Eravamo in una Chiesa, la cattedrale di una bella città mediterranea. La lingua che il prete parla è aramaico. Ci fermiamo. Ascoltiamo il sermone di questo prete libanese che continua a sottolineare la totale assurdità delle divisioni religiose. Urla dei cristiani massacrati, delle comunità che in Arabia Saudita per una messa rischiano la morte. E ad un certo punto un giovane, capelli neri, faccia gentile si alza e grida Islam. Dopo poco si sposta proprio dietro di noi. Abbiamo paura ed anche noi ci allontaniamo. Abbiamo paura, non abbiamo il coraggio di uscire dalla Chiesa ma…
Poi per la partenza scegliamo Uber. Un gentile signore di mezza età ci porta all’aeroporto, quasi gratis: è la nostra prima corsa. L’autista racconta che è la policy di Uber ad offrire una corsa la prima volta che si usa il servizio.
È gentile, ascoltiamo ammirati la sua storia: ha cambiato vita, faceva il cuoco, adesso l’autista. Spiega che tutte le macchine degli autisti Uber non possono essere identificate in tempo reale su una mappa a causa dei tassisti. “Se ci identificano – dice – ci rendono la vita un po’ difficile. Preferiamo la massima discrezione. Paghiamo le tasse, non facciamo nulla di illegale”. Quasi un servizio sociale se si pensa che nel nostro caso sarebbe costato poco più di due biglietti per il Bus. Lo sappiamo perché finita la corsa arriva il messaggio telefonico. Totale dovuto meno sconto prima corsa…
L’esperienza è stata positiva.