Come uscire dalla crisi del giornalismo? Se n’è parlato nella sala delle conferenze della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, in Corso Vittorio Emanuele, nell’evento “Giornalismi nella società della disinformazione”, tenutosi in occasione del ventennale dell’agenzia garante della Comunicazione, occasione in cui è stato presentato il rapporto Agcom: “News vs. fake nel sistema dell’informazione”. Dopo una prima parte in cui sono state evidenziate le criticità della professione giornalistica, con la partecipazione del presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Verna e con un vivace dibattito tra la direttrice dell’Huffington Post Lucia Annunziata e Alessandro Barbano, la sessione pomeridiana è stata dedicata all’individuazione di soluzioni alla crisi del giornalismo, partendo da quel “plurale” nel titolo dell’evento, che mette in luce come non vi sia più un solo modo di esercitare quello che Paolo Liguori chiama “il mestiere”, ma che ne esistano tante sfaccettature, così tante da dover essere necessario prevederne un adeguato riconoscimento: “Le nuove figure del giornalismo le abbiamo incluse nel contratto invece di adeguarle” ha detto il presidente di Confindustria Radio Tv Franco Siddi.
Di nuovi giornalismi ha parlato il direttore della comunicazione esterna di Eni, Marco Bardazzi, nel suo intervento in cui ha dato una prospettiva futura ineludibile per chi intende affrontare il giornalismo a livello metodologico: “Non è rinviabile la necessità di approfondire i temi di intelligenza artificiale e di come vivere la realtà aumentata in modo diverso, come gestire audio e podcast e analisi dei dati, per produrre contenuti, data driver, in modo che vadano a intercettare i desideri veri delle persone ed entrare nel dibattito delle community, che col giornalismo tradizionale non riusciamo a penetrare – ha esordito – Nelle redazioni serve apertura a contaminazione. Lavorare fianco a fianco con data analyst, graphic designer è faticosissimo, ma estremamente interessante e affascinante per immaginare contenuti nuovi. La creatività del giornalismo e la nuova professionalità possono portare spunti nuovi per raccontare in modo diverso ciò che interessa alle aziende”. Proprio sul versante aziende, Bardazzi ha inteso approfondire il discorso, parlando di “native advertising”, modalità che vede le società in prima fila per cercare nuove narrazioni efficaci di comunicazione: “Nelle aziende c’è fame di giornalismo. C’è bisogno di raccontare e di avere chi sa raccontare le storie. È un’opportunità sfruttata poco in Italia: il New York Times ha creato TBrand studio, Axel Springer ha il studio, Bbc Storyworks è il laboratorio di sviluppo di branded content della BBC. Nel gruppo Eni ci stiamo provando con Agi, rafforzando quello che riguarda produzione giornalistica con lavoro fatto sul fact checking, trovando altre fonti di ricavo – ha affermato Bardazzi – I giornalisti hanno modo di raccontare che non è dei pubblicitari, non dei giornalisti né di altri”.
A chiudere l’incontro è intervenuto Paolo Liguori, prima delle conclusioni affidate al commissario AgCom Antonio Nicita – con il commissario Mario Morcellini organizzatore e moderatore dell’incontro – che ha rimarcato il ritardo dell’Italia nelle soluzioni legate al nuovo approccio digitale: “Il problema di oggi è complementare: abbiamo ritardo enome di formazione digitale in italia. C’è più domanda e investimento sul digitale che giovani formati per il digitale. Pensiamo solo a quello che sta investendo le aziende: ora c’è il 5g. Questa roba qua è già dentro, applicazione del digitale alle cose, da oggetto a oggetto. C’è una carenza di almeno 150mila giovani formati nel digitale. Si parla di azienda italia. L’azienda editoria è ancora più arretrata culturalmente”.
Il futuro è nelle nuove modalità di distribuzione e di creazione dei contenuti, non nella riproposizione di contenuti “classici”, prosegue Liguori, ricordando il caso Corriere, che per non tagliare ha implementato la produzione di speciali cartacei come contenitori di pubblicità: “Le possibilità di comunicare non sono aumentate, sono decuplicate. C’è molto più da dire e molto più spazio per dirlo”.