Il giornalismo è un’attività di forte valenza civile e sociale e come tale non può non rispondere a una serie di norme che ne definiscono gli ambiti e le responsabilità. Ma è anche un “mestiere” che va appreso con grande umiltà, cominciando dalle regole di base, consolidate a tutte le latitudini: le fonti, i valori-notizia, la struttura del testo, le tecniche dell’intervista e del reportage, ma anche – per non essere approssimativi e imprecisi – un minimo di basi di matematica, una grande carenza di base della maggior parte dei giornalisti italiani. Se ne parlerà martedì 10 giugno alle 16.30 a Roma, nella sede della FNSI (Corso Vittorio Emanuele II, 349) nel corso di un dibattito che sarà incentrato sul tema: “Si può insegnare giornalismo? Giornalisti si nasce o si diventa?”. Parteciperanno – oltre ad Andrea Melodia (UCSI) – docenti di giornalismo di università romane: Roberto Baldassarri (Roma Tre), Antonio Bettarini (La Sapienza), Emilio Carelli (Pontificia Università Salesiana), Giovanni Miele (Tor Vergata), Cesare Protettì (Lumsa). Per l’Ordine Nazionale dei giornalisti interverrà Chiara Longo Bifano che fa parte del Comitato tecnico-scientifico di indirizzo e controllo sulle scuole di Giornalismo accreditate presso l’Ordine.
Il dibattito avrà come spunto il nuovissimo “Corso base di giornalismo“, un manuale che Paola Springhetti ha scritto con Pietro Saccò sulla base della comune esperienza di insegnamento alla Pontificia Università Salesiana che insieme all’UCSI ha organizzato l’evento. Il libro (LAS editrice, Roma, 248 pagine, 18 euro) dà una prima risposta alla domanda centrale dell’incontro: giornalisti non si nasce né si diventa solo smanettando tecnologie. Soltanto un sano lavoro di base può mettere le premesse per futuri professionisti. Da qui il valore degli stage, sotto la guida dei più formati, da un lato; ma anche l’utilità e la necessità di una buona scuola di giornalismo teorica e pratica. Il dibattito del 10 giugno servirà a mettere ancora più a fuoco questi spunti.
Luca Protettì