Novella Cesta, infettivologa, tra i quattro co-founder di “Fagoterapia Lab”.

Com’è nato questo progetto?

“Tutto parte nel 2019, quando io e Mariagrazia Di Luca ci siamo prima incontrate a Berlino e poi, rientrate in Italia, siamo state contattate dal Ministero della Salute per discutere del turismo medico verso l’est Europa, dove la fagoterapia non è mai stata abbandonata. Molti pazienti italiani scelgono di andare nei Paesi dell’ex Unione Sovietica, per comprare trattamenti e auto somministrarseli. Al momento, però, questi trattamenti non sono prodotti con standard qualitativi che rispettano quelli europei e quelli italiani. Quindi è chiaro da anni che la domanda per questa tipologia di cure è alta anche in Italia. E grazie alla pandemia, forse è stato compreso quanto sia fondamentale farsi trovare pronti in caso di emergenza”.

Qual è l’idea che Fagoterapia Lab vuole mettere in campo?

“Si tratta di un progetto innovativo e altamente competitivo sul mercato. Siamo gli unici a poter contare su un algoritmo di AI trainato su migliaia di interazioni tra genomi batterici e fagici ed una biobanca di virus batteriofagi, questi ultimi direttamente collezionati dall’ambiente ed adattati per combattere i batteri. Grazie a questo algoritmo studiato da Giuseppe Maccari, riusciamo ad incrociare il del genoma del batteriofago per ottenere la cura più adatta in tempi rapidissimi. Basti pensare che alcuni dei nostri competitor assicurano un risultato in circa due mesi, mentre Fagoterapia Lab può produrre un farmaco specifico in 7-10 giorni grazie all’intelligenza artificiale”.

E la specificità del trattamento è l’altra grande novità.

“Il nostro approccio è personalizzato. Riusciamo a produrre una formulazione, un trattamento personalizzato, proponendo il fago giusto per quel target di batterio, che dunque cura l’infezione in maniera mirata grazie ad una formulazione adatta a quel determinato paziente”.

Qual è il vantaggio offerto da questa tipologia di cura?

“Non si tratta di un preparato standard, come un antibiotico, che dunque ha delle percentuali di efficacia. L’algoritmo ci consente un approccio personalizzato e la sicurezza dell’efficacia del trattamento. Una volta individuato il fago giusto, grazie all’intelligenza artificiale possiamo produrre la formulazione terapeutica adeguata per il trattamento del paziente”.

Questa potrebbe essere la cura del futuro?

“In pratica sì. Nonostante questa sia una strategia anti-batterica già conosciuta da inizio ‘900, con l’avvento degli antibiotici era stata completamente abbandonata in Europa. Invece, adesso, con le case farmaceutiche che non investono più tanto sulla ricerca di nuovi antibiotici a causa dei tempi lunghi (servono circa 15 anni per produrne di nuovi, ndr), la fagoterapia può essere la vera svolta. È innocua per l’uomo, non ha effetti tossici, non ha impatto negativo sull’organismo ed è efficace”.

Di cosa c’è bisogno?

“Di investitori. Attualmente per far partire a pieno regime la nostra start-up servono ancora fondi, per questo siamo tutti e quattro attivamente impegnati nella parte di fundraising, e guidati anche dall’esperienza di Stefano Cheli. Sul mercato c’è spazio per la strategia che abbiamo studiato noi, ma abbiamo bisogno di partner che ci affianchino in questo progetto. Investire oggi significa farsi trovare pronti domani, in un settore che adesso sta ripartendo anche su input dell’EDQM (European Directorate for the Quality of Medicines) che sta scrivendo un primo documento dedicato all’applicazione della fagoterapia sull’uomo da inserire nella farmacopea europea. Siamo aperti a parlare con altri investitori pronti a credere con noi in questo progetto per creare un cambiamento importante”.

Si può già utilizzare la fagoterapia?

“Siamo in contatto con diverse strutture sanitarie italiane, tedesche e inglesi, interessate al progetto. Al momento l’utilizzo della fagoterapia all’estero viene consentita in ottica compassionevole, in quei casi clinici in cui non ci sono possibilità terapeutiche alternative. E funziona. Noi siamo concentrati sulle infezioni delle vie urinarie e di protesi articolari sostenute da batteri antibiotico-resistenti, quelle più difficili da eradicare, ma la fagoterapia può essere applicata in maniera anche più estesa per altri casi di infezioni”.
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Dario Sautto
Dario Sautto: napoletano, giornalista e blogger, cronista di giudiziaria presso "Il Mattino", ha collaborato con il "Roma" e "la Repubblica", è stato direttore di una webtv, conduttore radio e tv