IL 10 gennaio 2023 è stata pubblicata una mia intervista su La Nazione a proposito della rivolta brasiliana a favore di Bolsonaro, che è tranquillamente in Usa. Devo dire grazie @Marcella Cocchi per avermi dato l’opportunità di riflettere su un concetto che fino ad ora, è stato per me solo intuitivo, ma non studiato a fondo che è quello di censura rispetto alle fake news. Non essendo italiano ho forse abusato della parola e del concetto, come mi ha fatto notare l’amico sociologo ed esperto di cittadinanza digitale, professore Massimo Di Felice.
Con l’articolo “Rabbia scatenata dall’odio sociale – Serve anti fake news” do il via a considerazioni importanti sul piano sia politico che epistemologico, meriterebbero una discussione estesa a decisori e anche a programmatori di risposte alle fake news. In questo caso particolare il medium è veramente il messaggio e la problematica dovrebbe portare sull’impatto del medium e non solo del contenuto!
Siamo d’accordo con Marcella Cocchi quando mi dice che “il discorso delicato sulla censura si può prestare a fraintendimenti se reso nella misura contenuta dell’intervista di un quotidiano ed anche che c’è necessità di intervenire in qualche modo per prevenire gli effetti delle informazioni non verificate e delle falsità”. E’ mia intenzione continuare con Media Duemila e l’Osservatorio TuttiMedia, ambienti di cui mi onoro di fare parte, il mio pensiero sulla censura perché la parola è associata a una tendenza di governi estremisti a controllare l’informazione con un’azione di forza. Oggi il nuovo contesto è la cultura digitale che consente la creazione e la distribuzione istantanea di informazioni senza le garanzie convenzionali di verifica fattuale e scientifica, o le barriere del ritardo temporale che consentivano e continuerebbero a consentire risposte controfattuali in modo da mantenere vivo e aperto il dialogo sociale. La questione della velocità e della non verificabilità richiede un nuovo approccio utile al mantenimento dell’equilibrio del discorso sociale.
L’Europa sta lavorando, noi tutti esperti stiamo cercando di capire come proteggere l’affidabilità di qualsiasi informazione distribuita digitalmente. Da tempo ripeto che non mi trova d’accordo chi ritiene che le parole sulla rete e su carta determinano gli effetti. Bisogna essere consapevoli che le condizione di produzione e di uso sono radicalmente diverse. Forse alla fine si troverà una soluzione, ma nel frattempo serve una strategia contro le informazioni non verificate che minacciano chiaramente il discorso sociale e un accordo di principio sui concetti fondamentali.
La velocità delle trasmissioni online non solo impedisce la dimensione riflessiva della comunicazione sociale, ma accelera e spinge la dimensione emotiva. Ormai la reattività delle persone alle notizie si nutre di indignazione o paura piuttosto che di riflessione, portando a livelli di intensità che eliminano ogni barriera alla violenza, come testimoniano i saccheggi di uffici e sale riunioni del 6 gennaio 2020 a Washington e due anni dopo in Brasile.