Il giornalismo “partner” del progetto “Fame Zero” della FAO; la comunicazione che assume un ruolo fondamentale nel settore alimentare del Paese, tutelando la trasparenza e districandosi tra bufale ed allarmismi.
Sono alcune delle principali tematiche emerse nel corso della I edizione del “Festival del Giornalismo Alimentare”, tenutosi a fine febbraio presso l’aula magna della “Cavallerizza Reale” di Torino. L’evento è stato realizzato con l’obiettivo di raccontare il mondo della comunicazione alimentare in tutte le sue sfaccettature. Il cibo, anche nel periodo particolare ed incerto del dopo Expo, rappresenta un tema sempre più centrale ed è perciò necessario dare vita ad una “rete” per confrontarsi in maniera costante.
“Il giornalismo deve avere piena consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri”. A parlare è Clara Velez Fraga, capo ufficio promozione del Dipartimento comunicazione della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. “Il lavoro partecipativo parte da un’informazione giusta – ha continuato – e vi invito ad aprirvi a ciò che noi quotidianamente indaghiamo e di diventare ambasciatori di ‘Fame Zero’. È una sfida possibile? Abbiamo bisogno anche di governance, certo, per trattare i temi della nutrizione, sia denutrizione sia obesità, accesso al cibo, agricoltura sostenibile, sostegno ai piccoli produttori, spreco alimentare e spreco di acqua e di terra”.
La manifestazione, che gode del patrocinio tra gli altri della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stata caratterizzata dal saluto di Andrea Oliviero, viceministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali. “L’Expo ha dato impulso ad una straordinaria volontà collettiva – ha scritto il una lettera Oliviero – che ha permesso di diffondere una nuova consapevolezza alimentare, grazie all’impegno e alla mobilitazione del mondo del giornalismo, della formazione, della ricerca e dell’innovazione. Oggi siamo coscienti che vi è bisogno di più conoscenza e di più ricerca in un’ottica internazionale. Il rapporto tra territori e prodotti, che è un punto di forza del nostro sistema agroalimentare e che come tale tuteliamo e valorizziamo, non deve essere interpretato in chiave di localismo. Ciò di cui abbiamo bisogno è continuare a presidiare con forza il tema della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica in visione globale”.
Il Festival ha sviluppato temi etici come gli sprechi e il diritto al cibo, affrontati sia dal punto di vista del giornalismo economico sia sotto lo sguardo politico, ma anche problematiche “tecniche”, ovvero ad esempio come la comunicazione incide sulle abitudini dei consumatori e sull’educazione alimentare dei bambini.
“Torino è una città particolarmente attenta al tema dell’alimentazione, – ha detto il sindaco Piero Fassino nel corso del suo intervento al Festival – su cui è cresciuto nel tempo l’impegno delle istituzioni. È tra le prime città ad avere inserito nel proprio Statuto comunale il diritto al cibo”. Fassino ha poi ricordato “la grande tradizione enogastronomia di Torino” e “il grande impegno nel campo della sicurezza alimentare, grazie al lavoro dell’Istituto Zooprofilattico, uno dei centri di riferimento in Italia”.
La platea è stata eterogenea e sono stati trattati numerosi temi come quello dell’educazione sotto più punti di vista.
“Non meno importante dell’educazione del consumatore – ha affermato Giuseppe Lavazza, vicepresidente di ‘Lavazza spa’ – è l’educazione del produttore e del trasformatore. Un giornalista attento può fare la differenza ma non deve perdere traccia di fattori come i cambiamenti climatici, le innovazioni, la chimica, i processi economici. Tutto ciò può cambiare la fisionomia internazionale della produzione e dare evidenza a questi procedimenti è importantissimo.
Negli Stati Uniti – ha continuato Lavazza – si parla moltissimo di ‘business’ anche in relazione al settore alimentare. Come farebbe altrimenti un produttore, tra i 25 milioni di piccoli imprenditori nel mondo, a trovare sbocco? Non è come fare automobili, fare alimentazione è diverso, dietro ogni prodotto c’è un racconto, c’è una storia, è eccitante ed entusiasmante. E il produttore non può non essere un uomo di business.
