Nostalgia di futuro 2021 Newsmedia4Good II Parte
Nel corso di una discussione ricca e articolata si sono avvicendati sul tavolo dei relatori professionisti dell’informazione e ricercatori che, fedeli allo spirito del premio “Nostalgia di Futuro” che quest’anno è stato dedicato a “NewsMedia4Good”, hanno saputo percorrere la linea sottile tra analisi teorica e prassi dell’informazione. La prima parte dell’evento è riportata nell’articolo Nostalgia di Futuro lancia NewsMedia4Good.
Carlo Branzaglia professore allo IED di Milano ha sottolineato: “bisogna entrare nell’ottica che la definizione canonica di ‘beni comuni’ non basta più. Non si tratta più solo di spazi urbani, di luoghi di interazione fisica, ma di realtà parallele che si intrecciano e, in alcuni casi, si sovrappongono”. Per questo bisogna iniziare a trattare la Rete come un luogo, un universo in cui muoversi con la consapevolezza che ci sono dei limiti oltre i quali non siamo disposti a cedere sovranità. Non a caso nei primi tempi di Internet si parlava spesso di “commons”, di valori comuni e condivisibili. “Oggi” ha continuato il professore, “bisogna iniziare ad assegnare il giusto peso alle connessioni tra gli individui, ai legami che si creano attraverso la rete, al fine di assegnare un valore anche umano all’ ‘economia delle relazioni’ che on-line ha tanto valore economico”.
Del resto, anche se assomiglia a una specie di spirale, è inevitabile: non si può non fare i conti con la diffusione capillare e profonda dei social network nelle nostre vite. E non si può derubricare il discorso a una semplice tendenza figlia dei tempi. Costanza Sciubba Caniglia, ricercatrice italiana presso l’università di Harvard, ha ricordato come il “disturbo dell’informazione” e la sua manipolazione siano sempre più una realtà tangibile con la quale fare i conti. “La disinformazione non è di sicuro un problema nato con Internet, ma le piattaforme social hanno dato spazio a una quantità di informazioni enormi e difficilmente controllabili che ci pongono di fronte a una scala completamente diversa”. Il famoso ruolo di “guardiano della democrazia” storicamente svolto dalla stampa, oggi è in crisi perché la democratizzazione dei processi comunicativi (che di per sé non può essere considerata un male) ha comportato una sempre minore accuratezza e professionalità.
Proprio come ha ricordato anche il giornalista Luigi Rancilio de L’Avvenire: “Non bisogna solo pensare a come rilanciare i giornali e i gruppi editoriali, bisogna ridare ai giornalisti la possibilità di svolgere il proprio lavoro in armonia e con professionalità”. L’abbassamento delle paghe, la scarsità delle verifiche, la diminuzione dei lettori e, conseguentemente, dell’autorevolezza dei giornali sono sfaccettature di un problema molto più ampio che mina alle fondamenta la professione. Perché, si chiede Rancilio, continuare ad osteggiare le innovazioni tecnologiche come l’IA o i software che a breve potranno svolgere mansioni storicamente espletate dai giornalisti, e non considerare invece questi supporti come dei mezzi per concentrarsi sul lavoro “vero”, sull’inchiesta, sulle interviste, sulla verifica sul campo?
Sulla stessa linea l’intervento di Paolo Liguori, direttore del “Tgcom24” di Mediaset e storico volto dell’informazione italiana: “non ho paura della tecnologia e non credo che bisognerebbe osteggiarla in nome del male che potrebbe fare all’uomo, di contro ho molto più paura dell’uomo e della sua brama”. Liguori ha insistito molto sulla necessità dell’aggiornamento professionale costante per i giornalisti, sull’importanza dell’acquisizione delle nuove competenze e della padronanza dei nuovi mezzi che “se da una parte sembrano depauperare il lavoro del cronista, in realtà ne semplificano molto la vita”. C’è bisogno di un cambiamento strutturale nelle redazioni: il giornalista di oggi, se vuole continuare a influire sulla società ed espletare quella funzione di controllo tante volte ricordata (e auspicata) anche in questa kermesse, non può più permettersi di restare indietro. “Al contrario” ha concluso il direttore, “deve essere colui che smaschera la natura neutrale del mezzo e lo usa per uno scopo positivo”.
Tuttavia, è importante non sottovalutare, come ha ricordato la direttrice di Media Duemila e organizzatrice dell’evento Maria Pia Rossignaud, che “come disse una volta il prof. Derrick De Kerckhove, i ricchi del futuro potrebbero essere coloro che potranno permettersi un hacker personale; in altri termini, esistono, al di là della nostra capacità di controllo, dei rischi in rete e abbiamo sempre più bisogno di figure professionali e istituzioni che ci aiutino a individuarli e affrontarli”. È il caso di Pierguido Iezzi della società Swascan, che si occupa proprio di trovare e sventare le minacce per la sicurezza on-line. “È ormai un fatto” ha ricordato Iezzi “che lo sviluppo tecnologico non si può fermare, per fortuna aggiungerei, perché significa che l’uomo continua a progredire nelle sue conoscenze e competenze e a creare strumenti sempre più sofisticati”. Ma, proprio per questa crescente sofisticazione degli strumenti, si crea un meccanismo che presenta la faccia buona della medaglia e il suo risvolto. Spiega Iezzi: “non si può affermare che l’Intelligenza Artificiale sia un male per l’uomo, anzi, sicuramente ci aiuterà oltremodo a risolvere problemi semplici e complessi nel prossimo futuro, d’altronde la stessa tecnologia nelle mani sbagliate si trasforma in un rischio serissimo per i nostri dati, per le nostre informazioni, per la capacità di discernere (e quindi di decidere o, magari, di votare) e, non ultimo, per la nostra sicurezza fisica”.
Due facce della stessa medaglia che però non possono condurre a un rifiuto. Non si può nascondere la testa sotto la sabbia e biasimare il progresso una volta sorpassati dagli eventi. Bisogna, come si è provato a fare durante questa XIII edizione di Nostalgia di Futuro, comprendere per prendere posizione chiaramente sul tipo di futuro tecnologico che vogliamo creare.