“Nostalgia di Futuro” 25 settembre Senato della Repubblica – Roma
Quando Derrick de Kerckhove parlava di dispositivi (per esempio telefoni intelligenti) che diventano gli “storage” della nostra memoria e degli algoritmi che iniziano a pensare per noi, il Gemello Digitale era un concetto, ancora, relegato al mondo delle macchine e alle discussioni fra ingegneri.
“Gli algoritmi in alcuni casi fanno già scelte per noi – afferma de Kerckhove – e la tendenza è in crescita. Già oggi puoi chiedere a una macchina se devi andare a destra o a sinistra, immagina se un giorno sarà: devo sposarmi o no?”. Una battuta non molto lontana dalla realtà visto che gli assistenti digitali si moltiplicano e che con il tempo si trasformano in Gemello Digitale.
La storia dell’assistente comincia nell’87 con un video di Steve Jobs. Presentava un ragazzo con un papillon che chiedeva “cosa volete sapere?”.
de Kerckhove afferma che il nostro telefonino è la prima versione del Gemello Digitale. La storia l’ho riportata in Digital Twin Disruption – Media Duemila 325, ed era come dicevamo un problema di ingegneri alle prese con una turbina difettosa; i due hanno pensato che invece di sostituire la macchina o il suo funzionamento era meglio creare un doppio digitale dello strumento all’interno del quale tutti i componenti e il modo in cui funzionavano erano rappresentati e si inseriva anche il recapito da chiamare in caso di problema. Ovvio che l’obiettivo, con lo sviluppo tecnologico e le innovazioni tecniche è arrivare a un programma che ripari la macchina in autonomia. Da qui è nata l’idea del “Gemello Digitale”. Da questo concetto, che era puramente ingegneristico, si è arrivati a un’applicazione puramente informatica, ad esempio alcuni hanno iniziato a valutare l’applicazione del “gemello” a diversi tipi di entità per esempio un quartiere, un’impresa, un magazzino fino ad arrivare a degli educatori che hanno pensato di applicarlo alla classe. A quel punto, vista la grande quantità di dati reperibili su di noi in rete, il passaggio all’individuo è stato scontato. Così si è usciti dal mondo particolare dell’ingegneria mettendo l’uomo al centro della questione del Gemello Digitale.
Secondo de Kerckhove ciascuno di noi ha già un Gemello Digitale ma in pezzi: banche dati slegate che raccolgono informazioni su di noi differenti e, per ora, non comunicanti. “Ho definito tutto ciò l’inconscio digitale – dice de Kerckhove – la mole di informazioni che si ha su di noi e che noi non conosciamo. L’inconscio digitale esternato diviene il Gemello Digitale, come a dire che il contenuto della nostra memoria tradizionale esce dalla testa e si ubica in un dispositivo. E una volta che si è spostato, costituisce con l’aiuto di “Alexa” (o degli altri assistenti vocali) un ricordo del fatto che tu hai comprato e assunto un farmaco tre anni fa (che magari ti ha fatto male) del quale il dottore neanche sapeva. A livello etico, giuridico e sociale avere un Gemello Digitale è una cosa diversa dall’essere “semplicemente” tracciati sulla rete: in teoria permetterebbe di riprendere il controllo sui dati dotandoci di un assistente fenomenale che ci conosce meglio di noi stessi. Il Gemello Digitale ha un futuro perché i suoi sviluppi industriali sono enormi. Può essere una positività della tecnologia se impariamo a usarlo bene”. Ed è per questo che l’Osservatorio TuttiMedia dedica l’ 11esima edizione di Nostalgia di Futuro a: Gemello Digitale l’altro me.