di AMERICO BAZZOFFIA
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Molte sono le innovazioni nell’ambito della “propaganda” nate dalla contaminazione tra linguaggi, elettronica e telematica. Molti di questi aspetti devono ancora essere approfonditi dagli studiosi del settore e dagli stessi soggetti politici che occupano questi luoghi virtuali del consenso.
Il primo elemento, il più evidente, è forse la non completa consapevolezza delle possibilità offerte alla politica dalla Rete: creazione del consenso, diffusione delle idee, organizzazione della militanza, costruzione di reti, relazioni e lobby, raccolta fondi, sono solo la punta dell’iceberg delle potenzialità offerte dalla “repubblica elettronica” (Lawrence K. Grossman, “La repubblica elettronica”, Editori Riuniti, 1997). Le esperienze di gestione delle campagne elettorali oltreoceano ce lo hanno dimostrato. Eppure c’è ancora la tendenza da parte di esponenti politici e partiti di “occupare” la Rete senza “coglierne l’essenza”, la sua natura umana e tecnologica, innovativa e al contempo ancestrale. Manca dunque quella che io definisco il “conscius tecnologico“, pur essendoci un discreto “know how“.
Ciononostante, anche in Italia le forme di “mediazione democratica” per dirla nell’accezione di Derrick De Kerckhove e Antonio Tursi (D. de Kerckhove – A. Tursi, “Dopo la democrazia?”, Apogeo Editore, 2006) si evolvono grazie alla Rete, alle nuove piattaforme e ai nuovi strumenti offerti dell’informatica. Un’evidente innovazione-evoluzione per alcuni, degenerazione per altri, è la “contaminazione” che nella Rete avviene tra giornalismo, attivismo della militanza e comunicazione politica (quest’ultima è accezione asettica e semanticamente più neutra rispetto al più noto termine di “propaganda”). Una contaminazione tra questi tre mondi (o modi di vivere la politica) nella Rete genera a volte anomali cortocircuiti di senso tra fonti e destinatari, e messaggi dai significati secondi o addirittura imprevisti e contrari alle finalità da cui prendevano origine. Facebook, in particolar modo, è uno dei più importi social network colonizzato da digital natives e da digital immigrans della politica. In questo ambiente digitale un politico, un partito o un movimento può facilmente e rapidamente diffondere idee, fare proseliti, cercare consenso. Ma spesso ciò che lascia più sconcertati è appunto la contaminazione che si genera tra giornalismo, militanza e politica: i giornalisti diventano “amici” di esponenti politici ed in questo modo i politici – più o meno consapevolmente – rilasciano dichiarazioni alla stampa attraverso ciò che pubblicano sui wall. I politici, i militanti e gli elettori interagiscono direttamente non più mediati da gerarchie di partito o filtri istituzionali o dalla stampa; inoltre i politici mostrano se stessi contaminando vita privata e pubblica con atteggiamenti e dichiarazioni tra “scena e retroscena” (vedi Joshua Meyrowitz, “Oltre il senso del luogo”, Baskerville, 1995). Le iniziative politiche travalicano la ristretta area geografica dei circoli. Militanti e piccoli dirigenti riescono ad ottenere clamore e visibilità dentro e fuori il partito con una diffusione ed una rapidità impossibile solo pochi anni or sono.
In sostanza militanti, esponenti politici, giornalisti ed elettori sembrano vivere dunque in un comune “circolo di partito diffuso”, che non ha però le pareti protettive e riservate delle vecchie sezioni. Infatti, “le chiacchiere di partito” svolte su Facebook sono diventate, in molte occasioni, articoli di giornali e inconsapevoli “dichiarazioni” che hanno prodotto più di qualche imbarazzo.
In questo ambito di condivisione generato dalla Rete e accelerato e contaminato nei social media trova naturale diffusione una nuova forma di comunicazione politica: è la “contro-propaganda telematica”. La contro-propaganda, forma di comunicazione politica che osteggia l’avversario modificando il senso del suo messaggio, è un processo nato con la stessa propaganda. Celebre fu il caso del manifesto celebrativo della Democrazia Cristiana del 1963 a cui allo slogan “La DC ha 20 anni” vennero aggiunte scritte insolenti come “è ora di fotterla” o “ed è già così puttana” che costrinse il partito a ritirare il manifesto; o i nasi rossi da pagliaccio giustapposti sul volto di Silvio Berlusconi nei manifesti delle ultime campagne politiche (si veda in proposito: Americo Bazzoffia – Alessandro Castiello, “Nel segreto dell’urna Dio vi vede Stalin no! – Storia della propaganda politica italiana”, Irideventi Edizioni, 2010). Con l’avvento delle nuove tecnologie e la progressiva alfabetizzazione a programmi di computer graphics e di montaggio video la contro-propaganda sta esplorando nuovi territori e nuovi linguaggi. Non solo elaborazioni grafiche di manifesti (come nell’esempio “Meno tasse per Totti” versione calcistica del celebre manifesto propagandistico di Forza Italia), ma anche video rielaborati o doppiati come nel caso di “Ricomincio da Dario”, video veicolato su YouTube a sostegno di Dario Franceschini, uno dei tre candidati segretario nelle ultime primarie del Partito Democratico (si veda: Americo Bazzoffia “Spot 2.0 – L’uso di YouTube come mezzo pubblicitario”, FrancoAngeli, 2010).
Sembra dunque palese che i nativi digitali e nuove forme di aggregazione e di consenso stiano prendendo forma nella Rete. Così è evidente che vi sia una sprovvedutezza nella gestione e costruzione di messaggi politici da parte di forme partitiche tradizionali. Ciò lascia aperte alcune domande: la mancanza di “conscius tecnologico” nella comunicazione politica contemporanea veicolata in Rete è un bene o un male nella repubblica elettronica? Siamo agli albori di nuovi enzimi creativi e partecipativi, o di nuove forme di persuasione occulta?
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Americo Bazzoffia
Docente di Tecniche della comunicazione pubblicitaria presso l’Università Sapienza di Roma