L’informazione dovrebbe sostenere e raccontare tutto questo in maniera libera e trasparente. L’Italia è un Paese straordinario e continuo a chiedermi come possiamo non essere i primi al mondo: forse per i troppi vincoli o a causa della burocrazia. Ma dobbiamo credere nelle nostre potenzialità, ci stiamo giocando una buona parte del nostro futuro”.
Il Festival ha quindi effettuato un primo test per formare una grande “food community”, alternando momenti di lavoro ad eventi come show cooking e degustazioni.
“Milano ha intenzione di tenere fede agli accordi presi durante Expo – ha spiegato Maurizio Baruffi, capo di gabinetto del capoluogo lombardo – indipendentemente da chi sarà il nuovo sindaco. Fino a questo momento la nostra ‘Carta’ è stata firmata da oltre 120 città, ovvero dai sindaci di grandi aree urbane del pianeta”.
Tra i punti del documento ci sono la governance, le diete sostenibili, l’educazione alimentare, la giustizia sociale ed economica, l’accesso al cibo, la distribuzione, lo spreco alimentare. Ad ottobre i vertici dell’amministrazione di Milano, in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, saranno ospiti a Roma della Fao. Inoltre, l’Anci sta ragionando su come sostenere l’iniziativa.
“Se vogliamo costruire un futuro – ha detto Maria Caramelli dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta – dobbiamo fare ricerca ed orientarla sui bisogni della collettività. Più sicurezza alimentare equivale a più sicurezza sociale”.
Sotto la lente d’ingrandimento anche i trend di mercato del settore in Europa e i reati alimentari.
“Credo che le aziende debbano mettersi in gioco – ha poi affermato Marco Pedroni, presidente nazionale ‘Coop’ – per confrontarsi su trasparenza ed informazione. I temi fondamentali sono quelli della produzione in maniera efficienza e dell’illegalità. Troppe volte l’impresa ‘cattiva’ scaccia la ‘buona’ ed è un fenomeno drammatico in numerose filiere come quelle delle arance e dei pomodori”.
Il Festival ha rappresentato anche l’occasione per confrontarsi sul linguaggio “disinvolto” di chi scrive di cibo e sui diversi “giornalismi” nell’era della critica enogastronomica.
“Dal nostro osservatorio è facile guardare al percorso che va dalla scelta delle materie prime alla tracciabilità – ha spiegato Antonella Pasquariello, presidente della Camst, azienda leader nel mercato della ristorazione collettiva e commerciale – ma dall’esterno ci siamo resi conto che non tutto è così trasparente. La percezione del pubblico è appannata e ci siamo interrogati sul perché non c’è rispondenza. Gli attori coinvolti nel processo sono molti e tutti dovrebbero contribuire a correggere questa distorsione”.
Cibo, quindi, anche in senso scientifico e sanitario: dall’esigenza di raccontare i progressi della ricerca a quella di sfatare le “bufale” e gli inutili “allarmismi”, fino alla necessità di promuovere un consumo consapevole, soprattutto nel caso del vino, uno dei prodotti che più rappresentano le radici e la cultura del territorio, e che ha fatto un po’ da fil rouge nello specifico per l’evento torinese.
“L’alimentare è un settore delicatissimo – ha detto Antonio Saitta, coordinatore assessori alla Sanità Conferenza Stato-Regioni – che ha molto a che fare con le paure e le angosce dei cittadini. Quante volte sono state lanciate delle ‘bufale’? Quante delle notizie senza supporti scientifici? Iniziative come questa devono servire a confrontarsi e approfondire le questioni dicendo ‘no’ alle improvvisazioni ed impegnandosi a specializzarsi sempre di più”.

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Francesco Ferrigno
Giornalista, esperto di comunicazione, copywriter. Laureato in Scienze della Comunicazione e successivamente specializzato in digital journalism e content marketing. Collabora con diversi quotidiani, portali web e agenzie di comunicazione, tra cui Media 2000, Antimafia 2000, iGv Network, Il Mattino.